Cesare Caravaglios

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Cesare Caravaglios (1893 — 1937), musicista e studioso di folclore musicale italiano.

Voci e gridi di venditori in Napoli[modifica]

Incipit[modifica]

Sono pochi quelli che si sono portati, verso il tramonto, sulla balconata del belvedere della Certosa di S. Martino per udire la più suggestiva delle sinfonie, la vera voce di Napoli, quella che nasce nel cuore della città dalla folla che s'intreccia in mille sensi, da strilli di bimbi, da voci di venditori ambulanti, da trilli di organino, da bestemmie di facchini, da rotolii di trams, da suoni di chitarra, dalle voci affievolite di cantatori che si lamentano nelle malinconiche canzonette, e scende sulla spiaggia di S. Lucia, di Mergellina, ove il grido delle donne che vendono l'acqua zurfegna, lo spassatiempo, i polipi cotti nell'acqua marina si confonde e si unifica col canto degli uomini che lavorano le reti per la pesca.... e si perde nella profondità suggestiva del mare, nelle morbidi notti di estate.
Nessuna città al mondo ha una così grande varietà di modulazioni: esse sono eterne, come eterno è il sorriso di questa Napoli incomparabile.

Citazioni[modifica]

  • Il dialetto napoletano è gaio e faceto. È ricco di frasi spiritose che si prestano talvolta ad arguti doppi sensi. La sua armonia imitativa è incomparabile; così in nessun dialetto del mondo si dirà schizzichèa, per esprimere la prima pioggia; spaparanza per esprimere l'aprirsi di una porta; sciuliare per indicare chi scivola; sfrocoliare per stuzzicare; arripicchiato per aggrinzito; ha chiuoppete, per ha piovuto; arteteca per argento vivo; ammarrare per chiudere, ecc.
    Permette quasi sempre una satira pungente e penetrante mentre agevola in maniera meravigliosa le immagini fresche e naturali che sgorgano dalla fantasia dei napoletani.
    I napoletani, dotati di una gaiezza e di un sentimentalismo introvabili altrove, sono i degni possessori di un linguaggio così faceto e così diffuso. Noi diremmo quasi che l'uno e gli altri si armonizzano e si completano. Il dialetto ed il carattere di questo immaginoso popolo meridionale contribuiscono a rendere più belli i suoi gridi che debbono essere considerati come la migliore espressione della sua natura. (p. 17)
  • C'è qualche cosa di comune tra il grido ed il suo creatore; c'è qualche cosa che non si può scindere, e noi non sapremmo immaginare il grido del pizzaiuolo dato da un venditore di cocomeri, o il grido del venditore di acqua solfurea dato da un venditore di fichi d'India. In questa unità inscindibile appare, quindi, nella sua figura caratteristica il venditore ambulante napoletano il cui tipo etnico ed il cui carattere psicologico lo rendono dissimile dai venditori degli altri paesi. (p. 104)
  • Il grido del venditore napoletano rinasce ad ogni primavera a Napoli e nella sua espressione suggestiva parla della bellezza di questo cielo incantevole e di questo popolo originale. (p. 104)
  • Per quanto la moderna civiltà abbia travolto tante cose, non compatibili coi nuovi tempi, tuttavia ha lasciato intatte le più belle costumanze napoletane, così varie e così caratteristiche.
    Napoli s'eleva sempre più nella vita morale, ma non è mutata nelle sue caratteristiche, nei suoi tipi, nelle sue vecchie e secolari istituzioni, nell'incanto dei suoi colori al sole di primavera.
    Basta guardare con occhio esperto per ritrovare non soltanto la Napoli di eri ma anche quella di molti secoli fa, sempre viva, leggiadra e festevole nel suo spirito. (pp. 167-168)
  • Da Napoli, fortunatamente, è scomparso quello che era dato dal malgoverno e dall'abbandono, mentre restano vivi i suoi costumi e le sue tradizioni, il che vuol dire la sua anima bella e vivace.
    Che importa se non si incontrerà più il lazzarone coi calzoni rimboccati sino alle ginocchia, lo scugnizzo mangiatore di maccheroni, il guappo coi calzoni a quadriglié?
    La bellezza, la varietà, la poesia, i colori del folklore napoletano non sono rappresentati da codesti avanzi borbonici o dai quadretti in cui sono raffigurati i mangiatori di maccheroni con le mani, divenuti mondiali per la leggerezza di taluni napoletani, né dai tarlati ricordi della vita dei vecchi quartieri sepolti sotto la Napoli nuova e trionfante.
    Chi osserva il popolo napoletano nell'ora del lavoro e della gioia, nelle feste cerimoniali; chi s'addentra nella sua vita, tanto più bella quanto più intima, nella casa e nella famiglia, dalla culla al talamo, dalla tomba all'altare, potrà cogliere i tratti significativi dell'anima popolare napoletana, dei suoi costumi e delle sue consuetudini che costituiscono il suo sacro retaggio morale, in una parola, il vero folklore [...] (p. 168)

Bibliografia[modifica]

  • Cesare Caravaglios, Voci e gridi di venditori in Napoli, con 33 illustrazioni e 15 trascrizioni musicali, introduzione di Raffaele Corso, Catania, Libreria Tirelli di F. Guaitolini, Catania, 1931 · IX.

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