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Georgette Heyer

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Targa commemorativa per Georgette Heyer

Georgette Heyer (1902 – 1974), scrittrice britannica.

Incipit di alcune opere

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Beau Wyndham

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La compagnia, accolta dal maggiordomo nella dimora di sir Richard Wyndham in St James's Square, si componeva di due signore e di un riluttante gentiluomo. Il gentiluomo, di poco oltre i trent'anni ma deplorevolmente incline a appesantirsi, allorché il maggiordomo disse alla più anziana delle due gentildonne che sir Richard non era in casa, esclamò con voce implorante: «Ebbene, non pensate, Lady Wyndham...? Louisa? non sarebbe bene...? Intendo dire, è vano entrare, non credete, mia cara?».
No, Louisa non credeva; e né lei né Lady Wyndham prestarono orecchio a quel pavido discorso. «Se mio fratello non è in casa» disse al contrario Louisa «attenderemo il suo ritorno.»

Corpo contundente

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Una brezza leggera, appena un alito di vento, muoveva le tende raccolte sui due lati della portafinestra e faceva entrare nella stanza il profumo del glicine che copriva i muri della casa. Le tende frusciarono e il poliziotto girò la testa, gli occhi azzurri e vetrosi corrucciati e sospettosi. Si scostò dall'uomo seduto dietro alla scrivania di legno scolpito, sul quale era stato curvo fino a quel momento, si avvicinò alla finestra e guardò fuori, nel giardino buio. La luce della sua torcia elettrica esplorò le ombre di due cespugli fioriti, senza però scoprire altro che la sagoma di un gatto in fuga, i cui occhi si accesero per un attimo prima di sparire nel folto dei cespugli. Nel giardino non c'era altro segno di vita e dopo un momento di attento esame il poliziotto tornò alla scrivania. L'uomo seduto rimase immobile: era morto. La testa abbandonata sul sottomano di carta assorbente era coperta di sangue che cominciava a coagularsi fra i capelli.

I serpenti della Cornovaglia

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Jimmy il Bastardo stava pulendo gli stivali in una stanza con il pavimento di pietra sul retro della casa. Dalle finestre gotiche si vedevano il cortile lastricato e gli annessi e di scorcio, tra un'ala dell'edificio e la legnaia, uno dei recinti dove Raymond aveva messo a pascolare dei puledri. Oltre il recinto, il terreno saliva dolcemente verso la brughiera, nascosta allo sguardo distratto di Jimmy dalla foschia mattutina.
La stanza in cui si trovava, grande e sporca, puzzava di olio, lucido per calzature e muffa. Su un tavolo contro il muro c'era un assortimento di lampade. Jimmy le ignorò. Teoricamente, pulirle e riempirle d'olio rientrava nei suoi compiti, ma era un lavoro che non gli piaceva e quindi cercava di evitarlo. Più tardi una delle cameriere, su richiesta di Reuben Lanner, le avrebbe riempite di olio di paraffina, avrebbe lucidato i cannelli di vetro e regolato gli stoppini, brontolando tutto il tempo; non contro Penhallow, il padrone, che non aveva fatto installare la luce elettrica a Trevellin, ma contro Jimmy, che non faceva il suo dovere.

Il dandy della Reggenza

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Il tiro a quattro aveva ormai oltrepassato Newark e si inoltrava lungo una piatta strada di campagna che non offriva grandi attrattive né si prestava a molte osservazioni. La signorina Taverner distolse lo sguardo dal panorama e si rivolse al compagno di viaggio, un giovane seduto pigramente in un angolo con lo sguardo assonnato che pareva fissare la schiena del postiglione: «È davvero tedioso rimanere seduti per tante ore senza soste! Quando arriveremo a Grantham, Perry?».
Il giovane sbadigliò: «Non ne ho assolutamente idea! Siete stata voi a voler andare a Londra».

Il figlio del diavolo

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Vi era una sola persona nella carrozza, un gentiluomo comodamente disteso, con le gambe allungate e le mani affondate nelle grandi tasche della redingote. Di quando in quando, mentre la carrozza procedeva lungo le strade acciottolate della città, la luce balenante di un fanale o di una torcia ne illuminava l'interno facendo scintillare una spilla di diamanti o ampie fibbie, ma il gentiluomo portava il tricorno dalle punte dorate calato sugli occhi: il viso rimaneva in ombra.
La carrozza procedeva a gran velocità, una velocità rischiosa in una strada di Londra; presto uscì dalla città, varcò la barriera e si avviò verso Hounslow Heat. Una fioca luce lunare illuminava la strada al cocchiere, tanto debolmente che lo staffiere accanto a lui, inquieto fin dal momento in cui la carrozza aveva lasciato Saint James, diede in un affannoso respiro, quasi non potesse, senza soffocare, trattenere oltre le parole: «Bontà divina! Finirai per rovesciarci, a quest'andatura paurosa!».

L'incomparabile Barbara

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Seduto presso la finestra nel salotto di Lady Worth, il gentiluomo in giubba scarlatta distolse la sua attenzione dai discorsi che si svolgevano attorno a lui. Di là dai vetri, tra i passanti che percorrevano la strada, una giovane donna aveva attratto il suo sguardo. Né la conversazione era per lui di alcun interesse: gli argomenti erano identici a quelli che si potevano udire ovunque a Bruxelles.
«In verità, si è meno in ansia ora, con la presenza di Lord Hill, ma quanto vorrei che il duca non tardasse!»
Poiché in quello stesso istante la giovane donna volse in direzione della finestra due maliziosi occhi scuri, il gentiluomo in giubba scarlatta non udì l'osservazione di Lady Worth che parve comunicare ai suoi ospiti la propria ansietà.

