Ferdinando Giuseppe Antonelli

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Uno stemma cardinalizio

Ferdinando Giuseppe Antonelli (1896 – 1993), cardinale e arcivescovo italiano.

Citazioni di Ferdinando Giuseppe Antonelli[modifica]

  • Quello che però è triste [...] è un dato di fondo, un atteggiamento mentale, una posizione prestabilita, e cioè che molti di coloro che hanno influsso[1]nella riforma [liturgica], [...], ed altri, non hanno alcun amore, alcuna venerazione per ciò che ci è stato tramandato. Hanno in partenza disistima contro tutto ciò che c’è attualmente. Una mentalità negativa ingiusta e dannosa. Purtroppo anche il Papa Paolo VI è un po' da quella parte. Avranno tutti le migliori intenzioni, ma con questa mentalità sono portati a demolire non a restaurare.[2]
  • Si tratta di due valori in conflitto. Il latino è certamente la lingua della liturgia latina da circa 1600 anni; è un segno e coefficiente anche di unità; è anche tutela della dottrina, non tanto per l'indole della lingua quanto perché si tratta ormai di una lingua che non è più soggetta a mutazioni; molti testi di incomparabile bellezza non potranno mai avere nella traduzione la stessa efficacia; al latino finalmente è legato un patrimonio preziosissimo, quello melodico, gregoriano e polifonico. D'altra parte è fuori di dubbio che se rivogliamo portare i fedeli, tutti i fedeli, ad una partecipazione diretta, cosciente e attiva, bisogna rivolgersi a loro nella lingua che essi parlano. La Costituzione ha scelto l'unica soluzione possibile in tali casi: la soluzione cioè del compromesso: per certe parti, come il Canone, resta il latino, per le altre, quelle soprattutto che più direttamente si rivolgono al popolo, con le letture, la restauranda oratio fidelium, si introduce il volgare.[3]
  • Una cosa è da precisare. Il Concilio di Trento non proibì direttamente il volgare nella liturgia. Di fronte ai protestanti che negavano il carattere sacrificale della messa e asserivano che la messa non è altro che un memoriale, e che è cosa essenziale per il memoriale di esser compreso, e che quindi la messa si deve dire in volgare, davanti a questa impostazione dottrinalmente errata, il Concilio di Trento volle affermare che la messa è valida anche se detta in una lingua che i fedeli non comprendono, e che quanto all'uso del volgare, patribus visum est non expedire. Il che significa che cambiate le circostanze, può cambiare anche il non expedire. Il Vaticano II ha ritenuto che le circostanze fossero cambiate e ha cambiato anche il non expedire del Concilio di Trento. [...] Comunque il passaggio dal latino al volgare, l'introduzione di nuove forme rituali con il conseguente abbandono di usi e abitudini care, una celebrazione comunitaria che impegna tutti ad un'azione collettiva, e che esclude perciò ogni soggettivismo solitario, tutto ciò non è di facile realizzazione.[4]

Note[modifica]

  1. Nel Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra Liturgia.
  2. Da Note sulla Riforma liturgica (1968-1971), citato in Molti di coloro che hanno influsso nella riforma non hanno alcun amore, alcuna venerazione per ciò che ci è stato tramandato, 30 giorni, n. 11, 1998, 30giorni.it.
  3. Da La Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia. Antecedenti e grandi principi, pp. 205-206, citato in Molti di coloro che hanno influsso nella riforma non hanno alcun amore, alcuna venerazione per ciò che ci è stato tramandato.
  4. Da La Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia. Antecedenti e grandi principi, p. 206, citato in Molti di coloro che hanno influsso nella riforma non hanno alcun amore, alcuna venerazione per ciò che ci è stato tramandato.

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