Edward Shorter

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Edward Shorter (1941 – vivente), storico canadese.

Storia del corpo femminile[modifica]

  • Nelle società tradizionali, la donna sposata non poteva sottrarsi al rapporto sessuale. (p. 15)
  • Né [la donna] né nessun altro aveva una lontata idea di quello che fosse il "periodo sicuro", e che quindi ogni rapporto sessuale poteva comportare una gravidanza. (p. 15)
  • A differenza del XX secolo, nel quale lo scopo del matrimonio è generalmente considerato quello di una gratificazione sentimentale derivante da un rapporto affettivo e dalla reciproca compagnia, gli uomini dei secoli precedenti si sposavano essenzialmente per motivi "dinastici", cioè prendevano moglie perché questa li aiutasse a gestire la fattoria e desse loro figli maschi ai quali trasmettere il patrimonio. (p. 16)
  • I proverbi e i motti di spirito, che costituiscono l'essenza stessa di una cultura, davano per scontato che il marito usasse normalmente la forza per correggere la moglie. (p. 19)
  • Il rapporto sessuale nelle famiglie tradizionali era brutale e di breve durata, e non esistono prove che le donne ne ricavassero molto piacere. (p. 22)
  • [...] l'espressione "doveri coniugali" non è altro, in realtà, che un eufemismo per indicare l'obbligo di sottostare al rapporto sessuale. Tale obbligo esisteva per entrambe le parti. (p. 26)
  • [...] per le donne sposate del passato, il sesso era un dovere da sopportare con rassegnazione e mortificazione per tutta la vita, anziché una fonte di piacere. (p. 27)
  • [...] in molte situazioni storiche risulta che le donne non hanno la prima mestruazione prima dei sedici anni [...]. A partire da qualche momento che si colloca alla fine del XVIII secolo o all'inizio del XIX, l'età della pubertà è caduta drasticamente, e questa caduta si è protratta fino agli anni Sessanta. (p. 34)
  • Prima del 1900 la stragrande maggioranza delle puerpere, in Europa e nel Nord America, veniva assista durante il parto da altre donne – genericamente levatrici, ma qualche volta vicine di casa o "anziane" del paese. [...] i medici erano di norma assenti dalla scena del parto, salvo che nelle famiglie dell'aristocrazia. (p. 51)
  • [Come avveniva il parto nel XV secolo in Europa?] [...] le levatrici delle città tedesche cominciarono ad adottare la sedia da gestante, ispirandosi all'Italia, dove veniva usata dai tempi antichi. [...] Al di fuori delle città, sembra che le madri preferissero le posizioni classiche, e che restassero in piedi o accucciate. (pp. 74-75)
  • Né i medici né le levatrici nei tempi tradizionali sapevano nulla di "infezioni". (p. 79)
  • Le donne dell'alta borghesia generalmente stavano a letto una o due settimane, dopo il parto; le donne del popolo si alzavano di regola dopo un paio di giorni. (p. 85)
  • La maggior parte delle persone, in passato, credevano nella necessità di riposarsi nove giorni a letto. [...] Quando Ramsbotham scrive che le madri consideravano "critico" il nono giorno del puerperio, probabilmente si riferiva all'infezione, o "febbre puerperale". [Dal momento che] il rischio di contrarre una infezione in seguito al parto era frequente e terribile, solo dopo nove giorni circa le puerpere potevano traquillizzarsi. (p. 86)
  • Il travaglio durava più di oggi, circa 5 ore in più. (p. 95)
  • Prima del 1800, tra l'1 e l'1,5 per cento di tutte le nascite si concludeva con la morte della partoriente. [...] l'8 per cento [delle donne in età fertile]. La mortalità per il parto era la seconda causa di morte dopo la tubercolosi. (p. 122)
  • Il rischio di morire di parto diminuisce drasticamente tra il 1870 e il 1900, in seguito all'ondata di progressi in campo medico messa in moto dalla scoperta, avvenuta nel 1867 da parte di Joseph Lister, dell'antisepsi [anti infezione]. (p. 124)
  • Mentre intorno al 1860 il parto in ospedale era circa sei volte più pericoloso di quello in casa, negli anni Venti e Trenta [del XX secolo], case e ospedali offrivano la stessa sicurezza, per lo meno relativamente al rischio di un'infezione. (p. 157)
  • [...] ad un certo punto alla fine del XVIII o all'inizio del XIX secolo, ebbe inizio un cambiamento nella sensibilità femminile: la solidarietà emotiva delle donne prese cioè a trasferirsi dal "gruppo femminile" al nucelo familiare. Sulla scia di tale spostamento, nacque un nuovo istinto materno nei confronti dei figli e un nuovo atteggiamento di amicizia verso il marito, che sostituirono l'alquanto austera freddezza emotiva della famiglia tradizionale. (p. 168)
  • Un'altra indicazione del fatto che le donne desiderassero un parto più disteso ed affettivo stava nella sostituzione della sedia da gestante e del pagliericcio col letto. (p. 173)
  • La percezione del dolore è determinata in parte dalle aspettative culturali. [...] La nuova sensibilità delle donne comporta anche la richiesta di un sollievo dal dolore. [Nel XX secolo] erano le stesse gestanti a carpire dalle mani di medici e ostetriche [gli] anestetici [in primis l'etere e il cloroformio] (p. 175)
  • Il parto si trasferì in ospedale perché cominciò a venire considerato un'operazione. [...] Le gestanti venivano ricoverate in ospedale per essere salvaguardate dai fanatici del forcipe a casa. (p. 195)
  • Tutte le innovazioni ostetriche cui abbiamo assistito dal XVIII secolo in poi erano volte alla salvaguardia della madre. [...] Poi, verso il 1930 fu "scoperto" il feto. Non si può datare con esattezza questa presa di coscienza, ma certo tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta si instaurò la tendenza a salvaguardare il feto nella gravidanza. (pp. 196-197)

Bibliografia[modifica]

  • Edward Shorter, Storia del corpo femminile (A history of women's bodies), traduzione di Mario Manzari, Feltrinelli, Milano, 1984. ISBN 88-07-08008-7

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