Giuseppe Acerbi
Giuseppe Acerbi (1773 – 1846), esploratore, scrittore, archeologo, naturalista e musicista italiano.
Viaggio al Capo Nord fatto l'anno 1799
[modifica]Il sig. Acerbi incominciando il racconto del suo Viaggio prende le mosse da Helsinbourg dirigendosi a Gottembourg. Questa è la seconda città della Svezia, assai mercantile. Conta 15 mil'anime; e nel suo interno si rassomiglia assai alle città olandesi. Giace poi sopra un suolo terribilmente sterile, coperto di piccole roccie simili al basalto. Dicesi, che vi si vive più piacevolmente che a Stockholm, trovando dappertutto urbanità, ospitalità, e niuno impaccio di formalità e di etichetta. Le donne sono belle, graziose, amabili, e di conversazione piacevolissima.
Citazioni
[modifica]- L'aspetto di Stockholm è superbo, spezialmente mirandosi dal ponte detto del Nord. Tutto ad un colpo si presenta allo sguardo una massa straordinaria di campanili, di palazzi, di rupi, d'alberi, di laghi, di canali, coronata poi dal castello che domina su tutta la città; e tutta la città da quel ponte si discopre quanto è lunga e larga, e tutta la facciata pur si vede minutamente di quel castello, la cui architettura è semplice, nobile, maestosa, senza nissuno di quegl'inutili ornamenti, che sfigurano tante grandiose fabbriche simili. La immaginazione attonita a tale prospettiva può appena sostenere siffatto incanto; e mentre è sì vivamente colpita dall'immenso quadro, che ha d'innanzi, ove il lusso, le arti, il commercio, l'industria pajono essersi accordati insieme per sorprendere i sensi, il fracasso delle onde che si precipitano attraverso delle arcate del ponte suddetto, imprime a questo spettacolo un certo carattere selvaggio, che toglie ogni paragone. (cap. I)
- Nell'inverno questo spettacolo cambia. I ghiacci fanno sparire tutte le barriere, che nella estate le acque frappongono tra gli abitanti. Non più isole: una sola pianura si presenta, senza ostacolo alcuno aperta a slitte, a carri, a carrozze, a vetture d'ogni specie, le quali corrono, volano per ogni verso, e s'incontrano, e s'incrociano senza mai toccarsi; tanta è la sveltezza, colla quale a vicenda si scansano; e tu le vedi aggirarsi intorno a vascelli, e navicelli d'ogni specie, immobili in mezzo al ghiaccio. Su quel ghiaccio poi v'ha un popolo immenso, che corre scivolando colla rapidità del baleno; che in un momento apparisce, e sfugge. Le acque che bagnano le scuderie del Re, e quelle che si precipitano sotto le arcate del ponte del Nord, sono le sole che tolgansi al rigore dell'inverno. Esse bollono gorgogliando, e s'alzano in bianca spuma cangiandosi maestosamente nell'atmosfera in vapori, che poi condensati in una polvere di cristallo, presentano allo sguardo sorpreso una vera pioggia di diamanti, che i raggi solari tingono coi brillanti colori del topazzo, del rubino, e d'altre pietre preziose. Gli abitanti de' paesi meridionali faranno fatica a credere che la bellezza di Stockholm riceva un lustro maggiore dall'inverno; e che le comodità, e i diletti della vita dell'inverno vi si accrescano. È difficile dire quanti scherzi, quante varietà di apparenze produca il ghiaccio, che dappertutto in sì diverse maniere si attacca a muraglie, a tetti, ad alberi, a carri, ad ogni cosa, che o sia immobile, o sia mossa. (cap. I)
- [...] molto a proposito per distrarci dalla nojosa monotonia del viaggio, ci si presentò lo spettacolo di un'aurora boreale. Il cielo nella parte del settentrione parve ad un tratto tutto infuocato; ed insensibilmente prese quel brillante colore del rubino, di cui il tramonto del sole arricchisce le belle serate d'Italia, felice presagio, al dir di Virgilio ed alla prova della esperienza, della bellezza del dì susseguente. Dal seno di questa porpora superba immantinente s'alzò verso il polo un arco splendentissimo di tutte le varietà dell'iride, e tagliato da moltissimi altri archi non meno vivi, ma mobili, e con maestà ondeggianti, i quali disegnavansi sopra un immenso velo di un fosforo luminoso, le cui pieghe diafane, agitate continuamente si sviluppavano in lunghi solchi di fiamma, ed ognor più animati da come fiaccole ardentissime, colle quali sarebbesi detto, che il cielo ad ogn'istante le fulminava, prolungavano lungi l'incendio sotto la volta celeste. Tutta l'atmosfera veniva presa dal loro chiarore; e indoravano vivamente i contorni di tutte le nubi. Se queste meteore frequenti nelle contrade vicine al polo interessano per la loro magnificenza gli abitanti del Nord, accostumati pure a vederle, facil'è giudicare l'effetto che questo spettacolo produsse in noi, che ne godevamo la vista per la prima volta. (cap. III)
- [...] niun'altra regola potemmo vedere da costoro [i lapponi] osservata, se non quella dell'appetito e dell'istinto. Quando non erano occupati a mangiare, dormivano, o pipavano. (cap. XIII)
- Liberi per diritto imperscrittibile di natura, non concepiscono punto la necessità di leggi, atteso il modo con cui vivono. Il paese che abitano, non converrebbe ad alcun'altra razza d'uomini. Essi trovano nella carne delle renne, e in un vegetabile che ogni animale rigetta, il nudrimento ad essi adattato. Società? la trovano nella unione di alcune famiglie, avvicinate da bisogni comuni; e quando accade che due famiglie di questo genere si trovino sul medesimo suolo colle loro greggie, v'è spazio bastante perché l'una si accosti all'altra, e le tenga il discorso che Abramo tenne a Lot: Se tu prendi a mano manca, io andrò a mano dritta; e se tu andrai alla dritta, io andrò a manca. (cap. XIII)
Al contrario il viaggiatore meridionale, che penetra nel Nord, presto è chiamato al confronto degli oggetti presenti, e di quelli che ha lasciati nel suo paese; e nella nuova scena, che gli si apre d'innanzi, una potente voce della sua coscienza gli svela tutte le illusioni, tutte le vanità, tutti gli errori degli uomini, che nella ebrietà di un esagerato incivilimento non avveggonsi come si sono lasciati allontanare dalla vera via della natura; e che seguendo le lusinghe di un perfezionamento non giustamente inteso, s'inabissano ognor più in un vortice seduttore, ove la natura è smentita, la virtù falsata, e la vera felicità ottenibile sulla terra è tanto più sospinta lungi da noi, quanto più ardentemente da noi è cercata. Egli sarebbe un predicatore fallito, se prendesse a voler disingannare una generazione troppo profondamente avanzata in una sì deplorabil carriera. Ma il suo spirito si è fortificato nella fede della verità. La verità ch'egli ha veduta nel suo più chiaro splendore, è divenuta la reggitrice delle sue morali abitudini. So quanto è apprezzabile tutto ciò, che mette i suoi concittadini in delirio; e senza esporsi a predicare al deserto, colle sue opere e colla sapienza de' suoi principii farà ancora qualche bene.
Bibliografia
[modifica]- Giuseppe Acerbi, Viaggio al Capo Nord fatto l'anno 1799 dal Sig. cavaliere Giuseppe Acerbi ; compendiato e per la prima volta pubblicato in Italia da Giuseppe Belloni, Milano, Sonzogno, 1832.
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