Cesare Guasti
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Cesare Guasti (1822 – 1889), scrittore e filologo italiano.
Biografie
[modifica]- Chi è amico del vero, bisogna confessi che la storia rispetto alla Chiesa non s'è portata con imparzialità: i nemici del cattolicismo ne fecero di tutte: e qui parlo specialmente della Francia. Gli Enciclopedisti affermarono, che la scienza non andava daccordo con la Bibbia: Voltaire, col suo arguto ingegno svisò il culto cattolico, co' sarcasmi l'assali: i tempi in cui la Chiesa mantenne fra' supplizi la fede, fra le irruzioni de' barbari il sapere e la civiltà, non erano curati più; disprezzato il medio evo; disprezzato, dico, anche da uomini cristiani in buona fede. Il nuovo secolo aveva pur fatto qualcosa. Uomini di profonda dottrina trovarono un perfetto accordo fra la parola ispirata e i responsi della scienza umana: il Genio del Cristianesimo[1] si contrappose allo spirito volterriano: la nuova scuola Romantica risvegliò le memorie dell'età di mezzo, e gli echi non rispondevano più incessantemente Barbarie! (p. 154)
- Le simpatie del Nostro [Federico Ozanam] erano per la scuola romantica; ma il suo retto senso, e soprattutto il sentimento religioso, lo portavano a distinguere. Più che avanzando negli studi storici s'accostava all'evo medio; e percorreva i secoli della barbarie non già con gli occhi serrati per ribrezzo, ma con l'ardore di chi scava necropoli e con l'acume del critico; sentiva il bisogno di ricongiungere la civiltà antica alla moderna, e di mostrare che vi furono soste, impedimenti, e non altro. Ma se condannava il Ronsard e la pleiade che trecent'anni prima avean fatto guerra al medio evo in nome de' Greci e de Romani, non se la pigliava meno con la nuova pleiade di Vittor Hugo. (p. 159)
- Federigo Ozanam rammentava volentieri a' Francesi come sia tradizione che l'Alighieri sedesse discepolo di Sigieri a Parigi [...]; ma per divinare la Divina Commedia non si contentò d'una visita al vicolo degli strami: cercò anzi l'Italia a palmo a palmo; e i monumenti, e la lingua parlata, e l'aspetto de' luoghi rammentati da Dante, ogni cosa l'aiutò a intendere la parola e il concetto; ch'egli si rifece nella fantasia quello che da secent'anni non era più, e le ombre vennero a parlare a lui come un giorno al Poeta. Né altro modo egli tenne ogni qualvolta prese a studiare la letteratura d'un popolo: vedere i luoghi, era per lui necessario quanto consultare i volumi; a beverne un po' l'aria, gli pareva di respirare la vita delle generazioni che furono. «Ricevendo l'impressione de' luoghi (egli diceva) si dà colore e vita alla storia». (p. 162)
Filippo Neri
[modifica]- [Filippo Neri] Scelse il Baronio perché in lui vide che non solo l'ingegno e la coltura avrebbero corrisposto, ma l'animo alto insieme ed umile, libero da passioni, e ardente d'amore per la sola verità: lo scelse, e lo venne formando. Difatti il Baronio, che doveva poi andare tanto vicino al papato, cominciò sotto la disciplina del Neri a disprezzare le dignità, a lasciare la penna per correre negli spedali, a fare sino da cuoco nella nascente Congregazione di San Giovanni dei Fiorentini: Roma lo vide non solo portar la croce davanti alle bare come un chierico, ma coi fiaschi in braccio comprare il vino alle bettole. A questo uomo un giorno propose il Neri di scrivere gli Annali della Chiesa universale: ma l'umilissimo discepolo se ne scusò. Opponevagli la difficoltà del lavoro, la pochezza del proprio ingegno, gli studi insufficienti, le tante altre occupazioni del ministero, e la naturale ritrosia di porsi a un'opera tanto lunga e malagevole: e mettevagli dinanzi Onofrio Panvinio, che attendendo già alla Storia ecclesiastica, avrebbe meglio corrisposto ai suoi disegni. Ma il Neri non sapeva dir altro che queste parole: "La Storia ecclesiastica, Cesare, la devi scrivere tu". E la scrisse. (p. 25)
