Christopher Andrew (storico)

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Christopher Andrew nel 2008

Christopher Maurice Andrew (1941 – vivente), storico britannico.

Citazioni di Christopher Andrew[modifica]

  • L'archivio Mitrokhin contiene molte informazioni che il KGB e i suoi successori hanno cercato di nascondere o distruggere. Tuttavia, sicuramente Mitrokhin ha ragione nell'insistere che tali informazioni debbano essere rivelate nel pubblico interesse. Le attività del KGB all'interno del Paese e all'estero sono parte essenziale non solo della storia dell'Unione Sovietica e delle sue relazioni con l'estero, ma anche degli Stati contro i quali l'URSS ha condotto operazioni ostili. Senza l'accesso agli archivi del KGB, quelle attività non si possono comprendere adeguatamente. La versione ufficiale di Mosca, secondo la quale questi archivi dimostrano invariabilmente che l'intelligence estera sovietica «fece il proprio dovere patriottico verso la madrepatria e il popolo con onore e altruismo», è una distorsione dei fatti storici che va rettificata.[1]

L'intelligence nel XXI secolo

Maggio 2001; riportato in Leorugens.wordpress.com, 29 novembre 2017

  • Tutte le analisi, tutte le ricerche effettuate in ambito accademico o all’interno della comunità di intelligence hanno bisogno di discussione, di dibattito. Quando un accademico o un ricercatore lavora in solitudine senza interagire con altri, anche nell’ambito di consessi internazionali, il lavoro ne soffre e si percepisce un certo grado di isolamento. Nessun ricercatore in qualsivoglia campo può rifinire le proprie idee senza discuterne con colleghi impegnati nello stesso settore.
  • Credo che sia molto indicativo e in effetti mi colpisce molto constatare come gran parte della letteratura sui Servizi di Intelligence, così come gran parte dei dibattiti sulle riforme nell’ambito dell’intelligence parta dalla falsa convinzione che gli unici a doversi riformare sono i Servizi.
  • È opinione diffusa che i fallimenti dell’intelligence, in altre parole i fallimenti nel produrre o nell’usare in modo appropriato le informazioni, siano principalmente colpa dei Servizi. Storicamente vi sono state molte occasioni nelle quali essi hanno mancato, tuttavia guardando alla storia del XX secolo è chiaro oggi che molti di questi fallimenti sono stati piuttosto fallimenti della classe politica nell’utilizzazione dell’intelligence piuttosto che dell’attività informativa vera e propria.
  • È imbarazzante constatare come non tutti i membri della Unione Europea mantengano i segreti altrettanto efficacemente. Lo stesso vale peraltro anche per i rapporti tra esseri umani. La fiducia tra persone non si produce istantaneamente, si sviluppa nel tempo, è questo uno dei motivi per cui oggi si parla di confidence building measures. Quindi io vedo certamente il futuro dell’intelligence europea strettamente legato alla cooperazione internazionale, tuttavia ritengo che sarà piuttosto fondato su relazioni bilaterali che non multilaterali e sulla base di una fiducia totale reciproca tra le due parti, che diviene assolutamente essenziale. Nessuno affiderebbe i propri segreti ad un altro individuo in mancanza di una totale fiducia nelle sue capacità di tenerli per sé ed è esattamente quanto avviene e deve avvenire anche con i Servizi di Intelligence.
  • In tempo di guerra o durante crisi internazionali, la sicurezza tende ad essere privilegiata rispetto alla libertà dei cittadini. In tempo di pace, viceversa, la libertà di informazione viene naturalmente considerata prioritaria. Questo problema è stato affrontato in maniera seria soltanto di recente, diciamo negli ultimi venticinque anni, stiamo ancora imparando, anche se abbiamo fatto notevoli passi avanti. Basti pensare che in Gran Bretagna, dove la cultura della segretezza ufficiale era particolarmente sentita, tutti i Governi, ivi compreso quello di Margaret Thatcher, negli anni ’80, non potevano neanche ammettere ufficialmente l’esistenza di un Servizio di Informazioni estero. Soltanto in occasione del Queen’s speech del 1992, il Governo britannico ha ammesso l’esistenza del SIS, meglio noto come MI6.
  • Secondo me non vi è contraddizione tra l’analisi a lungo termine ed il rapporto informativo a breve termine. Le informazioni, che siano o meno classificate, avranno un significato soltanto se saranno inserite in un contesto a lungo termine. Se non si capisce il contesto non si potranno mai interpretare informazioni particolareggiate e dettagliate.
