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Michel de Certeau

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Michel de Certeau (1925 – 1986), gesuita e storico francese.

Citazioni di Michel de Certeau

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  • Oggi, le costrizioni imposte dall'economia internazionale e dallo sviluppo tecnologico creano spesso un sentimento di fatalità. La fiducia di poter gestire e migliorare queste costrizioni diminuisce, e dunque viene meno la ragione medesima della politica. Si ritorna allora al religioso per attendere una salvezza che venga dal di fuori, o per consenso a una situazione che sfugge al controllo umano, o per un ritorno a convinzioni interiori che non possono più tradursi in interventi socio-politici. Il religioso sarebbe la radicalizzazione di una impotenza storica. Comunque sia [...], rimane un problema centrale che schematizzerei brutalmente così: il religioso manifesta interrogativi fondamentali, ma non è più capace di gestirli.[1]
  • [Pierre Favre] Pellegrino che non arrivava mai, ma che non si fermava [...] Tutto l'attira, niente lo soddisfa. Tutto l'arresta, niente lo trattiene. [...] Quest'umile santità e questa inquieta lucidità gli hanno attirato innumerevoli amici, sicuri di essere rispettati e compresi, senza aver da temere di ingannarlo o di essere smarriti. Senza rumore, Favre continua a farsi degli amici. È questa una vocazione particolare, che la pubblicazione del suo Memoriale naturalmente prolunga.[2]

La scrittura dell'altro

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  • Il citato è frammentato, riutilizzato e maneggiato in un testo; vi è alterato. Ma in questa posizione in cui non ha più un suo specifico, esso resta suscettibile di riportare, come in un sogno, un'inquietante estraneità: potere surrettizio e e alterante del rimosso.
  • In questo luogo sconsacrato [Nei territori dei nativi americani], abbandonato dalla credenza, la teoria ha tuttavia la forma di una storia che non si confessa. Essa vi si produce come autonoma, ma negando la storicità "credente" di cui prende il posto e da cui dipende ancora.
  • La struttura interna del discorso fa chicane. Produce un tipo di lettore: un destinatario citato, identificato e istruito proprio dal fatto di essere posto nella situazione della cronaca di fronte a un sapere. Organizzando lo spazio testuale, essa stabilisce un contratto e organizza uno spazio sociale. Da questo punto di vista il discorso fa quello che dice. È performativo.
  • La teoria non ha luogo nel tempo e nello spazio. È un non-luogo. L'origine è una forma (una rete di rapporti formali) e non una data, un personaggio o un libro della storia. Consiste più in ciò che la ricerca scientifica si dà come regole di lavoro che in ciò che riceve come legge di una storia.

La debolezza di credere

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  • Il legno della croce, corpo immobile nel silenzio notturno, sarà ricoperto domani dalla gloria del risorto. Allora sarà l'ora del riposo.
  • L'atteggiamento del raccoglimento corporale, non più che la «stazione» in piedi, non è un arredo dell'anima o un semplice commentario fisiologico.
  • La preghiera privilegia alcuni aspetti e alcune manifestazioni della vita psicologica; costruisce in questo modo, grazie ai resoconti di tanti itinerari spirituali, una «carta» analoga alle «carte del paese dell'amore» disegnate seguendo le avventure amorose.
  • Le mani, anch'esse, dicono la preghiera. Fatte per l'aratro, la macchina da scrivere o la fresatrice, come potrebbero non continuare, nell'orazione, a legare l'uomo a ciò che lo circonda?
  • Se la preghiera aspira ad incontrare Dio, l'appuntamento è sempre fissato sulle terre dell'uomo, all'incrocio del suo corpo e della sua anima.

Note

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  1. Da Anticipazioni. De Certeau, un gesuita fra gli yankee. avvenire.it, 6 febbraio 2014.
  2. Da Politica e mistica: questioni di storia religiosa, Jaca Book, Milano, 1975, pp. 26-28. Citato in Carlo Ossola, Historien d'un silence: Michel del Certeau, in Fabula mistica: XVI-XVII secolo, nuova edizione italiana a cura di Silvano Facioni, con un saggio di Carlo Ossola, Jaca Book, Milano, 2008, p. XXVIII, nota 5. ISBN 978-88-16-40823-4

Bibliografia

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  • Michel de Certeau, La scrittura dell'altro, traduzione di Silvana Borutti, Raffaello Cortina, Milano 2005.
  • Michel de Certeau, La debolezza di credere. Fratture e transiti del cristianesimo, Città aperta, Troina (EN), 2006.

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