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Francesca Alfano Miglietti

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Francesca Alfano Miglietti, nota anche con l'acronimo FAM (1957 – vivente), critica d'arte, scrittrice e saggista italiana.

Intervista di Licia Granello, vanityfair.it, 21 novembre 2021.

  • Sono nata di sette kg. Quell'anno come me in Italia ne sono nati altri due. Adesso si parlerebbe di esito di gravidanza di paziente diabetica in latenza, allora ero solo una bambinona, seconda di tre figli, con una madre ragazzina e un padre anarchico, dissipatore, poetico. Avevano un quarto di secolo di differenza, se ne sono andati a poca distanza di tempo, come se uno non sapesse vivere senza l'altro.
  • Siamo stati ricchi e poveri nello spazio di un attimo, dalla macchina con l'autista a contare le lire per la spesa. Mio padre era così: si faceva confezionare le sciarpe lunghe il doppio del normale, aveva acquistato una segheria per farmi i giocattoli (ne avrà fatto uno, ma l'intenzione era buona), e quando piangevo raccoglieva le mie lacrime in una bottiglietta. Ho sperato a lungo di morire prima di lui. Non è andata così: avevo quasi trent'anni, ma lui sapeva che ce la potevo fare. Quando abbiamo aperto la sua cassaforte, dentro c'erano la bottiglietta delle lacrime, i dentini da latte e le nostre pagelle delle elementari. Era una bellissima persona. Si chiamava Antonio Giuseppe Riccardo Miglietti.
  • Ribellarsi era necessario. Ho cominciato scegliendo il liceo artistico. Dopo la maturità, mi sono iscritta al DAMS di Bologna. Via da casa, in una città che non conoscevo, ma che ribolliva di energia. Era il 1997 e una delle prime persone che incontrai fu Bifo.
  • La mia fortuna fu quella di non frequentare l'ambiente dell'arte, ma quello politico, rivoluzionario. Ho cominciato a parlare di arte a persone che non la consideravano granché, inventandomi un approccio, un linguaggio diversi. Ricordo che organizzai una gita sui colli per andare a vedere le stelle, come fosse una performance! Nel tempo, all'interno del movimento si finì per rivalutare dadaismo e futurismo.

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