Celiachia
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Citazioni sulla celiachia.
- Grave è il dolore del ventricolo, e spesso puntorio: la persona si rende gracile ed emaciata, è pallida e pigra, e nelle consuete faccende svogliatissima. (Areteo di Cappadocia)
- Il ventricolo destinato all'officio del digerire, ammorbando, altera cotesto officio medesimo; e ne segue un profluvio dell'alvo d'inconcotte e liquide materie detto dai Greci Diarrea. Sennonché cotesto profluvio, secondo che la causa prossima è recente o permanente può affacciarsi o nell'un giorno, o nell'altro. Oltreché si impossessa di tutto l'organismo la debolezza, non essendo il corpo nutrito, e ne segue la malattia cronica detta flusso Celiaco, che latinamente potrebbe dirsi morbo ventricolare, per la imbecillità del calore digestivo, e la frigità del ventricolo. E nel vero liquefatto l'alimento dal calore, ma non concotto né convertilo in succo nutritivo, ristagna indigesto e imperfetto, e non avendo attinto quel grado di perfezione necessaria rimane crudo e si trasforma in modo nocevole sì nel colore, che nell'odore, e nella consistenza. Fetidi e fangosi sono gli escrementi, liquidi e disciolti per l'indebolita azione configurativa, e traenti con se fuori la virtù e il principio assimilatore. (Areteo di Cappadocia)
- La malattia è lunghissima, e di arduo trattamento. E se talora sembra dileguarsi senza manifesta cagione, si vede poi ritornare per il più leggero errore commesso. Il rimettere di cotesto malore avviene per periodi. E familiare ai vecchi, e più alle donne che agli uomini. Ai fanciulli è consueto e vero il flusso di ventre, ma non per debolezza del ventricolo, invece per la quotidiana intemperanza nel nutrimento. Fra le stagioni dell'anno la state più spesso reca questa malsania, poi l'autunno, quindi il freddissimo inverno, se subito dopo sia seguito da caldo. (Areteo di Cappadocia)
- Se la malattia va innanzi e s'aggrava, tira di contro sul ventricolo da tutto il corpo le materie; inversiona quasi della virtù distributiva. Allora avviene la colliquazione dell'organismo, le fauci inaridiscono, squallida è la cute, nulla la traspirazione. Il ventricolo ora si sente come bruciato da carboni ardenti, ora agghiacciato come dal contatto della neve. (Areteo di Cappadocia)