Gilly Macmillan

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Gilly Macmillan (... – vivente), scrittrice britannica.

Incipit di alcune opere[modifica]

9 giorni[modifica]

Agli occhi degli altri, non siamo sempre come ci immaginiamo.
Quando incontriamo qualcuno per la prima volta, possiamo sforzarci di fare buona impressione, proporre la migliore immagine possibile di noi stessi, eppure può capitare che tutto vada orribilmente male lo stesso.
È una delle tante trappole della vita.
C'ho pensato spesso da quando mio figlio Ben è scomparso, e ogni volta che ci rifletto, mi faccio sempre la stessa domanda: se noi non siamo chi pensiamo di essere, chi sono gli altri? Se le possibilità che gli estranei ci giudichino in modo errato sono così alte, come possiamo essere sicuri che il giudizio che noi diamo in loro sia in qualche modo coerente con la vera persona che è nascosta sotto la superficie?
È facile intuire a cosa porti questo flusso di pensieri.
È giusto fidarsi e credere in qualcuno solo perché impersona l'autorità, o perché è un membro della famiglia? Le nostre amicizie, le relazioni personali sono davvero basate su fondamenta solide?
Quando mi metto a riflettere, penso a quanto sarebbe stata diversa la mia vita se avessi avuto la saggezza di tenere a mente queste cose prima che Ben scomparisse. Quando mi sento giù, incolpo me stessa per non averlo fatto, e i miei pensieri, ripetitivi e paralizzanti, mi puniscono per giorni.

Era il mio miglior amico[1][modifica]

Un nero nastro d'acqua attraversa la città di Bristol sotto il freddo cielo della mezzanotte. Sulla sua superficie galleggiano e si storcono i riflessi dell'illuminazione stradale.
Sul lato del crinale c'è un deposito di rottami, dove luccicano di brina mucchi di pezzi di metallo accartocciati. Sul lato opposto c'è un capannone abbandonato in mattoni rossi. Non ha vetri alle finestre e i piccioni nidificano sui davanzali.
La superficie setosa dell'acqua del canale non lascia intuire che sotto scorre una corrente, più profonda di quanto si possa pensare, più veloce e potente.
Nel deposito di rottami si accende un faretto dell'impianto di sorveglianza e una rete metallica sferraglia. Da essa salta giù un ragazzo di quindici anni che atterra pesantemente accanto alla carcassa di un'automobile. Si rialza e si mette a correre, testa all'indietro, sbracciando e ansimando. Corre a zig-zag e inciampa una o due volte, ma non si ferma.
Dietro di lui la rete metallica sbatacchia rumorosamente una seconda volta e di nuovo si sente il tonfo di una caduta e i rintocchi di passi di corsa. È un altro ragazzo e corre più veloce, ha falcate forti e fluide, e lui non inciampa. Mentre la distanza tra i due si riduce, il primo arriva sulla sponda del canale, dove non c'è recinzione, e in quel momento capisce che non ha più altro posto dove andare.
Sostano sul ciglio dell'acqua, a pochi metri l'uno dall'altro. Noah Adler si volta verso il suo inseguitore.
«Abdi», dice con il fiato corto. È una supplica.
Nessuno di coloro a cui stanno a cuore sanno che sono lì.

La ragazza perfetta[modifica]

Prima dell'inizio del concerto sono in piedi in fondo alla chiesa, nei pressi dell'ingresso, e osservo la navata. Tra le volte del soffitto si annidano ombre, anche se all'esterno la luce non è ancora calata; e alle mie spalle il grande portale in legno è stato chiuso.
Davanti a me, gli ultimi arrivati hanno appena preso posto. I banchi sono quasi tutti pieni, e le voci danno vita a un brontolio sommesso.
Rabbrividisco. Con il caldo afoso del pomeriggio, sudata e stanca dopo le prove, ho dimenticato che in chiesa poteva fare freddo, anche se fuori era un forno. Per questa sera ho scelto di indossare un abitino nero con le spalline sottili, ma ora ho la pelle d'oca sulle braccia.
Le porte della chiesa sono state chiuse bloccando fuori il caldo, perché non vogliono essere disturbati dai rumori esterni. Questo sobborgo di Bristol non è certo rinomato per i suoi abitanti festosi, eppure gli spettatori hanno sborsato un bel gruzzoli per i biglietti.
E non si tratta solo di questo. Il concerto di stasera è la mia prima apparizione in pubblico da quando ho lasciato il carcere: la prima della mia nuova vita, la mia seconda occasione.
Come ha detto la mamma circa un centinaio di volte, oggi: «Questo concerto deve essere il più perfetto possibile».