L'omicidio di Norton Manor

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Il cartello con le indicazioni, al crocevia, non fu di alcun aiuto. Qualche sbiadito carattere su una delle frecce imbarcate informava il viandante che Lumsden era a ovest, al termine di quella che appariva una stradina dall'aspetto malconcio. L'altra freccia era puntata verso Pittingly, un posto che il signor Amberley non aveva mai sentito nominare. In ogni modo, se Lumsden era situata da qualche parte a ovest, Upper Nettlefold doveva trovarsi nella direzione della sconosciuta Pittingly. Il signor Amberley spense la piccola torcia elettrica, poi fece inversione di marcia, pentendosi amaramente di essersi fidato delle entusiastiche ma sommarie indicazioni di sua cugina Felicity. Se avesse avuto il buon senso di procedere per la strada che percorreva abitualmente, a quell'ora sarebbe già stato a Greythorne. La "scorciatoia" di Felicity l'avrebbe fatto giungere in ritardo per la cena.

La pedina scambiata

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Un gentiluomo percorreva passo passo una stradetta solitaria di Parigi, di ritorno dalla casa di Madame de Verchoureux, costretto a un'andatura non priva di ostentazione dagli alti tacchi rossi degli scarpini. Un tabarro color porpora, bordato di rosa, gettato sulle spalle, si apriva con elegante noncuranza rivelando una lunga casacca di raso scarlatto riccamente adorna di trine d'oro, un giustacuore di seta a fiori, un'impeccabile camicia e una profusione di gioielli sulla cravatta e sulla casacca. Sulla parrucca incipriata aveva un tricorno e in mano un bastone ornato di nastri, protezione insufficiente contro le aggressioni notturne; né d'altro canto gli sarebbe stato facile impadronirsi dello spadino che recava al fianco, la cui elsa si perdeva nelle pieghe del tabarro. Camminare senza scorta e con una tal pompa di gioielli a quell'ora tarda e in quella strada deserta era di una temerarietà folle, ma il gentiluomo pareva non rendersene conto; procedeva languidamente per la sua strada, senza guardarsi attorno, trascurando storditamente ogni possibile pericolo.

Matrimonio alla moda

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Poiché Lady Winwood non poteva riceverla, la visitatrice mattutina chiese ansiosamente della signorina Winwood, o in ogni caso di una delle signorine. Le notizie che l'avevano raggiunta erano di tale portata che sarebbe stato in verità intollerabile se nessuna delle Winwood avesse accettato di parlarle. Ma il guardaportone la invitò a entrare dichiarando che la signorina Winwood era in casa.
La signora Maulfrey ordinò dunque al cocchiere di attenderla e, giunta nell'atrio in penombra, chiese con vivacità: «Dov'è la signorina Winwood? Non è necessario che mi annunciate».

Passi nel buio

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«E questo è il campo da golf, suppongo» osservò Charles Malcolm. «A giudicare dal numero delle buche.»
«È il campo da tennis» lo corresse Celia, la moglie, in un tono di sufficienza. Charles sogghignò. «Basta livellare un po' il terreno» soggiunse lei, sbirciandolo con la coda dell'occhio.
«Basta procurarsi una trebbiatrice e un rullo compressore» replicò Charles, asciutto. «Sarebbe questa la proprietà che non vuoi vendere?»
La cognata intervenne per dire la sua. «È un posto bellissimo, e lo sai anche tu. Non appena Celia e io l'abbiamo visto, ce ne siamo innamorate subito.»

Veleni di famiglia

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Sarebbe stata una bella giornata. Una nebbiolina candida che si arricciava in lente volute sulla brughiera diceva a Mary, ferma in piedi sul pianerottolo fra le due rampe di scale con la paletta per la spazzatura in mano e intenta a guardare fuori dell'alto finestrone, che per l'ora di pranzo sarebbe venuto fuori il sole e avrebbe fatto veramente caldo. Così, alla fin fine, a dispetto dei sinistri presentimenti di Rose, lei avrebbe potuto mettere il vestito di voile blu. Rose diceva che quando qualcuno di loro aveva la mezza giornata di libertà pioveva sempre. Bene, stavolta non avrebbe piovuto, proprio per niente, se lei lo poteva capire da certi segni.

Bibliografia

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  • Georgette Heyer, Beau Wyndham, traduzione di Anna Luisa Zazo, Mondadori, 1981.
  • Georgette Heyer, Corpo contundente, [traduttore non indicato], Mondadori, 1978.
  • Georgette Heyer, I serpenti della Cornovaglia, traduzione di Diana Fonticoli, Mondadori, 2007.
  • Georgette Heyer, Il dandy della Reggenza, traduzione di Anna Luisa Zazo, Mondadori, 1982.
  • Georgette Heyer, Il figlio del diavolo, traduzione di Anna Luisa Zazo, Mondadori, 1978.
  • Georgette Heyer, L'incomparabile Barbara, traduzione di Anna Luisa Zazo, Mondadori, 1977.
  • Georgette Heyer, L'omicidio di Norton Manor, traduzione di Giuseppe Catozzella, Mondadori, 2005.
  • Georgette Heyer, La pedina scambiata, [traduttore non indicato], Mondadori, 1978.
  • Georgette Heyer, Matrimonio alla moda, traduzione di Anna Luisa Zazo, Mondadori, 1980.
  • Georgette Heyer, Passi nel buio, traduzione di Diana Fonticoli, Mondadori, 1994.
  • Georgette Heyer, Veleni di famiglia, traduzione di Grazia Maria Griffini, Mondadori.

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