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Matilde Asensi

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Matilde Asensi alla fiera del libro di Madrid 2008

Matilde Asensi (1962 — vivente), scrittrice spagnola.

Incipit di alcune opere

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Iacobus

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A questo punto non si spiega come io, Galcerán de Born, che da poco ho smesso i panni di cavaliere dell'Ordine dell'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, secondogenito del nobile signore di Taradell, già crociato in Terrasanta e vassallo di nostro signore Giacomo II d'Aragona, possa credere ancora all'esistenza di un destino occulto e ineluttabile tra i casi in apparenza accidentali della vita.

L'origine perduta

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Il problema che intuivo appena quel pomeriggio, mentre indugiavo in piedi immobile tra la polvere, le ombre e gli odori di un vecchio edificio chiuso, era che essere metropolitano, progressista, scettico e tecnologicamente avanzato all'inizio del XXI secolo mi impossibilitava a prendere in considerazione qualsiasi cosa rimanesse fuori dall'ambito dei cinque sensi. In quel momento la vita, per un hacker come me, era soltanto un complesso sistema di algoritmi scritti in un linguaggio di programmazione su cui non esistevano manuali. In altre parole, io ero uno di coloro per i quali vivere significava imparare ogni giorno a gestire il proprio software senza avere avuto la possibilità di seguire corsi né il tempo per esercitazioni o prove. La vita era ciò che era, e per di più molto breve; la mia consisteva nel tenermi permanentemente occupato, senza pensare a niente che non avesse a che vedere con quanto facevo momento per momento, soprattutto se, come allora, stavo compiendo un reato punito dalla legge.

L'ultimo Catone

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Le cose belle, le opere d'arte, gli oggetti sacri, soffrono come tutti noi dell'inarrestabile scorrere del tempo. Dal preciso istante in cui il loro autore umano, cosciente o no della propria armonia con l'infinito, dà il tocco finale e le consegna al mondo, comincia per loro una vita che, col passare dei secoli, le condurrà alla vecchiaia e persino alla morte. Nondimeno, questo stesso tempo che ci consuma e ci distrugge conferisce loro una nuova specie di bellezza, che la vecchiaia dell'uomo non può sognare di raggiungere. Per nulla al mondo vorrei vedere ricostruito il Colosseo, con tutte le mura e le gradinate in perfetto stato, o un Partenone dipinto di colori squillanti, o una Vittoria di Samotracia con la testa.

La congiura di Cortes

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Avevo sentito dire da alcuni che l'amore è gioia, entusiasmo, allegria, ma quella sera, seduta sulla spiaggia, avrei voluto avere davanti quegli imbroglioni per fargli provare con il filo della mia spada la gioia, l'entusiasmo e l'allegria del mal d'amore. Era peggio di una malattia, mi ripetevo angosciata, peggio di una piaga infetta. Era come bere veleno, ingoiare aghi. E tutto per colpa di quella canaglia dai capelli più voluminosi del sole! Mi rasserenai e rimasi immobile, ma avrei voluto lanciare un'occhiata ad Alonso che dormiva di gusto, accanto al falò, assieme a Rodrigo, a Tumonka e agli altri indios.

Terra Ferma

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Martín, mio fratello minore, morì combattendo valorosamente contro i pirati inglesi che, dopo aver colpito a cannonate la nostra galera per buona parte della notte, all'alba lanciarono i grappini di abbordaggio e ci accostarono alla loro fiancata di dritta per rubarci tutte le mercanzie che il nostro vascello trasportava dai mercati di Siviglia alle colonie della Terra Ferma,[1] nel Nuovo Mondo. Il mio povero fratello aveva soltanto quattordici anni, ma usava la spada meglio di tanti hidalgos e di tanti soldati del re, perché il nostro signor padre, uno dei più apprezzati fabbricanti di spade di Toledo, era stato suo maestro e gli aveva insegnato l'arte a dovere. Per disgrazia, con gli stessi occhi che stanno vedendo queste lettere mentre le scrivo, vidi come quel maledetto inglese gli assestava sulla testa, con una mazza di ferro, un colpo mortale che gli fece saltare le cervella.

Tutto sotto il cielo

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Un certo mezzogiorno, dopo l'interminabile sequela di nausee e di malesseri vari che mi aveva tormentata durante la traversata a bordo della André Lebon, una sorprendente calma si era impossessata della nave costringendomi allo spiacevole sforzo di aprire un poco gli occhi, come se in quel modo avessi potuto scoprire perché il postale, per la prima volta in sei settimane, aveva smesso di sbattere contro le onde. Sei settimane! Quaranta giorni infami durante i quali ricordavo di essere salita in coperta soltanto una o due volte, e anche per quelle scarse uscite c'era voluto molto coraggio. Non avevo visto né Porto Said, né Gibuti né Singapore. E non ero nemmeno stata in grado di affacciarmi agli oblò della mia cabina mentre attraversavamo il canale di Suez o attraccavamo a Ceylon e a Hong Kong. Nausea e depressione mi avevano tenuta sdraiata sulla branda della mia cabina di seconda classe sin dal giorno della nostra partenza da Marsiglia, cioè dal mattino della domenica 22 luglio, e nemmeno gli infusi di zenzero e le inalazioni di laudano, che mi intontivano, erano riusciti ad alleviare la nausea.

Note

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  1. Tierra Firme era il nome con il quale si conosceva la parte del continente sudamericano più vicina al Mar delle Antille.

Bibliografia

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  • Matilde Asensi, Iacobus, traduzione di Andrea Carlo Cappi, RCS, 2005. ISBN 8845412784
  • Matilde Asensi, L'origine perduta, traduzione di Margherita D'Amico, Sonzogno, 2006. ISBN 8845413357
  • Matilde Asensi, L'ultimo Catone, traduzione di Andrea Carlo Cappi, Sonzogno, 2005. pp. 479 ISBN 8845412148
  • Matilde Asensi, La congiura di Cortes, traduzione di Margherita D'Amico, Rizzoli, Milano, 2012. ISBN 9788817061940
  • Matilde Asensi, Terra Ferma, traduzione di Margherita D'Amico, Rizzoli, 2008. ISBN 9788817023269
  • Matilde Asensi, Tutto sotto il cielo, traduzione di Margherita D'Amico, Sonzogno, 2007. ISBN 9788845414145

Altri progetti

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Opere

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