Monte Cavo

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Monte Cavo in un dipinto di Friedrich Loos (1854)

Citazioni sul Monte Cavo, chiamato anche Monte Albano.

Gustavo Giovannoni[modifica]

  • Che cosa rimane ora di tanta grandezza, poi che sopra vi è passato il Medio Evo muscoso, e tanta attività negativa di demolitori si è esercitata sui monumenti, a Monte Cavo per l'opera degli eremiti, dei Trinitari e dei Passionisti, nei paesi laziali per il sorgere invadente di nuovi centri?
    Due cose restano che non possono perire. Rimane il ricordo di una gloria magnifica, di una civiltà in cui si è espresso lo spirito della nostra stirpe e che continua attraverso i tempi e le vicende mutevoli: ricordo e civiltà che hanno per nome Roma. E rimane tutta una bellezza naturale che intorno alla verdeggiante montagna si svolge mirabilmente fascinatrice, ridente e vivace dappresso, nei castagneti e nei vigneti fecondi, nei bei laghi che sembrano goccie di rugiada nel cavo di una foglia, ampia e solenne nel grande anfiteatro lontano: nella pianura soffusa di viola al tramonto che si chiude con la fascia d'acciaio del mare, nella cerchia dei monti, dal Circeo alla Semprevisa ed al Lupone, dal Viglio all'Autore ed al Midia, dallo Scalambra al Gennaro ed al Soratte.
  • Dopo tanta gloria «tutto ora tace». Ma a chi si abbandoni alla suggestione dei ricordi, ancora sembra, quando il vento urla e squassa la chioma dei grandi faggi che coronano la vetta [di Montre Cavo], di udire fusi in un unico clamore le salmodie dei sacerdoti che accompagnano il bianco toro al sacrificio, ed i canti dei pellegrini che salgono da ogni parte (e che forse non furono dissimili da quelli che ora ascoltiamo alla festa della Trinità sul Monte Autore), ed i gridi rauchi dei venditori, e lo strepito ferrigno dei soldati delle Mansiones albanae, e l'alto brusio della folla, che prende parte ai giuochi, alla gozzoviglia, ai ludi gladiatori, o saluta con entusiasmo i trionfatori coronati di mirto, forse nella speranza di averne doni, certo nella sicurezza della lor gloria perenne, della perenne durata del santuario insigne.
    Tutto ora tace; ma parlano gli sparsi ruderi.
  • In nessun luogo forse è così vivo il contrasto tra il carattere attuale ridente e piacevole e la solennità delle memorie quanto sulla vetta del Monte Cavo, la modesta cima dei colli Albani che leva tra il verde dei castagneti una corona maestosa di faggi. Ivi il convento massiccio è stato trasformato in albergo ed intorno all'albero gigante sono disposti i tavolini e le sedie del ristorante all'aperto. Il recinto, formato dai grandi blocchi dell'antico tempio, è circondato da un bel viale, percorrendo il quale si disnoda come in un cinematografo il magnifico panorama di tutto il Lazio.
  • Roma, modesto villaggio nato dalla unione dei vari nuclei abitati sorti sui colli presso il Tevere, ebbe nel Mons Albanus e nel suo vetusto santuario il suo grande centro politico, ganglio di quella confederazione che fu fondamento della sua progressiva, fatale potenza.

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