Karl Ove Knausgård

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Karl Ove Knausgård (2010)

Karl Ove Knausgård (1968 — vivente), scrittore norvegese.

Citazioni di Karl Ove Knausgård[modifica]

  • Le forze umane più potenti si concentrano nell'incontro tra il volto e lo sguardo.[1]

Incipit di alcune opere[modifica]

L'isola dell'infanzia[modifica]

Un giorno mite e nuvoloso dell'agosto 1969, per una strada stretta che si snodava all'estremità di un'isola della Norvegia meridionale tra rocce e giardini, prati e boschetti, su e giù lungo leggeri pendii e tornanti, a volte con gli alberi che si ergevano su entrambi i lati a mo' di galleria, a volte quasi a picco sul mare, stava sopraggiungendo una corriera.[2]

La mia lotta[modifica]

Per il cuore la vita è semplice: batte finché può. Poi si ferma. Prima o poi, un giorno o l'altro, quel movimento pulsante si arresta da solo e il sangue inizia a scorrere verso i punti più bassi del corpo, dove si accumula in un piccolo ristagno, visibile dall'esterno come una chiazza scura e molle sulla pelle sempre più bianca; intanto la temperatura scende, gli arti si irrigidiscono e i visceri si svuotano. I mutamenti di queste prime ore avvengono così lentamente e vanno avanti con una tale sicurezza da avere in sé un che di rituale, come se la vita capitolasse secondo determinate regole, una specie di gentlemen's agreement, a cui si conformano anche i rappresentanti della morte, mentre aspettano che la vita si sia ritirata, prima di cominciare l'invasione del nuovo territorio. Da quel momento, però, non si torna indietro. Nessuno può fermare gli enormi sciami di batteri che cominciano a diffondersi all'interno del corpo. Se avessero tentato solo poche ore prima, avrebbero incontrato subito resistenza, ma ora tutto è immobile intorno a loro, e si spingono sempre più giù nell'umida oscurità. Raggiungono i canali di Havers, le cripte di Lieberkuhn, le isole di Langerhans. Raggiungono le capsule di Bowman nei reni, la colonna di Clarke nel midollo spinale, la sostanza nera nel mesencefalo. E raggiungono il cuore. È ancora intatto, ma privo del movimento che è lo scopo di tutta la sua struttura, ha in sé una strana desolazione, come una fabbrica che gli operai hanno dovuto abbandonare in fretta e furia, si potrebbe pensare, le ruspe immobili con la luce gialla dei fari puntata contro l'oscurità della foresta, le baracche deserte, la fila di casse che pendono cariche dalla funivia lungo il fianco della montagna.

Note[modifica]

  1. Da L’orrore inspiegabile, Internazionale, n. 1111, 17 luglio 2015, p. 48.
  2. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • Karl Ove Knausgård, La mia lotta, traduzione di Lisa Raspanti, Ponte alle Grazie, 2010. ISBN 9788862201650

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