Enrico Tamberlik

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Enrico Tamberlick (1855)

Enrico Tamberlik, anche Tamberlick o Tamberlich (1820 – 1889), tenore italiano.

Citazioni su Enrico Tamberlik[modifica]

  • Anche il Tamberlich è de' pochi che eseguiscono tutti i generi. Oggi è Otello, e domani D. Ottavio nel Don Giovanni di Mozart. Con quattro o cinque di siffatti tenori il Teatro lirico italiano non sarebbe nella decadenza che si deplora. (Francesco Regli)
  • Il suo do diesis fece delirare i Parigini, e si parlò più di questo, che delle scoperte del Galileo e del Volta. Il do diesis del tenor Tamberlich fu messo perfino in commedia; anzi venne aggiunto alle umane maraviglie, come si espresse uno di que' giornali. In età fresca, nel vigore de' suoi mezzi, egli sarà per lungo tempo la gloria dei Teatri d'Europa. (Francesco Regli)
  • L'artista incomparabile, che fu soprannominato il Re de Tenori, allorquando l'Italia era madre feconda di sommi artisti, e non di saltimbanchi più meno ingegnosi, ha compito una sì lunga carriera, è stato l'eroe di tante avventure, ha goduto di tanta gloria, il suo nome è stato tanto ripetuto da tutti gli echi del mondo, che non pochi ne parlano come d'un personaggio già entrato nel dominio della storia, non come d'un uomo tuttor vegeto, gaio, parlatore attraentissimo, affascinatore per la sua modestia e la sua grazia. (Giulio Piccini)
  • L'uomo, nella cui gola d'oro vibrarono tante elette e delicate melodie, ebbe un animo d'indomita fierezza.
    Rese, in tempi burrascosi, servigli segnalati alla causa liberale in Europa; fu in stretta amicizia con Giuseppe Mazzini, che affidò alla sua prudenza incarichi de' più confidenziali, con Ledru-Rollin, con Martin Bernard, Lamartine, Louis Blanc, Victor Hugo, Castelar, Pyat. (Giulio Piccini)
  • La cosa più pregevole nell'arte del Tamberlick era la declamazione cantata dei recitativi, che si manifestava con una ampiezza e nobiltà di fraseggio assolutamente impareggiabile. Nelle opere di Rossini, in cui il recitativo ha importanza somma, il Tamberlick non aveva rivali, e coloro che presumevano emularlo, imitandolo, divenivano piccoli – anche se grandissimi – vicino a lui. (Gino Monaldi)

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