Matteo Bandello

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Matteo Bandello

Matteo Bandello (1485 – 1561), scrittore italiano.

Citazioni di Matteo Bandello[modifica]

  • Era il Peretto[1] un omicciuolo molto picciolo, con un viso che nel vero aveva più del giudeo che del cristiano, e vestiva anco ad una certa foggia che teneva più del rabbi che del filosofo, e andava sempre raso e toso; parlava anco in certo modo che pareva un giudeo tedesco che volesse imparar a parlar italiano. (Parte terza, Novella XXXVIII)
  • I pentolai, che vanno vendendo pentole, scudelle ed altri vasi per terra per le ville su l'asino, si fermano ad ogni uscio.[2]
  • Sempre muore e mai non finisce di morire colui che ad amore si fa soggetto. (da Novella XXVII, in Novelle, seconda parte)

Le tre parche[modifica]

Incipit[modifica]

Ditelo, Muse, il parto glorïoso
del felice fanciul cui 'l padre arride,
futura gloria al gran nome Fregoso.
Voi prime foste che cortesi e fide
in grembo il raccoglieste quando nacque
e questa luce faustamente vide.
A voi di molle baccare no' spiacque
la bella fronte cingerli soave-
mente, e lavarlo d'Ippocrene in l'acque.

Citazioni[modifica]

[Matteo Bandello, Le tre Parche, 1554 circa.]

Incipit di alcune opere[modifica]

Alcuni fragmenti de le rime[modifica]

Di tanti eccelsi e glorïosi eroi,
e delle belle e sí sagge eroine,
onor e pompa del Gallico regno,
qual, mia Musa, cantar ora t'inchine,
o qual pria dirai, o qual dapoi,
a tal che ti riesca il tuo disegno?
O questi, o quelle che tu canti, degno
canto sará, perché di nostr'etate
in lor è 'l pregio ed il perfetto onore,
ché 'n quelli albergan con ben saldo core
quante 'l sol vede doti piú lodate.

Canti XI de le lodi de la s. Lucretia Gonzaga ... Le III parche[modifica]

L'alto desir che 'n petto mi germoglia,
e vuol ch'io dica quant'i' vidi allora
ch'ebbe principio la penace doglia
ch'al cor cosí s'impresse e fe' dimora,
fin che rivolse al ciel ogni mia voglia
quella la cui vertute il mondo onora,
l'alto, dico, desir: – Ciò che vedesti, –
mi dice ogni or, – perché non manifesti?

Novelle[modifica]

  • Io porto ferma openione, signori miei, che nostro Signore Dio vi abbia spirato la sua grazia a far la determinazione che conchiusa avete di non voler piú attendere a la pratica di dare una de le vostre signore figliuole per moglie al signor conte di Gaiazzo. Il parentado veramente è molto onorato e nobile, essendo il conte de la antichissima casa Sanseverina, che giá molti secoli ha posseduto e possede nel Reame di Napoli ducati, prencipati, contee e baronie e stati opulentissimi, da la cui stirpe sono usciti uomini eccellentissimi, cosí ne la milizia come in altre vertú.

Citazioni su Matteo Bandello[modifica]

  • Il "caldo d'amore" sapeva rendere astutissimi pure i "semplici". Così la pensava il domenicano Matteo Bandello. E raccontava la novella del "grosso e materiale" don Faustino invaghitosi di una giovane montanara di nome Orsolina. Il prete, pur di imparentare la ragazza con messer Domeneddio, ordì e lanciò dal pulpito la "favola" dello "spaventoso e terribilissimo augel griffone, il quale con un becco tanto duro e forte che smaglierebbe dieci corazze d'acciaio, a tutti quelli che immersi nel peccato sono... beccherà sì fieramente gli occhi che tutti senza speme di mai più poter guarire resteranno cechi" (vol. I, p. 676). Ma il buon sacerdote, pietoso dei propri parrocchiani, farà suonare la campana grossa tutte le volte che il rapace manigoldo di Dio si avvicinerà al villaggio: i montanari avranno così il tempo di coprirsi gli occhi con le mani; e il griffone, che "becca solamente gli occhi e non altrove", non avendo ove beccare "deposta la sua fierezza se n'anderà e più per quel giorno non tornerà" (p. 677). Resterà griffata, peraltro con soddisfazione, l'ingenua Orsolina. Messa sull'avviso dalla campana, la ragazza ficcherà la testa dentro il pagliaio. Don Faustino le si accosterà da dietro e le farà provare nel "debito solco" la potenza del "griffone drizzato" ovvero del "piviolo col quale si sogliono piantar gli uomini": "in guisa che don Gianni di Bortolo a la commar Zita attaccò la coda", nel Decameron (IX, 10). (Salvatore Silvano Nigro)

Note[modifica]

  1. Soprannome del filosofo e umanista Pietro Pomponazzi.
  2. Da Novelle; citato in Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, XII Orad - Pere, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1984, p. 1064.

Bibliografia[modifica]

  • Matteo Bandello, Alcuni fragmenti de le rime, Canti XI de le lodi de la s. Lucretia Gonzaga ... Le III parche, Le tre parche, Novelle, in "Tutte le opere di Matteo Bandello", Mondadori, 1943.

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