  • La grande contraddizione dell’intelligence sovietica [...] è stata quella di essere particolarmente brillante nell’attività di raccolta informativa in Gran Bretagna ed Italia durante e immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma anche durante la Guerra Fredda; tuttavia, l’abilità del KGB di utilizzare le informazioni raccolte si è rivelata estremamente limitata e questo soprattutto per l’incapacità della leadership sovietica di capire il contesto generale della politica occidentale. [...] Anche dopo Stalin, l’analisi informativa in Unione Sovietica era spesso distorta. Questo perché si diceva alla classe dirigente soltanto ciò che voleva sentire e non quello che poteva offendere. Le prove che possediamo indicano che quando Gorbacev salì al potere nel 1995 si avviò una sorta di new deal, le stazioni del KGB in tutto il mondo ricevettero una direttiva sulla dannosità della distorsione dei fatti. Che significa? Significa che per la prima volta alle stazioni del KGB viene ordinato di dire la verità alla leadership del KGB e dello Stato, di fornire anche le informazioni “che non vogliono sentire”. Direi quindi che l’analisi informativa ha cominciato a funzionare nell’Unione Sovietica soltanto negli ultimi anni di vita dell’Unione. Gorbacev poteva comprendere veramente l’Occidente riuscendo così ad interpretare i resoconti informativi che riceveva.
  • Nel corso del XX secolo, quello che ha rappresentato il vero shock è stato ciò che io definisco il nuovo fenomeno del fanatismo coniugato con il potere: Hitler, Stalin, Mao Zedong, Pol Pot, i despoti fanatici pronti a ricorrere a metodi estremi per raggiungere i loro obiettivi. Nel XXI secolo non vi sono più potenze governate da fanatici disposti ad usare qualunque mezzo disponibile per raggiungere i loro obiettivi. Permangono comunque potenze di media entità, quali la Corea del Nord (anche se recentemente vi sono segnali per un cauto ottimismo) o l’Iraq di Saddam Hussein. Tuttavia, oggi ci troviamo certamente di fronte ad una moltitudine di minacce ed il problema è come identificarle.
  • Una cosa da notare, un elemento comune a quasi tutti i gruppi che hanno minacciato la sicurezza nazionale di recente è che sono tutti "teorici della cospirazione" (conspiracy theorists), così come lo erano molti dei despoti del XX secolo. La mente di Stalin era piena di teorie cospirative, Hitler era ossessionato dalla teoria della cospirazione da parte degli ebrei. Tutti i gruppi che nell'ultimo decennio hanno creato problemi da Aum Shirinkyo a Timothy Mc Veigh, ad alcuni dei fondamentalisti islamici di Bin Laden, hanno una visione del mondo distorta da terribili e illogiche teorie della cospirazione. Internet è uno strumento prezioso per poterli anticipatamente individuare. Quasi tutti i teorici della cospirazione, del resto, pubblicizzano le loro teorie sulla Rete. La maggior parte di costoro, in realtà, non ricorrono all'uso della violenza per raggiungere i propri obiettivi, ma il web è un mezzo preliminare, come ricordavo, particolarmente utile nella ricerca di questi gruppi che negli anni recenti si sono moltiplicati. Molti di essi pubblicizzano sulla Rete non solo le loro teorie cospirative, ma anche l'addestramento paramilitare per i loro membri. In tal caso si percepisce di aver individuato una minaccia seria.
  • Più si conosce oggi e più si percepisce che l’analisi informativa dell’Occidente durante la Guerra Fredda era di gran lunga migliore di quella sovietica e precisamente perché operava all’interno di un sistema democratico. Quanto più i politici occidentali imitavano il modello sovietico, cioè si comportavano in modo autoritario e ritenevano che i rapporti informativi non avevano nulla di importante da aggiungere a quanto già noto, tanto meno riuscivano a trarre vantaggi dall’apporto informativo. In altre parole, quando ci si trova ad aver a che fare con una un sistema autoritario sorge il problema: se il rapporto informativo concorda con il pensiero di una leadership politica autoritaria allora non ha ragion d’essere in quanto “si sapeva già”, se non concorda con la visione della dirigenza allora viene respinto con la giustificazione che non si tratta di valutazioni esatte.
  • Nell’ambito delle corti medioevali in Europa, notoriamente strutture autoritarie, uno dei grandi problemi era dire ai governanti quello che non volevano sentire. In molte corti esisteva quindi la figura del "buffone di corte", "the royal fool". Era lì per intrattenere il governante, ma aveva anche una sorta di licenza per dire le verità scomode che ad altri non era consentito dire. È veramente essenziale che ai Servizi di Intelligence siano, anche nell’ambito dei moderni sistemi democratici, riconosciuti i privilegi, se si può perdonare il paradosso, che spettavano al buffone di corte medioevale, così da poter dire alla classe politica quello che questa non vuole sentire.

Note[modifica]

  1. Dalla Prefazione de L'archivio Mitrokhin, traduzione di Claudia Assirelli et al., Rizzoli, 1999, p. 21, ISBN 88-17-86344-0

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