Una cattiva babysitter[modifica]

L'acqua si chiude sopra il corpo. Lo inghiotte. Il dondolio della barca diminuisce rapidamente. La donna a bordo attende che la superficie sia di nuovo calma. La sconvolge che il proprio respiro faccia tanto rumore. Prende i remi e si allontana con colpi decisi. Le fanno male le braccia e pensa: "Non riesco a credere di essere stata costretta a farlo. Odio averlo fatto". Quando entra nella rimessa, la barca scivola docilmente sull'acqua. Torna a Lake Hall in silenzio, attenta a dove mette i piedi. È esausta. "L'acqua era freddissima. Che brutta fine", pensa. "Una tragedia, ma era necessario". Mentre entra in casa, non si accorge nemmeno della brezza che scuote le cime del salice piangente, inducendole a danzare, al buio, sulla superficie dell'acqua.

Fisso il mio riflesso, incantata. Sono una versione grottesca e rifatta di me stessa. Distorta come tutto il resto. Qual è la vera me? La creatura truccata o la donna dietro la maschera?
Non so più a chi o a che cosa credere.
La porta alle mie spalle si apre e vedo il riflesso di mia figlia nello specchio, il suo viso che incombe dietro il mio, rotondo come una moneta, con gli occhi luminosi e azzurri come fiordalisi. Immacolati.
Non voglio che mi veda in questo stato. Non voglio che diventi me.
«Esci», dico.

Un tranquillo weekend di delitti[modifica]

John non dovrebbe guidare, ne hanno discusso ieri con il dottore, ma Maggie nota il suo sguardo e gli mette le chiavi nella mano tesa. Lui serra le dita di scatto.
Sale sulla Land Rover senza caricare le borse di lenzuola e asciugamani puliti nel bagagliaio, ma Maggie non dice niente; le mette dentro lei stessa. La cagna salta su, poggiandosi di schiena ai bagagli, la lingua penzoloni, lo sguardo fisso. Maggie chiude lo sportello.
Tira un vento freddo stamattina, che la sferza con violenza. È solo l'inizio di settembre, ma l'autunno è giunto all'improvviso. Si sta avvicinando un temporale. Le nuvole corrono per raccogliersi all'orizzonte, le ombre sfiorano la solida fattoria in pietra e ardesia, annidata in una conca su un lato della valle.
John avvia la Land Rover e, sotto il suo borbottio, Maggie ha l'impressione di udire il gemito di un altro motore. Aggrotta la fronte. Gli ospiti arriveranno solo nel pomeriggio. La strada che si snoda fin lì non porta da nessun'altra parte. Chi l'attraversa è diretto alla fattoria degli Elliott oppure si è perso.

Bibliografia[modifica]

  • Gilly Macmillan, 9 giorni, traduzione di Anna Leoncino e Sandro Ristori, Newton Compton Editori, 2016, ISBN 978-88-541-9144-0
  • Gilly Macmillan, Era il mio miglior amico[1], traduzione di Tullio Dobner, Newton Compton Editori, 2017, 978-88-227-1162-5
  • Gilly Macmillan, La ragazza perfetta, traduzione di Alessandra Maestrini e Stefania Rega, Newton Compton Editori, 2017, ISBN 978-88-227-0918-9
  • Gilly Macmillan, Una cattiva babysitter, traduzione di Marialuisa Amodio, Newton Compton Editori, 2020, ISBN 978-88-227-3917-9
  • Gilly Macmillan, Un tranquillo weekend di delitti, traduzione di Marialuisa Amodio, Newton Compton Editori, 2022, ISBN 978-88-227-6037-1

Note[modifica]

  1. a b In seguito rinominato Cattivi amici.

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