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Piano di partizione della Palestina

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Piano di partizione della Palestina

Piano di partizione della Palestina, approvato il 29 novembre 1947 dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite come Risoluzione 181 (II).

Citazioni sul Piano di partizione della Palestina[modifica]

  • Anche se non era soddisfatto della mappa dell'ONU, Ben Gurion si rese conto che in quelle circostanze – col rifiuto totale della mappa da parte del mondo arabo e dei palestinesi – la questione dei confini da tracciare sarebbe rimasta aperta. Ciò che importava era il riconoscimento internazionale del diritto degli ebrei ad avere un proprio Stato in Palestina. [...] Il previsto rifiuto del piano da parte degli arabi e dei palestinesi permise a Ben Gurion e alla leadership sionista di affermare che il piano ONU era lettera morta il giorno stesso in cui fu approvato – tranne, naturalmente, per quelle clausole che riconoscevano la legalità dello Stato ebraico in Palestina. I suoi confini, dato il rifiuto da parte palestinese e araba, «saranno decisi con la forza e non con la Risoluzione di spartizione», dichiarò Ben Gurion. (Ilan Pappé)
  • La partizione della Patria è illegale. Essa non sarà mai riconosciuta. La firma dell'accordo di partizione da parte di istituzioni e privati non ha valore. Essa non vincolerà il popolo ebraico. Gerusalemme era e sarà per sempre la nostra capitale. Eretz Israel sarà restituita al popolo d'Israele. Nella sua interezza. E per sempre. (Menachem Begin)
  • Una spartizione del paese – a stragrande maggioranza palestinese [nel 1947, circa i due terzi] – in due parti uguali si rivelò un disastro perché andava contro la volontà della popolazione indigena che costituiva la maggioranza. Con l'annuncio della propria intenzione di creare in Palestina due entità politiche uguali – ebraica e araba –, l'ONU violava i diritti fondamentali dei palestinesi e non teneva in alcun conto gli interessi del mondo arabo per la Palestina, proprio al culmine della lotta anticolonialista nel Medio Oriente. (Ilan Pappé)

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