Carlos Lavado

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Carlos Lavado (2013)

Carlos Alberto Lavado Jones (1956 – vivente), pilota motociclistico venezuelano.

Citazioni di Carlos Lavado[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

Intervista a Carlos Lavado

circuitospedaletti.org, 8 agosto 2016.

  • Ero pilota ufficiale, ma solo nell'86-88 ho avuto una Yamaha ufficiale. Prima mi davano la moto che, in realtà, poteva comprare anche un privato, con il kit. Posso dire che, in 15 anni di corse nel motomondiale, ho avuto solo una moto preparata direttamente dalla casa, per vincere il mondiale: la TZ 250 del 1986. Gli altri anni Honda e Kawasaki erano più veloci. Per vincere dovevo rischiare molto, difatti mi sono spesso ritrovato a terra... Ci volevano anche fortuna ed i meccanici giusti; quelli, per intenderci, che sapevano fare i buchi nei cilindri. Ad inizio carriera i cilindri me li sono lavorati anche da solo, poi lo hanno fatto i meccanici, ma io vivevo praticamente in simbiosi con loro. Guardavo cosa facevano e davo una mano, ad es. bilanciavo le gomme, così, poi, se non andavano, la colpa era mia... [...] Certo che non era facile guidare quelle moto, anche perché non frenavano bene, la ciclistica non aiutava e non esisteva l'elettronica. Oggi senza una moto ufficiale non vinci: le quattro tempi non si possono toccare: si fa il setup prima di uscire e se vuoi vincere (senza moto ufficiale) puoi solo sperare che piova e cadano i più veloci. Questo non vuol dire che guidare una moto di oggi sia più semplice: andar forte è sempre difficile, anche con i freni, le gomme e l'elettronica. Le moto di oggi hanno di più e camminano anche di più. Noi le pieghe al 60% potevamo solo sognarcele, anzi le facevamo quando eravamo ormai a terra; al massimo raggiungevo il 45%, affidandomi alla fortuna...
  • Spesso mi chiedevano come facevo a sorridere quando cadevo. Sono latino e so che non cambia niente se ti arrabbi. Nessuno, poi, ha visto le zuccate che tiravo nel muro, in albergo, quando ero primo e cadevo... Lo ripeto, se non rischiavi non vincevi e, per riuscirci, occorreva ti assistesse anche la fortuna.
  • La paura... Non è una variabile ammessa se vuoi correre. Se hai paura non fai il pilota. Certo, alcune cadute mi sono rimaste impresse, ma il primo pensiero, subito dopo, era quello di rialzarsi, correre a piedi al box e ripartire con la seconda moto. Quando cadi devi risalire in sella prima possibile, per continuare a correre e dimenticare i lividi con la passione. Quando fai questo mestiere – e percorri una curva ad oltre 200 km/h – non pensi che, se cadi, ti ammazzi. Se lo pensi è meglio che smetti.

Carlos Lavado, il ciclone di Caracas che volava sulla moto

Intervista di Massimo Calandri, repubblica.it, 21 dicembre 2017.

  • Studiavo da ingegnere, poi un altro venezuelano – Johnny Cecotto – è diventato campione, e ho deciso di fare come lui: mi sono presentato con la moto con cui andavo all'università al primo gp di "fuerza libre", una specie di Superbike. E ho vinto.
  • Mi piaceva correre e dopo fare festa. Grigliate, brindisi, ragazze. Non c'erano molti soldi – dopo l'arrivo ti dovevi mettere in fila, e ricevevi una busta con un po' di franchi svizzeri: se non finivi sul podio, ti davano l'equivalente di 50 euro –, ma la fine degli anni Settanta e gli Ottanta sono stati un vero paradiso.
  • Datemi una moto, anche se non è la migliore mi basta che non si rompa: e faccio primo, garantito. Oppure cado. Perché non mollavo mai il gas, neppure con 10" di vantaggio.
  • Forse potevo vincere di più, ma me la sono goduta. Ai miei tempi l'importante era divertirsi. Le gare erano battaglie, però dopo che serate.

Citazioni su Carlos Lavado[modifica]

  • [«Qual è stato l'avversario più forte nella quarto di litro?»] Quando arrivai in 250, Lavado era il campione in carica ed era colui che aveva più talento in assoluto. Quando lo trovavo in prova pensavo: "Adesso vado a prenderlo" e magari passavano due giri e non riuscivo a guadagnare un metro. Invece con tutti gli altri, quando li volevo andare a prendere ce la facevo. Per me Lavado era davvero qualcosa di straordinario per la sua velocità. (Luca Cadalora)

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