Hodā Barakāt
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Hodā Barakāt (1952 – vivente), giornalista libanese.
Citazioni di Hodā Barakāt
[modifica]- [I protagonisti di Corriere di notte, voce dei milioni di migranti percepiti come «una minaccia»] È proprio così, e intorno a questa situazione monta la nostra immensa angoscia. Soprattutto perché questa «minaccia» l'abbiamo costruita noi stessi. Abbiamo permesso per molto tempo ai nostri sistemi politici, e persino al nostro modo di pensare, di dialogare con le dittature, con paesi dove il potere si basava sulla corruzione e il saccheggio delle popolazioni. Lo abbiamo fatto forti della presunzione di essere più intelligenti, scaltri, in grado di trarre profitti e benefici dal tenerci buoni simili alleati. I metodi adottati da questi leader non ci infastidivano, al contrario, li abbiamo trattati come amici e fidati collaboratori, siamo stati loro complici al fine di derubare, con la loro connivenza, ancor di più i loro stessi popoli. Per farlo abbiamo fatto ricorso anche alla teoria della non ingerenza che «rispetta la libertà» dei popoli e la loro indipendenza. Tutto questo perché pensavamo che fossero lontani dai «nostri» confini. Bene, ora sono qui![1]
- Ho la sensazione crescente che la nostra epoca si stia compiendo in circostanze molto speciali, mai sperimentate prima. Gli esseri umani non sono mai stati «connessi» in maniera tanto intensa dalla comparsa dell'homo sapiens. Ma la «comunicabilità» non è più un beneficio tecnico, è diventata piuttosto un'attività imposta, obbligatoria, inevitabile, dalla quale non possiamo più sfuggire. Perfino l'attualità, le «news» si sono trasformate in una sorta[2] di aggressione. Non hai più la possibilità di non sapere, di chiudere gli occhi punto e basta. Eppure, il «chiudere gli occhi», non ascoltare o vedere ciò che ci circonda è diventato proprio oggi quasi indipendente da tutti i riferimenti morali o umanamente affettivi, dettati dall'empatia. Le vittime, gli emarginati, i deboli, i poveri... sono ben visibili ogni giorno, ma è come se la loro visione non fosse più connessa alla coscienza. Si tratta di un'incomunicabilità molto confortevole, o colpevolizzante, ma in tutti i casi sterile e infruttuosa.[1]
- Non so se la letteratura, e l'arte in generale, possano esercitare un qualche «ruolo» collettivo. È un'attività di solitari che si rivolge ad altri solitari nel più grande silenzio. In questo momento ho la sensazione che sia il mondo reale, confinato e svuotato che abbraccia il ritmo e il silenzio della scrittura. E credo sia straordinario, e ci deve far riflettere, il fatto che in un mondo caratterizzato dell'iper-comunicabilità, proprio la comunicazione sia diventata la nostra peggior pena. Che siamo costretti all'assenza di corpi e voci, reali, e che la solitudine sia vissuta come una prigione, forse perché con il confinamento obbligato ci stiamo rendendo conto che la «libertà di comunicare» era solo un'illusione creata da noi stessi. Ecco perché ora la nostra sorpresa è immensa.[3]
Note
[modifica]- ↑ a b Dall'intervista di Guido Caldiron, Hoda Barakat e quelle vite sospese in attesa di riconoscimento, ilmanifesto.it, 13 luglio 2019.
- ↑ Nella fonte: sorte, refuso.
- ↑ Dall'intervista di Guido Caldiron, Hoda Barakat, la voluta illusione di poter comunicare, ilmanifesto.it, 13 maggio 2020.
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