Paola Drigo

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Paola Bianchetti Drigo (1876 – 1938), scrittrice italiana.

Incipit di alcune opere[modifica]

Codino[modifica]

– Dove mai l'ho visto? – si chiese Lilì Margot fissando coi suoi insolenti occhi azzurri l'individuo che la cameriera aveva appena introdotto. – Dove mai ho visto quella faccia?
E all'improvviso ricordò. A Montreux, due mesi innanzi, mentre aspettava sul quai il battello in partenza, si era fermata oziosamente a guardare una vetrina d'ombrelli: quella faccia l'aveva vista sul manico di un en-tout-cas di seta grigia.
Ella gettò la sigaretta, soffiò con veemenza il fumo dalle nari, si sollevò a metà dalla dormeuse dove stava sdraiata. Le gambe fine e nervose, strette nella calza di seta rosa, sbucarono fuori fin quasi al polpaccio.

Fine d'anno[modifica]

In berretto e mantello, con una valigetta in mano, Alberta si affacciò all'uscio della mia stanza da letto e disse: – Vuoi che resti? Se non ti senti bene non parto.
Notai il suo seno aggressivo che l'ampio scialle di pelliccia non riusciva ad attenuare, il seno della donna matura che esiste senza un perché, senza una giustificazione; e nel viso grasso e olivastro gli occhi vivacissimi rimasti miracolosamente giovani, ridenti e un po' ironici, occhi di diciott'anni, dei tempi del Sacro Cuore.
- No assolutamente, – risposi – ti sei sacrificata anche troppo. La mia indisposizione è cosa da nulla. Parti, parti senza pensiero.

Finestre sul fiume[modifica]

Quello che io scelgo è un villino moderno coperto d'edera rampicante, bucato come un alveare, tutto poggioli e tutto finestre, al limite estremo della città, dove il fiume con una bella curva entra nella campagna.
È un angolo ancora intatto, che ha conservato il suo carattere, direi la sua atmosfera: in nessun altro punto, forse, è così sensibile la vicinanza e la parentela con Venezia.
E la strada dove andrò ad abitare si chiama «Riviera».
Non è grigia, qui, questa grigia città; non è banale: sulla riviera piena di sole si allineano case borghesi e palazzetti un po' scoloriti, un po' decaduti come quelli di Murano, ma di una certa nobiltà, con bifore e trifore, senza botteghe sotto, qualche grazioso attico... Laggiù, accigliata sul cielo smorto, la Specola, e, ai suoi piedi, un giardinetto di tulipani in fiore.

La fortuna[modifica]

– Volete che vi dica francamente il mio pensiero? – proseguì il dottor Fabrizi imbaldanzito da due bicchieri di vin spumante. – Se il contino non piglia un'altra strada, corre un brutto rischio. La ragazza è onesta, c'è di mezzo un aspirante fidanzato, e i fratelli di lei, due colossi, il cui pugno vale una schioppettata. Badate a me. Cinque anni or sono ho assistito a un processo per omicidio, dove l'imputato era un giovanotto del popolo, garzone fornaio, e il morto un benestante, figlio del sindaco del paese. Orbene, pare che questi si fosse preso qualche libertà (intendiamoci, libertà relativa!) colla giovinetta sorella del fornaio; fatto sta che il fratello, avvertito della cosa, ha aspettato una bella sera il damerino dietro una siepe e l'ha caricato di tali pugni e pedate da lasciarlo per morto. Infatti tre giorni dopo se n'è andato all'altro mondo. Bene? I giurati hanno assolto il fratello…. E non basta! Il popolo l'ha portato in trionfo, – por-ta-to-in-tri-on-fo! – non vi dico altro!

Maria Zef[modifica]

Erano due donne un carretto ed un cane. Andavano lungo l'argine del fiume, dopo il tramonto, verso una grossa borgata di cui si vedeva appena brillar qualche lume sull'altra sponda.
Il carretto a due ruote, carico di mèstoli, scodelle, càndole e candolini, e di altri oggetti in legno, era trascinato da una delle donne che, attaccata alle stanghe per mezzo d'una cinghia che le passava sotto le ascelle, tirava innanzi animosamente tra le buche e il fango della strada.
Veramente, benché alta e complessa con larghe spalle di montanara, era ella piuttosto una bambina che una donna, di tredici o quattordici anni appena, con un visotto tondo ed ingenuo, e due begli occhi azzurri dall'espressione infantile.

Bibliografia[modifica]

Altri progetti[modifica]