Jan Guillou

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Jan Guillou alla Fiera del libro di Göteborg 2022

Jan Guillou (1944 – vivente), scrittore e giornalista svedese.

Incipit di alcune opere[modifica]

Il romanzo delle Crociate[modifica]

Il templare[modifica]

Nell'anno del Signore 1150, in cui gli infedeli saraceni, feccia della terra e avanguardia dell'Anticristo, inflissero ai nostri numerose sconfitte in Terrasanta, lo Spirito Santo discese su fru Sigrid e le concesse una rivelazione che le cambiò la vita.
In un certo senso, si potrebbe anche sostenere che gliela accorciò. Quel che è certo, è che da quel momento non fu più la stessa. Meno certo è quel che scrisse molti anni più tardi il monaco Thibaud, vale a dire che, nell'attimo stesso in cui lo Spirito Santo discese su fru Sigrid, nel lontano nord fu creato il germe di un nuovo regno che secoli dopo sarebbe stato chiamato Svezia.
Era il giorno di San Tiburzio, il primo giorno d'estate, quando nel Västergötland iniziavano a rompersi i ghiacci. Non si erano mai viste tante persone radunate a Skara, perché quella che stava per essere celebrata non era una messa qualsiasi. La nuova cattedrale sarebbe stata finalmente consacrata.

Il Saladino[modifica]

Quella notte l'arcangelo Gabriele, inviato da Dio, si presentò a Maometto, lo prese per mano e lo condusse a Kaaba, il sacro luogo di preghiera. Lì al-Buraq, l'alato, lo aspettava per accompagnarlo nel luogo predestinato da Dio.
E al-Buraq, che con un solo passo poteva giungere da un orizzonte all'altro, spiegò le ali e si librò dritto verso lo spazio stellato portando così Maometto, pace sul suo nome, e i suoi seguaci fino alla città santa Gerusalemme e al luogo in cui si ergeva in passato il tempio di Salomone. Là, presso il muro occidentale, c'era il luogo di preghiera più lontano. E l'arcangelo Gabriele condusse per mano il messaggero di Dio da coloro che l'avevano preceduto: Mosè, Gesù, Yahia che i miscredenti chiamano Giovanni Battista, e Abramo, che era un uomo alto con i capelli ricci neri e somigliava d'aspetto al Profeta, pace su di lui, mentre Gesù era di statura inferiore, con i capelli castani e le efelidi.
I profeti e l'arcangelo Gabriele invitarono poi il messaggero di Dio a scegliere una bevanda, e poteva scegliere tra latte e vino e scelse il latte. Disse allora l'arcangelo Gabriele che era stata una buona scelta e che da allora in poi tutti i credenti avrebbero seguito questa scelta.
Poi l'arcangelo Gabriele condusse il messaggero di Dio alla roccia presso la quale Abramo si era preparato a sacrificare suo figlio e a questa roccia era appoggiata una scala che portava a Dio attraverso i sette cieli. E così Maometto, pace su di lui, ascese attraverso i sette cieli fino al trono di Dio e lungo la strada vide l'angelo Michele scoperchiare l'inferno dove i dissoluti, con le labbra fesse come quelle dei cammelli, tra tormenti infiniti erano costretti a mangiare carboni ardenti che erano ancora infuocati quando uscivano dal loro posteriore.
Ma durante la sua ascesa verso il cielo di Dio, il Suo messaggero vide anche il paradiso, con giardini fioriti lambiti da acque fresche o da quel vino che non fa perdere la ragione.

La badessa[modifica]

Nell'anno del Signore 1192, poco prima di Sant'Eskil, quando le notti iniziano a farsi chiare e si avvicina il periodo della semina delle rape, una terribile tempesta si abbatté sul Västergötland. Il temporale durò tre giorni e tre notti, trasformando in autunno il giugno tiepido e promettente.
La terza notte, dopo la messa, quasi tutti i monaci di Varnhem dormivano profondamente, sicuri che le loro preghiere tenessero a bada le forze del male e che la tempesta si sarebbe presto placata. Fu allora che frate Pietro, di guardia nel receptorium, pensò di essere stato svegliato dalla sua immaginazione. Si alzò a sedere sul letto senza sapere cosa avesse snetito. Fuori dalle mura e dalle robuste porte di quercia del convento risuonavano solo l'ululare del vento e lo sferzare della pioggia contro le tegole e le chiome dei frassini.
Ma poi lo sentì di nuovo. Sembrava che un pugno di ferro picchiasse al portale del convento.
Spaventato, scese precipitosamente dal letto, afferrò il rosario e iniziò a borbottare una preghiera che non ricordava esattamente ma che avrebbe dovuto proteggerlo dalle forze del male; poi uscì nel porticato e si mise in ascolto. Ancora una volta rimbombarono tre colpi pesanti e a frate Pietro non restò altro da fare se non cercare di farsi sentire attraverso il robusto portone, chiedendo allo straniero di farsi riconoscere. Parlò in latino, perché era la lingua che aveva più potere contro le forze oscure e perché era troppo assonnato per potere mettere insieme qualche frase nella strana lingua cantilenante che si parlava fuori dalle mura del convento.

