Ernő Erbstein

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Ernő Erbstein nel 1938 circa

Ernő Erbstein, noto come Ernest Egri Erbstein (1898 – 1949), calciatore e allenatore di calcio ungherese.

Citazioni di Ernő Erbstein[modifica]

  • [Alla figlia Susanna] Figlia mia carissima, io ti scrivo in italiano perché voglio che tu non dimentichi di aver avuto un'educazione italiana, latina, toscana. Non puoi immaginare quale tormento e preoccupazione sia per me vederti costretta a cessare i tuoi studi, nei quali hai riportato tanti onori. Se in tutte queste dolorose vicende[1] e contro qualsiasi avversità rimani con la testa alta, forte d'animo e di spirito, se il tuo sguardo non si stacca dall'ideale, se la tua volontà non cede dinanzi agli ostacoli, se i tuoi desideri rimangono sempre cristallini, non attratti dal lusso, dai divertimenti, dal facile vivere, tu sarai quella che io sogno tu debba divenire: un essere superiore, una poetessa, una scrittrice, una scienziata.[2]

Citazioni su Ernő Erbstein[modifica]

  • Era una persona luminosa, capace di mettere a suo agio chiunque l'avvicinasse e di dare la sensazione di essere una persona speciale. E lo era veramente, ma era anche di una semplicità e di un’umanità di un'immediatezza assolute. Niente a che vedere con la figura dell'intellettuale che si pone come un'icona, tutt'altro. Mio padre era davvero una persona alla mano che faceva in modo che tutti si sentissero bene con lui. Comprensivo su tutto, ma provvisto, allo stesso tempo, di un'etica incrollabile. Io e mia sorella siamo cresciute con dei principi etici, non confessionali. Io, per esempio, non sapevo che lui fosse di origine ebraica, l'ho appreso con mio enorme sbigottimento quando sono state promulgate le leggi razziali. Perché lì, tutt'a un tratto, è emerso che contava l'origine della persona, non ciò che questa professava nella vita. (Susanna Egri)
  • I giocatori lo adoravano, pendevano dalle sue labbra, sono rimaste leggendarie le concioni che faceva nello spogliatoio prima della partita. Stavano tutti incantati ad ascoltarlo, i suoi interventi preparavano, spronavano i giocatori. Trovava sempre le parole giuste, lei sa quanto sia importante la parola. Lo sapeva anche lui che era sostanzialmente un giocatore. Mio padre ha sempre preso la vita come un gioco, un gioco molto serio, naturalmente. Nel suo approccio alle cose c'era sempre una componente ludica che io ho ereditato: anche la danza è un gioco, l'arte è un gioco. (Susanna Egri)

Note[modifica]

  1. Il riferimento è alle leggi razziali fasciste del 1938 che, essendo lui ebreo, lo avevano costretto ad abbandonare l'Italia con la famiglia.
  2. Lettera del 7 ottobre 1939; citato in Barbara Giannini Erno Erbstein: la fuga dai rastrellamenti in Europa, il sogno del Grande Torino e la tragedia di Superga, vanillamagazine.it, 16 aprile 2021.

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