Lucio Ridenti

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Lucio Ridenti (1961)

Lucio Ridenti, pseudonimo di Ernesto Scialpi (1895 – 1973), attore e giornalista italiano.

Citazioni di Lucio Ridenti[modifica]

  • Renato Simoni abita a Milano in un museo. Il suo. Un museo teatrale che l'illustre e maggior critico italiano ha potuto salvare dalla guerra, ed ora sta riordinando. Apparterrà alla Nazione, un giorno, questa mirabile raccolta teatrale, che non è soltanto preziosa per le opere e gli oggetti che contiene, ma perché Simoni vi ha rinchiuso il suo cuore, la sua grande passione, il suo entusiasmo sempre giovanile, i suoi ricordi. (da Renato Simoni e Mosca a colloquio con Lucio Ridenti, in Radiocorriere, Anno 25°, n. 45, 7-13 novembre 1948, p. 5)
  • Tra le centomila misses che circolano nel nostro e fuori del nostro Paese, c'è anche una «Miss Europa 1950» che si chiama Giovanna Pala. Fa del cinema naturalmente. Tempo fa lavorava ad Ostia e, in un intervallo di lavorazione, questa ragazza va al ristorante con i suoi compagni. Capita in quel luogo Eduardo e, chiamato festeggiato salutato, siede allo stesso tavolo . Lo presentano a Giovanna Pala. Passano dieci minuti e Giovanna domanda a Eduardo:
    – Lei come si chiama?
    – Eduardo De Filippo.
    Due secondi di gelo e poi l'animazione dei commensali riprende. Passano altri dieci minuti, e Giovanna ancora rivolta a Eduardo, domanda:
    – Anche lei fa del teatro o del cinema?
    Eduardo la sta guardando ancora. (da Il dramma, Anno 27°, n. 143, 1951, p. 64)

Palcoscenico[modifica]

  • Chi non ha camerino è il suggeritore. Lo si vede in giro pei corridoi tutte le sere, un'ora prima dello spettacolo, elemosinando un chiodo ad una parete qualsiasi per appendere la sua giacca e indossare il camice da lavoro...
    Lui che passa la vita logorandosi i polmoni per far dire una parte che non si sa a memoria; Lui che fa il successo molte volte di una commedia...
    È il suggeritore che ha in mano tutto il lavoro – che non ha quasi più bisogno di leggere, ma solamente guardare, perché in molte prove ha finito per impararle a memoria, – e se la commedia pericola, se il pubblico è già impaziente, taglia all'istante la battuta scabrosa, magari una scena quasi inutile o troppo prolissa, dà il segnale per il sipario qualche istante prima, lo attarda se ce n'è bisogno...
    Il pubblico non sa – vede soltanto chi gli sta di fronte e parla – ma qualche volta un'occhiata supplichevole di un attore al suggeritore gli fa capire che l'animatore è là, invisibile ma possente. La sua presenza è indispensabile, la sua utilità non ha confini...; forse per questo non gli si concede nemmeno un camerino... (pp. 62-63)
  • All'inizio della propria carriera – cioè dai diciotto ai venticinque anni in massima – ogni attore [inglese] che si presenta alla ribalta calza un paio di qualsiasi scarpe che saranno poi il volontario martirio di tutta la sua vita...
    Infatti il pregiudizio vuole che queste scarpe-talismano devono essere calzate per tutta la carriera artistica dell'attore, ogni qualvolta inizia una nuova scrittura, oppure ogni sera di «prémiere»... (p. 70)
  • Fra i più comuni [pregiudizi] è quello della parte nuova: le battute del proprio personaggio trascritte in diversi fogli come un opuscolo, rimangono all'attore dopo la distribuzione della commedia nuova fatta all'inizio delle prove.
    Questi fogli, chiamati comunemente «la parte» , non devono mai cadere per terra; altrimenti l'attore non farà mai bene quella parte. Purtroppo qualche volta si arriva a questo risultato, senza che la parte sia mai caduta...
    Ma se per disavventura la parte casca di mano mentre la si legge in palcoscenico, a scongiurare la jettatura di un esito catastrofico bisogna raccoglierla con le proprie mani e ribatterla per terra; allo stesso punto dove è caduta, per tre volte consecutive... (pp. 71-72)
  • Per il direttore di scena esiste nell'opinione pubblica un errore fondamentale: quello di confonderlo col direttore artistico, cosa ben diversa e che non ha niente a che vedere con le sue mansioni. Il direttore di scena non è infatti quello che dirige la compagnia ed ha la responsabilità artistica dell'opera di teatro. Egli ha semplicemente la sua parte di responsabilità materiale e disciplinare.
    Materiale, perché a lui spetta il compito di allestire scenicamente lo spettacolo sotto gli ordini e le indicazioni del direttore artistico. Coadiuvato in tutto e per tutto dal trovarobe ha l'obbligo di assistere alle prove fin dalla prima lettura [...]. (p. 79)
  • [...] evitando urti, spintoni e cadute, con vero sforzo di equilibrio, il trovarobe riesce a portare in iscena le suppellettili che ha già pronte fin da principio in tanti cestini adibiti espressamente al trasporto dal trovarobato: si chiama così il camerino del fornitore dove sono disposti in bell'ordine i suoi capitali. – Qualche volta questo camerino è in fondo al palcoscenico, in un angolo se non addirittura sottopalco, e allora in tre ore serali questo povero uomo percorre dei chilometri innanzi e indietro quanti può farne un cameriere di caffè senza mai uscire dal locale. Sbirciare in quei cestini è cosa curiosissima perché vi sono ammonticchiati i più svariati oggetti: calamai, campanelli, cartelle, palette e molle per il caminetto, pezzi di legno inchiodati che faranno il fuoco quando ci sarà sotto una lampadina rossa, quadretti, fotografie, statuine, scatole di tutte le dimensioni, cuscini, tovaglie piegate, polli arrosto... di carta pesta, gusci di ostriche, bottiglie vuote, pane vero, frutta di marmo colorato, ecc.. ecc... (p. 82)

Bibliografia[modifica]

  • Lucio Ridenti, Palcoscenico, Casa editrice "Atanor", Todi, [19..].

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