Paul Ricœur
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Paul Ricœur (1913 – 2005), filosofo francese.
Citazioni di Paul Ricœur
[modifica]- Il nostro titolo suggerisce un'alterità che non è – o che non è soltanto – un termine di paragone, un'alterità quindi che possa essere costitutiva dell'ipseità stessa. Sé come un altro suggerisce fin dall'inizio che l'ipseità del se stesso implica l'alterità ad un grado così intimo che l'una non si lascia pensare senza l'altra, che l'una passa piuttosto nell'altra – come diremmo in linguaggio hegeliano. Al «come» vorremmo annettere la significazione forte, legata non soltanto ad una comparazione – se stesso somigliante ad un altro –, ma ad una implicanza: sé in quanto... altro.[1]
- «Il simbolo dà a pensare»: questo aforisma che mi affascina dice due cose. Il simbolo dà: io non pongo il senso ma il simbolo lo offre; ma ciò che questo offre è «da pensare», offre di che pensare. A partire dalla donazione, la posizione: l'aforisma suggerisce insieme che tutto è già detto in enigma e tuttavia che bisogna sempre cominciare tutto e ricominciare nella dimensione del pensiero.[2]
- Io do alla parola simbolo un senso più ristretto che non gli autori, come Cassirer, i quali chiamano simbolica ogni apprensione della realtà fatta per mezzo di segni: dalla percezione al mito, all'arte, fino alla scienza; ed un senso più ampio degli autori i quali, a partire dalla retorica latina o dalla tradizione neoplatonica, riducono il simbolo alla analogia. Chiamo simbolo ogni struttura di significazione in cui un senso diretto, primario, letterale, designa per sovrappiù un altro senso indiretto, secondario, figurato, che può essere appreso soltanto attraverso il primo.[3]
- Noi raccontiamo delle storie perché in ultima analisi le vite umane hanno bisogno e meritano d'essere raccontate. Questa osservazione assume tutto il suo valore quando richiamiamo la necessità di salvare la storia dei vinti e dei perdenti. Tutta la storia della sofferenza grida vendetta e domanda d'esser raccontata.[4]
- Io sono irritato da coloro che mi presentano come filosofo protestante; io sono filosofo e protestante.
- Je suis irrité lorsqu’on me présente comme philosophe protestant, je suis philosophe et protestant.[5]
- Più che per la scuola della reminiscenza, questo fatto è indubbiamente vero per la scuola del sospetto. La dominano tre maestri che in apparenza si escludono a vicenda, Marx, Nietzsche e Freud. [...] Sotto la formula negativa, «la verità come menzogna», si potrebbero porre questi tre esercizi del sospetto. Ma il senso positivo di queste imprese siamo ancora lontani dall'averlo assimilato, siamo ancora troppo attenti alle loro differenze e alle limitazioni che i pregiudizi del loro tempo fanno subire ai loro epigoni ancor più che alle imprese stesse. Si relega allora Marx nell'economicismo e nell'assurda teoria della coscienza-riflesso; si riporta Nietzsche ad un biologismo e ad un prospettivismo incapace di enunciare se stesso senza contraddirsi; e Freud è accantonato nella psichiatria e gli si affibbia un pansessualismo semplicistico.
Se risaliamo alla loro intenzione comune, troviamo in essa la decisione di considerare innanzitutto la coscienza nel suo insieme come coscienza «falsa». Con ciò essi riprendono, ognuno in un diverso registro, il problema del dubbio cartesiano, ma lo portano nel cuore stesso della fortezza cartesiana. Il filosofo educato alla scuola di Cartesio sa che le cose sono dubbie, che non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia così come appare a se stessa; in essa, senso e coscienza del senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, è la volta per noi del dubbio sulla coscienza.
Ma questi tre maestri del sospetto non sono altrettanti maestri di scetticismo; indubbiamente sono tre grandi «distruttori»; e tuttavia anche questo fatto non deve ingannarci; la distruzione, afferma Heidegger in Essere e tempo, è un momento di ogni nuova fondazione, compresa la distruzione della religione, nella misura in cui essa è, secondo Nietzsche, un «platonismo per il popolo». È oltre la «distruzione» che si pone il problema di sapere ciò che ancora significano pensiero, ragione e perfino fede.
Ora tutti e tre liberano l'orizzonte per una parola più autentica, per un nuovo regno della Verità, non solo per il tramite di una critica «distruggitrice», ma mediante l'invenzione di un'arte di interpretare. Cartesio trionfa del dubbio sulla cosa con l'evidenza della coscienza; del dubbio sulla coscienza essi trionfano per mezzo di una esegesi del senso. A partire da loro, la comprensione è una ermeneutica; cercare il senso non consiste più d'ora in poi nel compitare la coscienza del senso, ma nella decifrazione delle espressioni.[6]
Note
[modifica]- ↑ Da Sé come un altro, p. 78.
- ↑ Da Il conflitto delle interpretazioni, p. 304.
- ↑ Da Il conflitto delle interpretazioni, p. 26.
- ↑ Da Tempo e racconto, vol. 1, traduzione di Giuseppe Grampa, Jaca Book, Milano, 2008, p. 123.
- ↑ Citato da Paul Ricœur : "Je ne suis pas un philosophe protestant", 13 gennaio 2016
- ↑ Da Della interpretazione. Saggio su Freud, pp. 46-48.
Bibliografia
[modifica]- Paul Ricoeur, Sé come un altro, a cura di Daniella Iannotta, Jaca Book, Milano, 1993. ISBN 881640325X
- Paul Ricoeur, Il conflitto delle interpretazioni, traduzione di Rodolfo Balzarotti, Francesco Botturi, Giuseppe Colombo, Jaca Book, Milano, 2007.
- Paul Ricoeur, Della interpretazione. Saggio su Freud, traduzione di Emilio Renzi, Il Saggiatore, Milano, 1967.
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