Celiachia
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Citazioni sulla celiachia.
Citazioni
[modifica]- La celiachia fu battezzata con questo nome nel primo secolo d.C, quando Areteo di Cappadocia ne diede la prima descrizione scientifica chiamando la koiliaklos, dalla parola greca koelia che significa addome. Il padre moderno della celiachia, però, è considerato Samuel Gee, un medico britannico che nel 1887 descrisse la malattia come «una sorta di indigestione cronica che si ritrova in persone di tutte le età, e che tuttavia è particolarmente incline a colpire i bambini fra uno e cinque anni». (Alessio Fasano)
- Questo progresso [la scoperta dell'agricoltura], tuttavia, ha avuto un caro prezzo: la comparsa di una malattia oggi nota come morbo celiaco, o celiachia, scatenata dall'ingestione di una proteina del grano detta glutine (composta da gliadina e glutenina) o di proteine simili contenute in segale e orzo. Fino ad allora, glutine e affini non avevano mai fatto parte della dieta umana. Ma quando i cereali cominciarono ad alimentare la crescita di comunità stabili le proteine iniziarono a uccidere le persone, spesso bambini, il cui organismo reagiva in maniera anormale alla loro presenza. L'assunzione ripetuta di quelle proteine rese gli individui sensibili incapaci di assorbire in modo corretto le sostanze nutrienti dal cibo. Le vittime finirono per soffrire anche di dolori addominali ricorrenti e diarrea, presentando il corpo emaciato e il ventre rigonfio di chi soffre la fame. L'alimentazione compromessa e una gamma di altre complicanze rese la vita di costoro relativamente breve e infelice. (Alessio Fasano)
- Grave è il dolore del ventricolo, e spesso puntorio: la persona si rende gracile ed emaciata, è pallida e pigra, e nelle consuete faccende svogliatissima.
- Il ventricolo destinato all'officio del digerire, ammorbando, altera cotesto officio medesimo; e ne segue un profluvio dell'alvo d'inconcotte e liquide materie detto dai Greci Diarrea. Sennonché cotesto profluvio, secondo che la causa prossima è recente o permanente può affacciarsi o nell'un giorno, o nell'altro. Oltreché si impossessa di tutto l'organismo la debolezza, non essendo il corpo nutrito, e ne segue la malattia cronica detta flusso Celiaco, che latinamente potrebbe dirsi morbo ventricolare, per la imbecillità del calore digestivo, e la frigità del ventricolo. E nel vero liquefatto l'alimento dal calore, ma non concotto né convertilo in succo nutritivo, ristagna indigesto e imperfetto, e non avendo attinto quel grado di perfezione necessaria rimane crudo e si trasforma in modo nocevole sì nel colore, che nell'odore, e nella consistenza. Fetidi e fangosi sono gli escrementi, liquidi e disciolti per l'indebolita azione configurativa, e traenti con se fuori la virtù e il principio assimilatore.
- La malattia è lunghissima, e di arduo trattamento. E se talora sembra dileguarsi senza manifesta cagione, si vede poi ritornare per il più leggero errore commesso. Il rimettere di cotesto malore avviene per periodi. E familiare ai vecchi, e più alle donne che agli uomini. Ai fanciulli è consueto e vero il flusso di ventre, ma non per debolezza del ventricolo, invece per la quotidiana intemperanza nel nutrimento. Fra le stagioni dell'anno la state più spesso reca questa malsania, poi l'autunno, quindi il freddissimo inverno, se subito dopo sia seguito da caldo.
- Se la malattia va innanzi e s'aggrava, tira di contro sul ventricolo da tutto il corpo le materie; inversiona quasi della virtù distributiva. Allora avviene la colliquazione dell'organismo, le fauci inaridiscono, squallida è la cute, nulla la traspirazione. Il ventricolo ora si sente come bruciato da carboni ardenti, ora agghiacciato come dal contatto della neve.