L'erede del templare[modifica]

Era la morte che scintillava sotto il sole pomeridiano sull'altra sponda del fiume Säve. Il vescovo Kol lo vide con la chiarezza di uno dei molti sogni che gli isprirava lo Spirito Santo, mentre saliva ansimando la scala di legno traballante che portava agli spalti superiori. Sull'altra riva erano accampate le schiere nemiche, intente a battere le armi e a gridare le empietà più spaventose.
Ma lo jarl, chino su una cassa di sabbia che portava sempre con sé in battaglia, dava le spalle alle sceneggiate del nemico in segno di disprezzo. Aveva accanto i suoi uomini più fidati, Sture Bengtsson e Knut Torgilsson. Nella sabbia un guazzabuglio di linee e di pigne che un uomo di chiesa non era in grado di interpretare. Tutt'attorno a loro risuonavano colpi di ascia e di martello. Fino all'ultimo si costruivano le difese per l'indomani.
Lo jarl non si lasciò interrompere dall'arrivo del lescovo e si limitò ad alzare gli occhi e a rivolgergli un cenno del capo, se non proprio amichevole almeno non ostile, indicandogli la tavola dove i cucinieri di Näs stavano apparecchiando per la cena. Il vescovo prese posto vicino al parapetto, in modo da avere una buona visuale del fiume e del ponte distrutto all'altezza di Hervad.

La fabbrica del male[modifica]

Il mercato dei ladri[modifica]

Madame terror[modifica]

Il nemico in noi[modifica]

Brobyggarna[modifica]

La moglie straniera[modifica]

Daniel Ellefsen telefonò da Finse e chiese se sarebbero andati a fare quel giro di pesca a Hallingskarvet. Ne avevano parlato per tutta l'estate, ma non se n'era fatto mai nulla, per lo più a causa del tempo. Era stata un'estata fredda, piovosa e in generale pessima, ma in compenso adesso, quando in realtà sarebbe dovuto iniziare l'inverno, stavano avendo uno degli autunni più caldi a memoria d'uomo. Quindi, o si usciva subito, oppure si rimandava tutto all'anno prossimo, intendeva dire Daniel.
Lauritz era d'accordo. Era stata un'estate veramente orribile, c'erano state tempeste di neve persino ad agosto. Per lui, però, non aveva fatto poi una grande differenza: si era dedicato unicamente al ponte, si era occupato solo di far incastrare le pietra fra di loro, con costanza e inesorabilmente, e avevano costruito la parte inferiore della volta al di là del precipizio.
La chiave di volta - i conci lavorati al millimetro posti esattamente nel mezzo e che dovevano letteralmente reggere tutto - era stata finalmente collocata. Adesso, che avrebbero dovuto ricominciare dal basso e partire con la volta successiva, era il momento giusto per lasciare il cantiere per qualche giorno. Inoltre poteva essere un bene se lui e Johan Svenske se ne fossero stati ognuno per conto proprio per un po' di tempo: al lavoro Johan non amava in particolar modo il fatto di avere Lauritz Eriksen sempre col fiato sul collo con tutte quelle, a suo parere, più o meno inutili misurazioni di controllo. Se Johan vedeva che una pietra si incastrava, allora era così e basta: era la sua semplice filosofia e quasi sempre si rivelava esatta, a parte le pignole correzioni apportate da Lauritz. Ma secondo Lautirz non si era mai precisi abbastanza.

I ponti di Bergen[modifica]

Accadde che alcuni uomini morirono in mare. Non era la prima volta e non sarebbe stata nemmeno l'ultimo perché era questo il destino della gente che viveva lungo le coste, a Osterøya così come su altre isole e altri fiordi.
Fu così che Lauritz, Oscar e Sverre rimasero senza padre, e anche le piccole Turid, Kathrine e Solveig.
Come fosse successo là fuori nessuno lo sapeva e di solito non lo si voleva nemmeno sapere. Di certo la tempesta era stata feroce, come lo può essere una tempesta di febbraio, ma Lautirz e Sverre erano navigatori esperti, grandi e forti come pochi, ed erano cresciuti in mare. Di loro dicevano scherzando, ma fino a un certo punto, che erano senza dubbio di stirpe vichinga: i loro padri lo erano stati in egual misura.

Bibliografia[modifica]

  • Jan Guillou, Il romanzo delle Crociate. Il templare, traduzione di Katia De Marco, TEA, 2003. ISBN 978850204595
  • Jan Guillou, Il romanzo delle Crociate. Il Saladino, traduzione di Laura Cangemi, TEA, 2005. ISBN 9788850207497
  • Jan Guillou, Il romanzo delle Crociate. Il trono d'Egitto, traduzione di Katia De Marco, TEA, 2005. ISBN 9788850209590
  • Jan Guillou, Il romanzo delle Crociate. L'amante dell'imperatore, traduzione di Katia De Marco, TEA, 2007. ISBN 9788850212859
  • Jan Guillou, La fabbrica del male, traduzione di Katia De Marco, Corbaccio, 2005
  • Jan Guillou, Il mercato dei ladri, traduzione di Katia De Marco, Corbaccio, 2007
  • Jan Guillou, Madame terror, traduzione di Katia De Marco, Corbaccio, 2008
  • Jan Guillou, Il nemico in noi, traduzione di Katia De Marco, Corbaccio, 2009
  • Jan Guillou, Brobyggarna. La moglie straniera, traduzione di Umberto Ghidoni, Corbaccio, 2013, ISBN 978-8863805253
  • Jan Guillou, Brobyggarna. I ponti di Bergen, traduzione di Umberto Ghidoni, Corbaccio, 2013, ISBN 978-8863805192

Note[modifica]


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