Marco Aime
Marco Aime (1956 – vivente), antropologo e scrittore italiano.
Taxi Brousse. Sulle strade d'Africa
[modifica]- Eppure tra quei contadini tangba, nel loro modo di vivere, in quei villaggi semideserti nascosti tra le rocce sentivo qualcosa che mi faceva tornare indietro nel mio passato. Con buona pace di tanti che inorridiranno, posso dire che sentivo le mie radici. Radici in parte presunte; sono nato in città, ma da stirpe montanara e contadina. Per tutta la vita ho corso alla ricerca di quelle radici nascoste dall'asfalto, per il gusto di sentire la terra sotto le scarpe. Una fuga. Una fuga dalla città, dai condizionamenti quotidiani e anche dall'ovvio e dallo scontato. Stare al villaggio, come stare in montagna, mi faceva sentire precario, privo di certezze e di eventi prevedibili e pertanto ricco di possibilità.
- Quasi sommersa da pacchi e scatoloni, una ragazzina sorride e abbassa lo sguardo con quella timidezza tipica che avvolge gli adolescenti africani quando perdono la gioiosa sfrontatezza infantile. Non sono contento. Non provo la solita voglia di partire di altre volte. Sono stanco d'Africa? Quante volte me lo sono chiesto e me lo sono scritto sui taccuini di viaggio? Tante volte quante l'ho scordato appena tornato a casa.
- Di solito quando si viene qui si è sempre in movimento. Riproponiamo anche qui, tra brousse e città polverose, la frenesia occidentale. Pianifichiamo il nostro tempo per non avere attimi vuoti, quelli di cui abbiamo più paura. Poi, quando si è obbligati ad attendere – e quante volte questa terra ti costringe farlo! – allora si vedono cose diverse. Non si "studia" più ciò che si ha davanti agli occhi, non ci si sforza di capire, si osserva e si accetta questa normalità come se fosse la nostra. "Dio ha dato l'orologio agli svizzeri e il tempo agli Africani" mi ha detto una volta l'amico Jean Leonard mascherando il ritardo dietro al suo dolce sorriso congolese.
- ...eppure non riesco a odiare davvero questa terra. Penso a Gigi, a Marina, ad Alberto. A tutti quelli che vivono qui, che bestemmiano, si incazzano, criticano eppure restano e non odiano. Chi ama l'Africa? Quelli che si cercano lontani da se stessi? L'Africa incarna i nostri bisogni insoddisfatti, il nostro bisogno di avere la terra sotto le scarpe al posto dell'asfalto. Non so se chi scappa è più immaturo. Sicuramente è più sincero di chi resta. O forse non è vero nemmeno questo. Una fede, ecco cosa ci vorrebbe.
- L'Africa è un'attesa, ti dà sempre l'occasione di aspettare qualcosa; la grande emozione di un'esistenza precaria.
– Zio, è vero che tu insegni antro... non mi ricordo più come si chiama.
– Antropologia, sì è vero Chiara.
– Mi spieghi cos'è? Che non è mica tanto chiaro.
– Sedetevi qui, anche tu, Elena.
– Ma lei è piccola!
– Non importa, vedrai che capirà. L'importante è comprendere che nel mondo ci sono differenze nel modo di pensare e di comportarsi, ma che nessuno è inferiore agli altri. Bisogna imparare che se qualcuno si comporta in modo diverso da noi, forse avrà le sue ragioni e ai suoi occhi siamo noi a essere diversi. Avete notato che ci sono persone che hanno, per esempio, la pelle diversa dalla nostra...?
– Sì, nella mia classe ci sono due bambini marocchini, uno del Senegal, nero nero, e una bambina cinese.
– Come sono?
– Un po' diversi, Yussuf e Alì hanno i capelli ricci, Badu è proprio nero e Liang ha i capelli lisci lisci e gli occhi un po' tirati.
– Sono diversi, tutti siamo diversi l'uno dall'altro. Guardatevi un po' una con l'altra. Tu Chiara hai i capelli lisci, tua sorellina li ha ricci. Eppure siete nate dagli stessi genitori. Eh sì, ci sono delle differenze. Qualcuno vi dirà che gli africani, i cinesi, i marocchini sono di razze diverse. Non credetegli. Ora vi racconto come è andata...
Bibliografia
[modifica]- Marco Aime, Taxi Brousse. Sulle strade d'Africa, Nuovi equilibri, 1997.
- Marco Aime, Una bella differenza. Alla scoperta della diversità del mondo, Einaudi, 2009. ISBN 978880619850
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