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Ian Rankin

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Ian Rankin nel 2007

Ian Rankin, conosciuto anche con lo pseudonimo di Jack Harvey (1960 – vivente), scrittore scozzese.

Incipit di alcune opere

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Anime morte

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Vista così, dall'alto, la città addormentata sembra una costruzione infantile, un modellino che ha rifiutato di adattarsi alle regole, fossero pure quelle della fantasia. La collina d'origine vulcanica potrebbe essere un grumo di plastilina nera, il castello che si erge saldamente su di essa un distorto agglomerato di mattoncini dentellati. I lampioni stradali coi loro globi arancioni sono carte di caramelle stropicciate in cima a bastoncini di lecca-lecca.
Nelle acque del Firth of Forth, pallide lampadine di torce tascabili illuminano barche giocattolo, appoggiate su un foglio di carta crespata nera. In questo mondo, le guglie frastagliate dell'Old Town potrebbero essere fiammiferi piegati ad angolo, i giardini di Princess Street un ritaglio di moquette spugnosa, gli edifici tante scatole di cartone, con porte e finestre accuratamente disegnate da pennarelli di vari colori e con cannucce a simulare gronde e tubature. Disponendo di una lama affilata (magari di un bisturi), quelle porte potrebbero anche essere aperte. Ma sbirciarvi dentro... Se si guardasse all'interno, quell'impressione verrebbe distrutta.
Un'unica occhiata cambierebbe ogni cosa.

Casi sepolti

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«E allora perché si trova qui?»
«Dipende da cosa intende», rispose Rebus.
«Intende?» Dietro gli occhiali, la donna inarcò le sopracciglia.
«Da cosa intende per 'qui'», spiegò lui. «Qui in questa stanza? In questo lavoro? Su questo pianeta?»
Lei sorrise. Si chiamava Andrea Thomson. Non era un dottore, quello l'aveva messo in chiaro al loro primo incontro. E non era nemmeno una «strizzacervelli» o una «terapeuta». Sul programma giornaliero di Rebus c'era scritto: «Counselling professionale».
14.30-15.15: Counselling professionale, Stanza 3.16
Con la signora Thomson. Che fin dalle presentazioni era diventata Andrea. Le presentazioni: cioè il giorno prima, martedì. Un «incontro per rompere il ghiaccio», come l'aveva definito lei.
Tra i trentacinque e i quaranta, minuta ma coi fianchi larghi, un'incolta massa di capelli biondi venata da alcune mèche più scure. Denti forse un po' troppo grandi. Una libera professionista, che non lavorava a tempo pieno per la polizia.

Morte grezza

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«RIPETIMI perché le hai uccise.»
«Gliel'ho detto, è questo bisogno
Rebus controllò gli appunti. «Prima hai usato la parola 'compulsione'.»
La figura accasciata sulla sedia annuì. Emanava un odore sgradevole. «Bisogno, compulsione... stessa cosa.»
«Ah, davvero?» Rebus spense la sigaretta nel portacenere di latta stracolmo e un paio di mozziconi traboccarono sul piano metallico del tavolo. «Parlami della prima vittima.»
Il tizio di fronte a lui bofonchiò qualcosa. Si chiamava William Crawford Shand, più noto come «Craw». Quarant'anni, single, disoccupato da sei, viveva solo in un isolato di case popolari di Craigmillar. Si passò le dita nervose tra i capelli unti e scuri, localizzando e coprendo meccanicamente una grande chiazza pelata sul cocuzzolo della testa. «Forza», insistette Rebus. «La prima. Raccontaci.»

Una questione di sangue

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«Zero misteri», disse il sergente Siobhan Clarke. «Herdman ha avuto un raptus, tutto qui.»
Sedeva accanto a un letto del Royal Infirmary, ospedale di Edimburgo da poco riaperto nella zona sud della città, nel quartiere di Little France. Il complesso era costato molto e sorgeva in mezzo a un'area verde, ma già fioccavano le prime lamentele dovute alla carenza di spazio interno e di parcheggi esterni. Alla fine Siobhan aveva trovato un posto per la macchina ma, guarda caso, era un privilegio a pagamento.
Era la prima cosa che aveva commentato una volta giunta al capezzale di John Rebus, ricoverato con le mani bendate fino ai polsi. Gli aveva versato dell'acqua tiepida in un bicchierino di plastica, che lui si era goffamente portato alle labbra con le mani a coppa, bevendo con attenzione mentre lei lo fissava.

Bibliografia

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Altri progetti

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