Kim Ho-chul
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Kim Ho-chul (1955 – vivente), allenatore di pallavolo ed ex pallavolista sudcoreano.
Il granduca d'Oriente
Intervista di Pier Paolo Cioni, Guerin Sportivo nº 31 (449), 3-9 agosto 1983, pp. 89-91.
- [«Come e quando hai cominciato a giocare a volley?»] Nella mia scuola di Mil Yang, all'età di 13 anni. Nel mio paesino, molto lontano da Seoul e in piena campagna, giocare a pallavolo era quasi obbligatorio. E questo perché non c'era altro.
- Ero mezzofondista. Correvo i 1500 e i 3000 metri. [«Perché hai mollato e alla fine ti sei dato anima e corpo al volley?»] Soprattutto perché non mi piaceva allenarmi da solo. Mi è sempre piaciuto stare in mezzo ad altre persone. È molto più bello, infatti, faticare assieme ad altri ragazzi che correre, correre e poi correre ancora da solo. Poi la pallavolo, rispetto all'atletica, ha in più il fascino del pallone, e non è poco.
- [«Oltre alla gloria, dalla Nazionale hai ricevuto anche tanti soldi?»] No, quelli pochi, molto pochi. la fama che riceviamo in cambio è più che sufficiente per ripagarci dei notevoli sforzi fisici che settimanalmente facciamo.
- [«Se potessi fare un sestesso ideale con tutte le star...»] Oltre a me, prenderei il russo Savin e Lanfranco come centri, il brasiliano Xandò e il cubano Ruiz come schiacciatori e Negri e Bertoli come opposti a me.
- Tralasciando gli aspetti fisico-atletici, la caratteristica principale del regista deve essere l'intelligenza tattica e la velocità. Per lo schiacciatore la potenza e l'elevazione. Infine, per il centro, l'ottima visione del gioco.
- Sono [...] molto focoso, specialmente in partita, quando gli arbitri sbagliano in maniera pacchinana. Non riesco a frenare il mio istinto. In certi momenti divento incontrollabile. Tutto però mi passa dopo la sfuriata dei cosiddetti cinque minuti e mi comporto come nulla fosse stato.
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