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Lars Gustafsson

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Lars Gustafsson al Gothenburg Book Fair del 2008.jpg

Lars Gustafsson (1936 – 2016), scrittore svedese.

Le bianche braccia della signora Sorgedahl

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Supponiamo, perché assurdo, che io non sia mai esistito. Supponiamo che fosse caduta troppa neve quella sera.

Citazioni

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  • Mi spiegò che c'è qualcosa di ancora più brutto che negare l'esistenza di Dio. È credere che esistano più dèi. E che se si credeva a più di un solo dio, non c'era più bisogno di nessun diavolo. Infatti si poteva sempre incolpare qualche nuova divinità per spiegare tutte le cose indesiderate e impreviste. Il diavolo andava bene solo se si aveva un unico Dio. Ma una volta che lo si era inserito nel sistema globale, non era per niente facile liberarsi di lui. Apparentemente anche il cristianesimo aveva più di un dio. Ma dei tre in realtà era solo uno che le interessava: Gesù. Il Dio che si era fatto uomo. O, se si vuole, l'uomo che era diventato Dio. Cioè: allo Spirito Santo lei a suo modo ci credeva. Lo Spirito Santo, un essere molto etereo, era pur sempre quello che metteva i membri della chiesa di Betania in grado di raggiungere l'estasi religiosa, quando si impegnavano sul serio. Insomma, la teologia sua e di sua sorella non era di così immediata comprensione. Ma loro ci credevano. (p. 18)
  • E ricordo – mi vergogno a dirlo – tutta la magia di cui questi vecchi di campagna si circondavano. Tutte quelle strane piccole marcature con bastoncini e fuscelli in croce in certi punti del bosco che per qualche ragione erano ritenuti pericolosi, o infestati da troll, folletti e demoni, o forse volevano solo indicare che bisognava prendere il sentiero di sinistra anziché quello di destra... (p. 27)
  • Quanta vita può esserci, chiusa nei cassetti? Forse l'intero universo non è che un cassetto chiuso, un ricordo di se stesso? (p. 51)
  • I quadri alle pareti erano scuri, seriosi. Non particolarmente artistici. Erano quel genere di quadri che già da lontano ci dicono che sono quadri e che in realtà non hanno nient'altro da dirci che questo: che sono quadri. Si potrebbe affermare che in sostanza non rappresentano nient'altro che se stessi. (p. 59)
  • Se ciò che non esiste smette di non esistere, dovrebbe ragionevolmente essere in grado di fare il passo non del tutto insignificante dentro al mondo della realtà. (p. 87)
  • Dell'altra donna che ha segnato la mia vita so ancora meno. Inaccessibile e adorabile, ha plasmato la mia solitudine per tutto il futuro. Non una solitudine esteriore. C'è sempre stata e continua a esserci quanta gente si vuole intorno a me. Intendo un tipo di solitudine che si trova un po' sotto la superficie. La solitudine di chi, in un mondo per lo più ostile, non di rado malvagio, ha qualcosa da proteggere. (p. 132)
  • Una bella donna assente non lascia nessuna impronta nell'aria vuota. Nel suo appartamento però sì. La maggior parte di queste impronte sono estremamente labili. Ma ci sono. E creano i presupposti per una sorta di trionfo della fantasia. Esattamente, sarei tentato di aggiungere, come l'assenza molto solida di Dio dal mondo dà origine a un intero fascio di trionfi della fantasia. (pp. 144-145)
  • Nei banchi della chiesa dove ogni singolo addensamento di ciò che è un'onda sonora diventa percettibile. Lì siamo vicini alla nota profonda che attraversa l'universo e che è la nostra stessa fugace e incerta esistenza. (p. 161)
  • Esisteva in realtà un unico passo in questi evangeli di cui ci si potesse fidare? Quante migliaia di raffazzonatori, monaci miopi, avidi e crudeli omousiani e antignostici, ariani e semplici ubriaconi e settari non avevano scompigliato quei manoscritti prima che diventassero ciò che erano diventati? E questo ben prima di Girolamo e della sua livellata e servile Vulgata. In breve: se questa era la Parola – come si faceva a sapere che fosse quella vera? E questa Morale Cristiana che lui tanto solennemente proclamava nella predica della messa cantata della domenica. In che cosa doveva realmente consistere? Tutto quanto Voi volete... sì, certo che suonava bene. Ma lì non c'era affatto scritto per esempio con i masochisti? Questo famoso principio non era forse in definitiva nient'altro che un vuoto principio di ripartizione, e per giunta piuttosto irrealistico? In un dato secolo la morale cristiana aveva prescritto il rogo delle streghe e in un altro tutte le pene dell'inferno per i giovani che mi masturbavano. (p. 164)
  • Quel dio creatore non era il nostro Dio, quel Cristo che fu così male accolto non era suo figlio, ma l'emissario di un altro mondo completamente diverso, un messaggero che aveva cercato di raccontare che in questa crudele gabbia di ferro della Natura creata noi non siamo affatto di casa. (p. 165)
  • No. Per quanto meditasse, il prevosto Tim non riusciva a far quadrare il tutto. Un dio crea un mondo che nella sua crudeltà, nella sua totale innaturalità, è totalmente artificiale nel suo stile ridicolo, volgarmente retorico, dai quanti d'azione alle galassie rotanti, un mondo che con il suo spazio elastico e il suo tempo elastico somiglia più che altro allo stupido giocattolo di un bambino molto cattivo, questo dio si trasforma tranquillamente in uomo, prende decisamente le distanze dalla sua stessa creazione – comunica che "il Mio regno non è di questo mondo" – e si lascia poi uccidere in forme estremamente dolorose. Per cosa? Per riconciliare ovviamente. Ma chi si dovrebbe riconciliare con chi? Davvero Dio dovrebbe riconciliarsi con se stesso? O gli esseri umani con Dio? Perché mai? Perché l'avevano trattato male? Ma non era stato piuttosto Dio a trattare male gli uomini? Ci si poteva immaginare un mondo più spietato, più cinico di quello aveva creato? Con questi insetti che si avvelenano vicendevolmente dopo l'accoppiamento, che si divorano, o che con i loro membri chiodati lacerano la vagina della femmina per fare sì che nessun gene estraneo possa mai introdursi nei suoi sacri domini. (pp. 165-166)

Bibliografia

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  • Lars Gustafsson, Le bianche braccia della signora Sorgedahl, traduzione di Carmen Giorgetti Cima, Iperborea, Milano, 2012. ISBN 9788870911978

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