Jenny Blackhurst

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Jenny Blackhurst (... – vivente), scrittrice inglese.

Incipit di alcune opere[modifica]

Era una famiglia tranquilla[modifica]

Alla Commissione per la libertà vigilata da Susan Webster
Paziente n. 397609
23 gennaio 2013
Egregi membri della Commissione,
mi chiamo Susan Webster. Circa quattro anni fa, il 23 luglio 2009, ho ucciso mio figlio di tre mesi. Mi ci è voluto tutto questo tempo per riuscire a pronunciare tali parole e ad accettarne la verità, eppure scriverle mi procura ancora un dolore inimmaginabile.
Durante il periodo della custodia cautelare e i successivi due anni e otto mesi trascorsi a Oakdale, ho svolto tutte le ricerche possibili sulla psicosi puerperale, la forma di depressione post-parto di cui ho sofferto dopo la nascita di Dylan. Documentarmi mi ha aiutata a capire che in quel giorno terribile non avevo il controllo delle mie azioni. Adesso so anche di aver idealizzato i ricordi che ho di quelle meravigliose dodici settimane trascorse con Dylan, negando così la rabbia tremenda che provavo per lui. Lo so perché lo dicono i dottori. Pensare che i miei ricordi più sacri — tutto ciò che mi resta del mio bellissimo bambino — siano solo il frutto della mia mente deviata è ancora più doloroso che riconoscere di avere ucciso mio figlio. Nei momenti più bui vorrei tanto rammentare l'odio e l'indifferenza che provavo per la vita che avevo generato. Così magari avrei un momento di pace, una tregua dal senso di colpa e dal dolore che offuscano ogni istante della mia vita. Mi odio per questo; i miei ricordi, veri o inventati, sono l'unica cosa che mi lega ancora alla persona che ero un tempo. Alla persona che pensavo di essere, almeno. Una moglie e una madre, un po' disorganizzata magari, di sicuro una pessima cuoca, ma neanche nei miei incubi più raccapriccianti un'assassina.
Anche se sono consapevole di quello che ho fatto, non mi aspetto di essere perdonata. So che non sarò mai capace di perdonarmi. Tutto quello che chiedo è che il mio rimorso venga preso in considerazione durante l'udienza per la concessione della libertà vigilata, in modo che possa almeno tentare di ricostruirmi una vita, fare qualcosa di buono nel mondo e iniziare a rimediare al male che ho fatto in passato.
Cordiali saluti,

Susan Webster

La paziente perfetta[modifica]

Adesso

Da dove preferisce cominciare?
Mmm.
Qualcosa la fa ridere?
Dicevo sempre così ai miei pazienti. Gli dava la sensazione che fossero loro ad avere il controllo della seduta. Ma sappiamo entrambi che qui io non ho alcun controllo, non è vero?
È importante per lei credere di averlo?
So cosa sta cercando di fare. Vuole farmi sentire a mio agio, così mi confiderò con lei, le confesserò le mie paure più oscure e poi potrà finalmente dire a quei tizi che sono pazza. Mi sento pazza. Può scriverlo.
Perché non parte dall'inizio, Karen? Da quando ha incontrato per la prima volta Jessica Hamilton.
Non è quello l'inizio. È quanto tutto questo è cominciato, suppongo, ma non è veramente l'inizio. È iniziato tutto molto tempo prima, prima di conoscere Bea, Eleanor e Michael. È iniziato con quello che è successo quando avevo quattro anni.
Le andrebbe di parlarne? Cosa le è successo a quattro anni?
No. Non voglio parlarne e a loro non interessa saperlo. Vogliono solo sapere come è morta.
Continui.
Lei non può curarmi.
Come scusi?
È una delle prime cose che Jessica Hamilton mi ha detto, parole che sento ancora nella mia testa. Ricordo di aver pensato che si sbagliava: io curo le persone tutti i giorni, è il mio mestiere. Quello che non avevo realizzato allora era che lei non voleva affato essere curata; non era mai stato nelle sue intenzioni. Ancora non lo sapevo, ma quella ragazza era lì per curare me.

La figlia adottiva[modifica]

«Imogen? È lei?». La voce all'altro capo del telefono è ansimante, agitata. La riconosco immediatamente.
«Sarah, si calmi», la esorto. «Cos'è successo?».
«Si tratta di Ellie». La voce di Sarah Jefferson trema. «È uscita da scuola all'ora di pranzo. Non so dove sia».
Sospiro. "Rifletti", dico a me stessa. "Non sono affari tuoi, non t'intromettere".
«Non seguo più il caso di Ellie, Sarah. Sono stata rimossa. La sua assenza ingiustificata non mi riguarda».
«Non capisce». Il tono di Sarah è accorato. «Non sono preoccupata per Ellie, ma per Lily».
Mi porto automaticamente la mano al ventre prima di realizzare che non c'è più nulla nel mio grembo.
«Cosa c'entra Lily, Sarah?».
Lei emette un suono a metà tra un singhiozzo e un ululato. «È scomparsa. Ellie ha preso la bambina».

La strana morte di Evie White[modifica]

È sul ciglio della scogliera, i lunghi capelli biondi le svolazzano attorno alle spalle nel venticello leggero. I piedi sotto la gonna che arriva fino a terra sono scalzi e sporchi, e l'erba è bagnata, ma lei non avverte il freddo. Osservando le acque scure e immobili, è in pace. Evelyn non ha bisogno di guardare giù per sapere che le onde lambiscono gli scogli frastagliati ai piedi della scogliera, non ha paura di loro. Non è la prima volta che si ferma a contemplare questo mare. Le onde la conoscono per nome, conoscono la sua storia.
Solleva una mano per scostare il velo dal viso, e la tiara di diamanti che un tempo apparteneva a sua madre, e a sua madre prima di lei, cade a terra senza emettere alcun suono. Non ci sono rumori quassù, solo il sussurro del mare e quello del suo respiro, lento e calmo.
Due figure la stanno osservando tra le ombre del tramonto dall'altra parte della scogliera. Avrebbe preferito che fossero meno distanti, ma è una serata senza nuvole e riusciranno a distinguere la sua figura alta e slanciata, l'abito da sposa confezionato su misura. Abbastanza vicine da identificarla a suo marito, troppo lontane per reagire quando comprenderanno le sue intenzioni. Per il momento, per la prossima manciata di secondi, è solo una neo-sposina che si sta prendendo un attimo di pausa dalla concitazione del suo giorno di nozze, che è rifuggita dalla musica e dal vino, dall'incessante susseguirsi di congratulazioni e battute sulla vita coniugale. Gli altri sono amanti che si godono la loro passeggiata in questa serata mite e immaginano che un giorno saranno i loro amici a riunirsi per assistere al loro scambio di promesse, congratulandosi con la sposa e commiserando lo sposo. Quando la donna lascia andare il velo e lo vede svolazzare verso il ciglio della scogliera, fa un passo avanti, sicura e decisa, e si lancia nell'oscurità. Pochi istanti prima erano semplicemente due amanti. Adesso sono dei testimoni.

Bibliografia[modifica]

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