Matilde Callari Galli

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Matilde Callari Galli (1934 – vivente), antropologa e politica italiana.

Citazioni di Matilde Callari Galli[modifica]

  • I partiti, le Chiese, i sistemi istituzionalizzati di fedi e credenze, le stesse istituzioni scolastiche: questi erano i grandi mediatori dell’Occidente che avevano la funzione di introdurre le innovazioni, in tempi e modi in qualche modo regolati e cadenzati (anche se poi non era sempre così, perché la gente a volte si ribellava). Tutto ciò oggi è davvero saltato. I grandi mediatori sono in crisi, ma per crisi non intendo dire che sono finiti, ma che devono cambiare, fare nuove scelte. Non mi piace intendere la parola "crisi" nel senso di "disastro", non c’è disastro, ci sono fenomeni nuovi che facciamo molta fatica a governare.[1]
  • Integrazione non è annullamento delle differenze. Anche noi dobbiamo cambiare, nel momento in cui dobbiamo integrare. Purtroppo però la parola integrazione viene vista come adeguamento forzato dei nuovi arrivati alle leggi, ai comportamenti, ai valori di chi li accoglie. Bisognerebbe forse cambiare parola e parlare di intercultura. Per me oggi cultura [...] è un continuo métissage, un meticciamento, che, tra l’altro – ci piaccia o meno ammetterlo – è sempre esistito. Unioni, ibridazioni, sono presenti nella storia dell’umanità da sempre. Siamo tutti bastardi.[1]
  • La globalizzazione ha comportato una profonda trasformazione degli equilibri in tutto il mondo, non solo in Emilia-Romagna. Prima di tutto sono cambiate le modalità con cui si trasmettono le informazioni e le informazioni giocano un ruolo importante nella costituzione dell'identità. Ora siamo martellati da informazioni che arrivano da tutto il mondo, tutto è contemporaneo a noi e a volte ci sentiamo più vicini a persone che abitano a migliaia di chilometri di distanza e che non abbiamo mai visto, che non ai nostri vicini di casa.[1]
  • Non esiste nella vita concreta un’etnia italiana o un’etnia marocchina; in Italia abbiamo delle identità regionali, che appaiono forti soprattutto quando sono considerate in opposizione ad altre costellazioni identitarie. Spesso si accusano le migrazioni di minacciare l’identità del gruppo che accoglie i migranti, ma anche i nostri spostamenti devono essere considerati in rapporto ai mutamenti identitari. Non è solamente lo straniero che si sposta. Pensate ai pendolari, hanno una casa in un luogo e un lavoro un altro: per loro la vita nella comunità è quantomeno saltuaria, senza voler citare chi vive per tre quattro giorni in una città e torna nella sua casa solo per il fine settimana. Questo movimento continuo porta a una spersonalizzazione dell’individuo e questo, per reazione, genera un forte desiderio di identità.[1]

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