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Marcello Gigante

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Marcello Gigante (1923 – 2001), grecista, filologo classico e papirologo italiano.

Citazioni di Marcello Gigante

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  • Talvolta a me pare che il Wilamowitz fu nietzscheano senza saperlo, specie nell'idoleggiamento della sua funzione educativa, nella consapevolezza sovrana della missione di dotto e anche della forza evocatrice del suo stile che talvolta cede felicemente alla metafora. Quando riprende da Omero il sacrificio di Tiresia alle ombre dell'al di là e trasferisce il sangue delle vittime al suo cuore, quando le ombre dei morti cari a Odisseo diventano le ombre di Euripide o di Platone, il Wilamowitz diventa sacerdote e connota l'operazione critica di un'aura sacra facendo della storia un rito che non è solo la esaltazione della scienza filologica e, in ogni caso, ha potuto tener presenti alcune pagine del Nietzsche. Quell'immagine che è nell'Heracles, ma è anche in un discorso del Wilamowitz sulla storiografia che tenne in Inghilterra, ha colpito i lettori molto più di una congettura.
    Rinsanguare le ombre del passato diventa non solo il còmpito del filologo di ogni epoca, ma anche un segno di rinnovamento, un emblema programmatico: viene ammesso che la tecnica o l'accertamento ermeneutico non è sufficiente all'esercizio della critica. (p. 25)
  • Se vogliamo, dopo tanti anni, unire nella nostra venerazione temperamenti così diversi come il Wilamowitz e il Nietzsche, potremmo dare alle sue Memorie anche il titolo: Ecce homo. L'uomo che in tempi recenti è stato rappresentato come un precursore del razzismo, e anche dell'antisemitismo, ha lasciato nelle sue Memorie testimonianze indubitabili della sua umanità e del suo favore, naturale in un uomo così profondamente educato, verso gli ebrei, studiosi e non. E anche nella tarda visione dell'aspra polemica del Nietzsche egli ha saputo essere giudice maturo e sereno: che cosa fu quel conflitto? Fu, goethianamente, il contrasto di due dèmoni diversi: il dèmone aveva dato a Nietzsche il diritto di diventare profeta di una religione senza religione e di una filosofia senza filosofia; il dèmone aveva dato a Wilamowitz il diritto di difendere la scienza, la leale e coraggiosa difesa della verità. (da Classico e Mediazione, p. 138)
  • [...] Valgimigli affida le sue sorti non ad apparati di critica testuale di erudizione antiquaristica o a un'edizione critica, ma a traduzioni di testi, non per la prima volta da lui tradotti, ma certo rivelati e discoperti quasi fosse la prima volta; testi, su cui s'è accumulata un'esegesi millenaria e un secolare travaglio ermeneutico, eppure accostati e penetrati nella loro nudità, vorrei dire nella loro verginità, nel loro originario vigore e sapore, quasi l'onda del Tempo li avesse più volte sfiorati senza toccarne la sostanza. Opera di fiducia e di amorosa tenacia, di salda tensione spirituale appena dissimulata nella pacata e chiara forma dello stile, nella suasiva ritmica armonia di una scrittura senza equivoci e senza ambivalenza, arcaicamente e modernamente pura, profonda, viva, sottilmente vibrata, deliziosamente composta nei suoi còla ora corrispondenti ora dissoni, ora succedentisi, ora alternantisi.
    È la magica prosa di Valgimigli che ha le sue pause e le sue cadenze, il suo ritmo: che certo l'usura del tempo risparmia e risparmierà. (da Classico e Mediazione, p. 186)

Bibliografia

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  • Marcello Gigante, Classico e mediazione, Contributi alla storia della filologia antica, La Nuova Italia Scientifica, Roma, 1989.

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