- [...] non perdonava Cesare Baronio, in mezzo a difficoltà di cui oggi non possiamo farci un'idea, a fatica nessuna per raggiungere il vero dei fatti; e pur avvisandosi d'esser caduto in qualche errore, piacevasi di ripetere con sant'Agostino: "Colui che mi sarà rigido e severo correttore, io l'amerò particolarmente". In che è tutta la disciplina del Neri. Il quale volle che il suo Baronio attendesse anche alla correzione e illustrazione del Martirologio Romano. (p. 26)
- La biblioteca Vallicelliana nacque per volontà del Neri, e sotto i suoi occhi crebbe di libri e di manoscritti: poi arricchita per doni cospicui, fu la prima ad essere aperta all'uso del pubblico in Roma. E dentro alla Vallicella si formò come un'accademia di studi, che presero quell'indirizzo a cui il pensiero nella seconda metà del secolo XVI era portato dalle stesse novità della Riforma protestante. La erudizione delle antichità sacre, la storia della Chiesa cercata nelle fonti, diedero un nuovo fondamento alla stessa teologia; e così la Bibbia come le opere dei primi Padri della Chiesa divennero soggetto di studi critici, cominciando da quello più positivo di tutti, ch'è la raccolta delle varianti e la scelta delle lezioni de' testi: ché la invenzione e la diffusione della stampa faceva sentire più vivo il bisogno e la importanza dei Codici. (pp. 33-34)
Citazioni su Cesare Guasti
[modifica]Citazioni in ordine temporale.
- Quegli che il Carducci chiamò, con un sorriso, uomo e scrittore egregio «quando non si ricordava d'essere segretario della Crusca», sarebbe rimpicciolito se altri lo stimasse principalmente un accademico, sia pure, non che egregio, eccellente. Fu bibliografo e illustratore diligentissimo ed erudito della sua Prato, nella Bibliografia pratese e nei Calendari che rammentammo, catalogò carte di archivio, e resse l'Archivio di Stato in Firenze con senno; narrò in due volumi ricchi non di minuzzaglie sole, quali il Carducci le disse, ma di notizie e, quanto era del tema, di idee, le memorie del suo maestro Giuseppe Silvestri.
- Quel tanto lavoro [del Guasti] ricomparve tutto, in un armonico complesso, proprio là dove al Carducci, in un momento di malumore, parve che il Guasti fosse minore di sé; nei rapporti ed elogi accademici letti nella Colombaria e nella Crusca. Essi, e le prefazioni alle Lettere della Macinghi Strozzi e a quelle di Ser Lapo Mazzei, e altrettali prose, sono di attica venustà; non rettoricamente addobbate, e pure ornate; non fiorentinescamente plebee, e pure vivaci di ogni grazia toscana; non pedantescamente gravi, e pure piene di proficua dottrina nel sapiente ordine del periodare che si conveniva alla dignità delle occasioni.
- Nell'eloquenza non ebbe poesia, né la cercava, né si sforzò di simularla; bensì ebbe la forza tranquilla che, senza ostentarsi, sa rivelarsi, sicura di sé, nel ragionamento piano, nel tenue sorriso pungente, nell'aneddoto pittoresco, nelle sentenze vibrate, nell'affetto commovente. Recò nel suo scrivere la schiettezza popolana, l'accortezza signorile, la dottrina storica; e al bisogno si valse dei sali, e non gli mancò neppure un po' di pepe, per insaporire e per iscottare.
Note
[modifica]- ↑ Génie du Christianisme, ou beautés de la religion chrétienne, Opera apologetica scritta tra il 1795 e il 1799 da François-René de Chateaubriand.
Bibliografia
[modifica]- Cesare Guasti, Biografie, Tipografia successori Vestri, Prato, 1895.
- Cesare Guasti, Filippo Neri, Direzione dell'archivio storico italiano, coi tipi di M. Cellini e C., Firenze, 1884.
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