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Modi di dire caggianesi

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Castello normanno di Caggiano

Raccolta di modi di dire caggianesi.


Indice
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Note · Bibliografia · Voci correlate
  • À nghiùs li vùoi. (p. 27)
Ha rinchiuso i buoi.
Non ha più preoccupazioni.
  • Bongiòrn a r fràsch, rèss la cràpa mbàcc' a lu vòsch. (p. 35)
Buongiorno alle fronde – disse la capra – rivolta al bosco.
Si ripete questa frase quando si arriva in un posto, ci si fa sentire e nessuno risponde.
  • Cà nùn z mòor, pp quìss! (p. 37)
Che non si muore, per codesta cosa!
È una cosa da niente.
  • Chè, àia ì a passà l'Òfand? (p. 41)
Che, devi andare a guardare l'Ofanto?
Lo si dice a chi indossa scarponi o grossi stivali o comunque abbondanti indumenti.
  • Dìi lu crèsca e Sànd Martìn. (p. 66)
Dio e San Martino lo facciano crescere bene.
Espressione augurale.
  • È chìn r vacandarìa. (p. 69)
È pieno di vacuità.
Per non dire che è vuoto.
  • È ghiùt r'acìt. (p. 71)
È diventato aceto.
Con riferimento sia al vino ai in senso esteso a una persona che non ragiona più bene come prima.
  • Fàc' còppl e cappìedd.
Fa berretti e cappelli.
Tratta male le cose e anche le persone che tocca.
  • Fàc' lu sèchtasùrrc'. (p. 81)
Fa lo "spaventa-topi".
Fa un mestiere inutile.
  • Iàm fìn a Pietraàlla pp na mangiàta r taràll? (p. 89)
Andiamo fino a Pietragalla per una mangiata di taralli?
  • Ìett pp mm ddrrupà e truvài chiùsa la pòrta r lu Frainàr. (p. 90)
Andai per diruparmi e trovai chiusa la porta del Frainaro.
  • Li cavzùn a zòmba fùoss. (p. 105)
I pantaloni a salta-fossi.
Pantaloni che non arrivano alle scarpe.
  • Lu varvìer r la Ptìna t fàc' la vàrva e t rài pùr r ccastàgn'. (p. 119)
Il barbiere di Petina, ti rade e ti dà pure un po' di castagne.
Lo sui dice quando oltre ad essere serviti, si ottiene anche qualche regalo.
  • Na bòtta a lu cìrchi e n'àta a lu tumbàgn'. (p. 133)
Un colpo al cerchio di ferro e un altro al fondo della botte.
Destreggiarsi, barcamenarsi. Cfr. cerchiobottismo.
  • Pp na fèdda r trìppa. (p. 160)
Per una fetta di trippa.
Per poco spazio, per poco tempo, per poco valore, per poca distanza.
  • Pùozz avè na fòca ngànna. (p. 162)
Che tu possa essere strozzato.
  • Quìss paccèia. (p. 175)
Costui fa il pazzo.
Gli dà di volta il cervello.
  • Quìss vòl fà l'arefc'. (p. 175)
Costui vuole fare l'orefice.
Vuole andare per il sottile.
  • Ròpp Pasca vìenm pèsca. (p. 182)
Dopo Pasqua vienimi a pescare.
Dopo le feste non mi troverai più.
  • Sìm rumanùt Crìcch, Cròcch e Mà-n-ch r'angìn. (p. 195)
Da una famiglia numerosa, siamo rimasti tre e mal ridotti.
  • Tèh, fàtt la vòcca, tu pùr. (p. 211)
Eccoti, rifatti la bocca anche tu.
Porgendo qualcosa da mangiare a qualcuno, di solito un assaggio.
  • Tròppa hràzia, Sand'Andònii! (p. 223)
Troppa grazia (mi hai concesso), o Sant'Antonio![1]
Frase detta da un vecchietto che si era rivolta al santo perché non riusciva a salire sull'asino: quando raccolse le sue ultime forze e fece un ultimo tentativo, si sbilanciò e cadde dall'altro fianco della bestia.
  • Tuvàgl' e bandsìn a Caggiàn nn sapìm. (p. 223)
Tovaglioli e grembiuli, a Caggiano ci conosciamo.
Tutti noi paesani a Caggiano ci conosciamo, per cui è inutile darsi arie o vantare origini diverse.
  • Uastà ru fflàt. (p. 224)
Guastare ciò che è stato intessuto.
Distruggere il bene fatto fino a quel momento.
  • Vài a càsa fàtta. (p. 234)
Va a casa fatta.
Va in un posto che conosce, dove è tutto già preparato e pronto e, magari, dove è anche atteso.
  • Vattròva si à capìt. (p. 230)
Chissà se hai compreso.

Note

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  1. Antonio di Padova è il patrono di Caggiano.

Bibliografia

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  • Raffaele Vecchio, Parlàm lu ndialètt! Parliamo in dialetto!, Edizioni Cantelmi, Salerno, 1997.

Voci correlate

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