Esfahan
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Citazioni su Esfahan, città dell'Iran.
Citazioni su Esfahan
[modifica]- Lo stesso giorno, proseguendo fra giardini, corsi d'acqua e bei paeselli con molte colombaie, giungemmo a Esfahan, nell'Iraq persiano, una fra le più belle e grandi città del mondo anche se ormai è mezza in rovina per via delle faide tra sunniti e râfiditi che continuano ancor oggi a combattersi a vicenda. A Esfahan cresce moltissima frutta: un tipo di albicocche eccezionali dette qamaraldin [luna della religione], che racchiudono nel nocciolo una mandorla dolcissima e si conservano secche; mele cotogne impareggiabili per bontà di gusto e dimensioni; un'uva squisita e splendidi meloni dal gusto delizioso, con la buccia verde e la polpa rossa, paragonabili solo a quelli di Bukhârâ e di Khwârizm: si conservano secchi come i fichi nel Maghreb e se non si è abituati, all'inizio hanno un effetto lassativo — che subii anch'io quando li assaggiai.
Gli abitanti di Esfahan sono belli e hanno una pelle bianca e lucente con note d'incarnato. Le loro principali virtù sono il coraggio, l'ardimento e la generosità, e sul loro fare a gara per offrirsi l'un l'altro i cibi migliori si raccontano storie straordinarie! (Ibn Battuta) - Una di queste è il meidan o piazza maggiore, innanzi al palazzo reale, lunga circa a seicento novanta passi dei miei, e larga intorno a ducento trenta; e tutta attorno attorno di un medesimo ordine di architettura, eguale, giusto e non mai interrotto né da strade, né da altro, fatto a portici grandi e piani sotto di botteghe con diverse mercanzie disposte per ordine a luogo a luogo; e sopra, con balconi e finestre, con mille ornamentini molto vaghi. La quale unione di architettura così grande comparisce tanto bene all'occhio, che, quantunque le case di piazza Navona siano fabbriche più alte e più ricche all'usanza nostra, nondimeno, per la discordanza loro e per altri particolari che dirò del meidan d'Ispahan, io ardisco di anteporlo alla stessa piazza Navona. (Pietro Della Valle)
- [Riguardo alla Piazza Naqsh-e jahàn] Due piani di arcate cieche imbiancate racchiudono uno spazio rettangolare di quattrocento metri circa per centocinquanta. Sul lato vicino a me si vedono le rovine della Porta del Bazar; di fronte, sul lato opposto, si apre il portale azzurro della moschea dello Shah, dietro il quale sono raggruppati in linea obliqua, orientata verso la Mecca, la cupola, l'iwan e i minareti; davanti a ciascuno sono piantati due segnaporta di marmo per il gioco del polo. A destra è situato l'Ali Qapu, una sorta di scatola da scarpe in mattoni, con di fronte la cupola fiorita della moschea di Sheikh Lutfullah, che si scorge di sghembo sopra una nicchia azzurra. C'è simmetria, ma non troppa. La bellezza risiede nel contrasto fra lo spazio rigoroso e la libera diversità degli edifici. A sciupare l'effetto, e a indicare che i nobili bakhtiyari non possono più giocare a polo o far passeggiare i cavalli in questo luogo, il progresso ha collocato al centro uno specchio d'acqua, cinto da una ringhiera di ferro in stile gotico e di nuove aiuole di petunie.
- [Sulla Moschea dello sceicco Lotfollah] La cupola è suddivisa a spicchi in forma di limone, che partendo da un pavone stilizzato al vertice via via si allargano, e sono circondati da mattoni opachi; contengono intarsi di fogliame sull'intonaco unito. Le pareti, che lungo i contorni presentano larghe fasce di iscrizioni bianche su fondo turchino, sono similmente intarsiate di ricchi arabeschi o di quadrati baroccheggianti sull'intonaco ocra scuro. Gli intarsi sono di tre colori: turchino, verdazzurro pallido, e una sfumatura molto ricca e indefinibile, come il vino. Ogni arco è incorniciato da un torciglione turchese. Il mihrab della parete occidentale è smaltato di fiorellini su sfondo turchino cupo. Ogni elemento del disegno, ogni piano, ripetizione, singolo ramo o fiore ha la sua severa bellezza. Ma la bellezza dell'insieme appare quando l'osservatore si muove. Anche qui la luce diretta è spezzata dall'azione reciproca di superfici opache e invetriate, sicché a ogni passo queste si ridispongono secondo infinite nuove figure; senza contare che anche il disegno della luce filtrata dai larghi trafori delle finestre è incostante, per effetto dei trafori esterni situati a una certa distanza, che raddoppiano la varietà di ciascuna mutevole sagoma. Non ho mai trovato prima d'ora uno splendore di questo genere. Mi sono tornati alla mente altri interni a cui paragonarlo, mentre ero là: Versailles, oppure il Gabinetto di porcellana di Schônbrunn, il Palazzo Ducale, San Pietro. Tutti sono fastosi, ma nessuno altrettanto fastoso. La loro fastosità è tridimensionale ed è ottenuta con tutto lo sforzo dell'ombra. Nella moschea di Sheikh Lutfullah si tratta di una fastosità unicamente di luce e di superficie, di disegno e di colore. La forma architettonica è secondaria.
- Secondo l'iscrizione che corre lungo la cupola [descrive la moschea del venerdì], la torre funeraria fu costruita nel 1088 da Abu al-Ghanaym Marzuban, ministro di Malek Shah. Ci si domanda quale occasione abbia prodotto in quel momento un'opera di tale genialità. Fu l'influenza di una nuova mente originaria dell'Asia centrale sull'antica civiltà dell'altopiano, il frutto dell'unione di vigore nomadico e di estetismo persiano? I Selgiuchidi non furono gli unici conquistatori della Persia che produssero tale effetto. La dinastia ghaznavide prima di loro, quelle dei mongoli e dei Timuridi dopo, vennero tutte dalle regioni a nord del fiume Oxus e ciascuna produsse un nuovo rinascimento in suolo persiano. Perfino i Safawidi, che ispirarono l'ultima e più languida fase dell'arte persiana, erano originariamente turchi.
- Se la piccola stanza a cupola, infatti, è pura forma, non ha colore, e annulla la sua ornamentazione nella serietà della costruzione, la moschea di Sheikh Lutfullah nasconde qualsiasi traccia di costruzione o di forma dinamica sotto una fantasmagoria di superfici delicatamente curve, la variegata progenie del pennacchio originario. La forma c'è, e deve esserci; ma come sia creata, e che cosa la sostenga sono problemi di cui l'occhio superficiale non è consapevole, e così si vuole che sia, perché non si distolga dalla festa del colore e del disegno, Questi ultimi sono elementi normali nell'architettura persiana. Qui però raggiungono una qualità che deve sbalordire l'osservatore europeo, non perché infrangano quello che egli considerava il suo monopolio, ma perché prima di vedere quest'opera non avrebbe potuto immaginare che il disegno astratto potesse avere uno splendore così vertiginoso.