Matteo Berrettini

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Matteo Berrettini al Torneo di Wimbledon nel 2019

Matteo Berrettini (1996 – vivente), tennista italiano.

Citazioni di Matteo Berrettini[modifica]

  • Da bambino, con mio fratello, facevamo finta di affrontarci nella finale di uno Slam, il tennis è nel mio dna, i miei nonni giocano ancora.[1]
  • Le persone intorno a me oggi si aspettano che io vinca. Io mi aspetto di vincere. [2]
  • [Commento a caldo dopo aver raggiunto, primo italiano a farlo, la finale del Torneo di Wimbledon battendo Hubert Hurkacz] Non ci sono parole, mi serviranno un paio di ore per realizzare quello che è successo.[2]
  • Quando le mie armi funzionano, quando la testa mi accompagna, posso fare male, sono davvero pericoloso.[2]

«Con Sinner c'è una sana rivalità»

Intervista di Gaia Piccardi, Sette, novembre 2021, in corriere.it, 2 gennaio 2021.

  • [Matteo, si racconti attraverso i suoi oggetti e i suoi simboli.] Il più importante è la rosa dei venti, il pendaglio che porto al collo, regalo di mia madre per un compleanno: è un ciondolo troppo lungo per giocarci, quando entro in campo lo appoggio sulla panchina, è un modo per portare la mia famiglia sempre con me. Mi ricorda da dove sono partito: i primi tornei, le prime trasferte, le prime gioie e delusioni. E poi i punti cardinali sono fondamentali: mi aiutano a non perdere la bussola. Tanto che me li sono tatuati sul bicipite insieme alla data di nascita di Jacopo, mio fratello, e a un portafortuna brasiliano, l'equivalente del nostro cornetto rosso. Me l'ha fatto conoscere nonna Lucia, la mamma di mamma, che vive a Roma ma è nata in Brasile.
  • [Collane e anelli come aggancio alla vita vera.] Mi piacciono. La loro estetica mi appaga. L'anello a cui sono più legato me l'ha regalato Ajla, la mia ragazza australiana, tennista come me: ha valore anche perché dentro c’è incisa una data importante.
  • [Tutti hanno un lato oscuro. Qual è il suo?] Non credo di avere maschere spesse. Credo di essere quello che sembro. Ci sono stati dei momenti, in passato, in cui non mi sono piaciuto: uscivo troppo, ero single e mi divertivo, trascurando il tennis. In generale ho una buona considerazione di me stesso, certo potrei essere migliore. Una stupidaggine, che poi non lo è: mio fratello chiama tutti i giorni i miei genitori, io non lo faccio. Penso a mia madre e so quanto ci tiene. Non mi forzo, perché ne uscirebbe una telefonata innaturale. Però sono i miei, cazzarola, mi hanno dato tutto e io li amo immensamente. E falla, una telefonata in più, Mattè, mi dico. C'è stato un tempo in cui ho chiesto e preteso il mio spazio e a volte quello spazio diventa una distanza troppo larga. Colpa mia. 
  • [Un pregio e un difetto.] Sono impietoso con me stesso. Ma tanto, tanto, tanto. Faccio tutto io: mi rompo le palle da morire. 
  • [È il pregio o il difetto?] Eh, bella domanda... Tenersi sotto pressione aiuta a migliorarsi però sono capace di non perdonarmi il minimo errore. 
  • [Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa.] Qui a Montecarlo, lo scorso aprile, rientravo da un lungo stop per uno strappo agli addominali. Ho giocato e perso, senza lottare come mi ero ripromesso. Per quattro giorni mi sono insultato a morte per non essere stato quello che avrei voluto. Vincenzo, il coach, mi diceva: tranquillo, Matteo, è normale. E io a darmi del coglione senza pietà. Però da questo atteggiamento è nata una stagione super: le vittorie, i quarti di finale a Parigi e New York, la finale a Wimbledon, le Atp Finals. La cosa bella è che, quando prendo una batosta, per quanto sia forte, reagisco positivamente. Rimbalzo quasi sempre all’insù.
  • [Cosa la fa infuriare?] La violenza, di qualsiasi tipo. Se cogliessi in flagrante uno che lascia la cicca della sigaretta sulla spiaggia, potrei non rispondere di me.
  • [Il suo mental coach, Stefano Massari, dice di lei: Matteo è capace di scavare dentro di sé finché non trova il cielo. Qual è il suo cielo, Berrettini?] Scavarmi dentro è una mia specialità. Scavandomi dentro sono diventato, partendo da zero, numero 7 del mondo. È così che trovo le motivazioni extra per fare un passo in più, migliorarmi, crescere. Ci credo veramente: prima o poi voglio alzare la coppa del primo posto di uno Slam, non del secondo.
  • [Jannik Sinner la incalza in classifica e ha 5 anni in meno di lei. L'avvicinamento del predestinato la preoccupa, in vista di un inevitabile derby?] Non mi preoccupa, mi stimola. E mi dà forza. Con Jannik c’è un buon rapporto e una sana rivalità, che farà bene ad entrambi.
  • [Qual è la sua idea di felicità su questa terra, Matteo?] Stare bene con quello che ho. Da vecchio non credo che sarò il tipo nostalgico che passa le giornate a contare coppe e trofei. Lungo il percorso vedo una moglie, un figlio, una famiglia, una casa. Oggi lo sport ha il potere di rendere felici tante persone che mi circondano e io, spesso, sono felice se gli altri sono felici. Però poi mi ricordo il senso di pace che provo davanti al mare. E allora penso che la felicità sia un tramonto con Ajla e una birra in mano».

Note[modifica]

  1. Citato in Gaia Piccardi, Magico Berrettini osa sfidare Djokovic: «Porterò il tricolore, mi aiuterà a crederci», Corriere della Sera, 10 luglio 2021.
  2. a b c Citato in Giorgia Mecca, Il primo italiano in finale a Wimbledon. Berrettini non è lì per caso Da underdog ad avversario da battere, con le sue vittorie sull'erba ha già riscritto parte della storia di questo sport per il nostro paese, Il Foglio Quotidiano, 10 luglio 2021.

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