Elena Varvello
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Elena Varvello (1971 – vivente), poetessa, scrittrice e docente italiana.
Intervista di Elena Cattaneo, sulromanzo.it, 19 ottobre 2016.
- [In alcune interviste ha raccontato di aver impiegato oltre cinque anni per scrivere questa storia [La via felice]. Come è andata e che cosa è accaduto nel frattempo?] Tutto è incominciato un paio di mesi dopo la morte di mio padre. Sentivo l'esigenza di raccontare la storia del padre di Elia, che è simile al mio solo in minima parte, ma lo è nei gesti, nella sofferenza. Allo stesso tempo, volevo raccontare me stessa come figlia di un padre del genere. Volevo parlare di qualcosa che avesse a che fare con il "raccontare le storie". Perché quello che accade nel libro ci viene raccontato da Elia. È qualcosa che Elia prova a immaginare. Inoltre c'è un ricordo; una frase che mio padre mi ha detto poco prima di morire: «La cosa più triste è che nessuno racconterà mai la mia storia». Non intendeva la sua in particolare, ma la storia di "persone come lui". Persone che per il mondo non rappresentano nulla. E allora ho iniziato. Ma come sempre, si scrive nel buio. Perciò io non avevo idea di che cosa sarebbe successo. Per questo mi ci sono voluti mesi e poi anni.
- [Ha avuto dei ripensamenti?] In una prima fase mi sono posta molte domande e mi sentivo anche un po' in colpa per il fatto di raccontare di lui. Anche se era narrativa, appunto. Poi ho avuto dei problemi, perché sapevo già, l'ho saputo molto presto, che quell'uomo avrebbe portato la ragazza nei boschi. Temevo di scoprire che cosa le avrebbe fatto. In gioco non c'era soltanto la verità narrativa, ma anche l'immagine di mio padre. Il mio timore era di sovraccaricare di violenza la figura di un uomo che non aveva mai fatto niente di simile. Per cui non c'è stato un ripensamento, c'è stato il dubbio. Il dubbio su fino a che punto Ettore avrebbe potuto spingersi su quella strada. Fino a che ho capito che probabilmente sarebbe successo qualcosa che non doveva farmi paura. Perché tutto quello che quest'uomo fa viene detto all'inizio, ma non viene detto subito come va a finire la storia.
- [Come avete deciso il titolo, La vita felice?] All'inizio c'era un titolo obbrobrioso, non me lo ricordo neanche. Però mi pareva molto bello. Ma era davvero pessimo. La vita felice è arrivato quando ho cominciato chiedermi che cosa significhi davvero la felicità, dal momento che Anna ripete spesso a Elia: «Tu avrai una vita felice, non importa quello che è successo intorno a te. Anche se intorno a te tutto è franato, tu hai ancora questa possibilità». A poco a poco, sono arrivate anche le ultime frasi del libro. È ovvio poi che quel titolo, su quella copertina, è una domanda. La domanda è: che cos'è la vita felice? Forse ciascuno di noi dovrebbe parametrarla a sé stesso. Non è un diritto, è un regalo. Ma forse dovremmo dare qualcosa "in cambio". In fondo, è uno di quei titoli che a un certo punto diventano irrinunciabili.
La via felice
[modifica]Nell'agosto del 1978, l'estate in cui incontrai Anna Trabuio, mio padre portò nei boschi una ragazza. Si era fermato col furgone sul ciglio della strada prima del tramonto, le aveva chiesto dove stesse andando, le aveva detto di salire. Lo videro viaggiare a fari spenti in direzione del paese, ma poi lasciò la strada, prese un sentiero ripido e sconnesso e la costrinse a scendere, la trascinò con sé.
Bibliografia
[modifica]- Elena Varvello, La vita felice, Einaudi, Torino, 2016. ISBN 9788806231408
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