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Vincenzo de' Paoli

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San Vincenzo de' Paoli

San Vincenzo de' Paoli (1581 – 1660), presbitero francese.

Citazioni di Vincenzo de' Paoli

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  • Ah! Ho paura che questo dannato traffico di curie e di parrocchie, vendute come asini e cavalli al mercato, porti la Chiesa alla sua rovina. E chi, in questo reame, viene oggi nominato vescovo? Gran signori guerrieri e libertini, che a volte non hanno neppur ricevuto gli ordini, ma che, abbastanza ricchi per acquistare un vescovato, si permettono di rivestire la tonaca e gli ornamenti dei ministri di Dio!... Ah! Che il Signore ci aiuti ad abbattere simili istituzioni![1]
  • Sono stati i vizi dei preti la causa prima delle eresie.[1]

Epistolario

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Guardando al favorevole sviluppo dei miei affari, due anni fa, si poteva credere che la fortuna cercasse, contro ogni mio merito, di rendermi più invidiato che imitato: ma purtroppo essa voleva soltanto manifestare in me la sua natura incerta e volubile, trasformando la sua grazia in disgrazia e la buona in cattiva sorte.

Citazioni

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  • Madre mia, l'assicurazione che mi ha dato il sig. Saint-Martin della vostra buona salute, mi ha tanto rallegrato quanto invece mi affligge il dover rimanere ancora in questa città (Parigi) per riavere l'occasione di un mio avanzamento(che i disastri mi hanno tolto), perché non posso venir da voi ad usarvi quei servigi che vi devo. Ma spero tanto nella grazia di Dio, che egli benedirà la mia fatica e mi darà presto il modo di ritirarmi onoratamente e passare il resto dei miei giorni con voi. Avrei desiderato di sapere come vanno gli affari di casa e se tutti i miei fratelli stanno bene, e specialmente, se mio fratello Gayon si è ammogliato e con chi; di più come vanno gli affari di mia sorella Maria de Pailolle, e se ella vive ancora con suo cognato Bertrand. Quanto all'altra mia sorella credo che non possa esserne contenta. Bramerei inoltre che mio fratello facesse studiare qualcuno dei miei nipoti. Eccovi detto tutto ciò che potevo; vi dico che anche che prego per la vostra salute e per la prosperità della casa, come può fare colui che vi è e vi sarà, madre mia, il più umile, il più obbediente, il più devoto figlio e servo. (Alla madre, Pouy, 17 febbraio 1610, vol. I, p. 15)
  • Oh! Vi sono dei gran tesori nascosti nella santa Provvidenza e come onorano supremamente Nostro Signore quelli che la seguono e non vanno contro di Lei. Ho sentito dire recentemente da un grande del regno, ch'egli aveva bene imparato questa verità dalla propria esperienza, perché non avendo mai preso a fare di sua volontà altro che quattro cose, queste invece di riuscirgli, gli erano tornate a proprio danno. Non e forse vero, ed è cosa molto ragionevole, che voi non volete che il vostro servo a nulla intraprenda senza di voi e senza l'ordine vostro? E se ciò è ragionevole nella dipendenza di un uomo da un altro uomo, quanto a più forte ragione della creatura dal Creatore. (A Luisa de Marillac, 1629, vol. I., p. 43)
  • Madamigella, la grazia di Nostro Signore sia sempre con voi! Vi ringrazio della premura che avete avuto di scrivermi allo stato della Carità. Quando piacerà Nostro Signore che ci vediamo, mi direte l'interesse della comunità. Sarà raramente a proposito, che voi destiniate queste offerte ad uso di codesta povera gente. Mi pare che siate delle buone massaie, perché non spendete che circa mezzo scudo. Se voi ottenete il permesso di fondare la Carità dalla cancelleria del signor di Parigi, occorrerà che diate qualche cosa, ma se ve lo consegna il signor Guyard, fa niente. Vi potrete far mettere il piccolo sigillo che non costerà che cinque soldi. Ecco più di cinque donne. Prego Dio che ve ne mandi delle altre. Quanto ai mezzi, Nostro Signore vi provvederà. Per il nostro affare, mi pare ottima cosa che ne parliate con Madamigella du Fay; ma sul testo ch'egli vi chiede, domandate consiglio, se non vi dispiace, del come dovete rispondere e fatemi il favore di ringraziare Madamigella du Fay della sua gelatina e di dirle ch'io di salute vado sempre di bene in meglio e che la prego di chiedere a Dio, ch'io usi bene di questo miglioramento. Quanto a codesta povera figliola, che cosa domanda essa? Abbiate cura della vostra salute. Sono vostro umilissimo servo, V. D. P. (A Luisa de Marillac, 1630, vol. I., p. 54)
  • Eccovi dunque finalmente arrivato a Roma, dov'è il capo visibile della Chiesa militante, dove riposano i corpi di San Pietro e di San Paolo e di tanti altri martiri e santi che hanno altre volte dato il loro sangue e spesa tutta la vita per Gesù Cristo. O signore, come siete fortunato di posare i piedi sopra una terra dove hanno camminato tanti grandi e santi personaggi! Questa considerazione mi commuoveva talmente quando fui a Roma, trent'anni or sono, che quantunque fossi carico di peccati, non lasciavo d'intenerirmi anche fino alle lagrime, se ben ricordo. E credo, signore, che sia stata appunto questa stessa considerazione che vi mantenne forte e sano la notte che arrivaste a Roma, dove, dopo esservi tanto stancato per un cammino, a piedi, di trenta miglia, foste costretto a dormir sulla nuda terra ed a faticare il giorno appresso sotto l'ardore del sole, per entrar nella Città. Oh! Quanti meriti vi siete acquistati con questo mezzo! (A Francois Du Coudray, Roma, 20 luglio 1631, vol. I, p. 86)
  • Bisogna che voi sappiate che cioè è piaciuto alla bontà di Dio dare una benedizione specialissima e niente affatto immaginabile, agli esercizi dei nostri ordinandi. È stata una tal grazia che tutti quelli che vi sono passati, o Ia maggior parte, menano una vita quale deve esser quella dei buoni e perfetti sacerdoti. Ve ne sono anche parecchi notabili per nascita e per altre qualità che Dio ha posto in loro, i quali vivono così regolati nelle proprie famiglie, come noi viviamo in casa nostra e sono altrettanto e, forse, anche più interiori di alcuni di noi, non vi fossi che io solo. Hanno tutto il loro tempo regolato, fanno l'orazione mentale, celebrano la santa messa, fanno l'esame di coscienza tutti i giorni come noi. Si dedicano a visitare gli ospedali e le prigioni, dove catechizzano, predicano, confessano e lo stesso fanno nei collegi con singolari benedizioni di Dio. Fra molti altri, ve ne sono dodici o quindici in Parigi, che vivono a questo modo e sono persone distinte per nascita, e ciò comincia ad esser conosciuto dal pubblico. Ora appunto, questi giorni passati, uno di essi parlando del metodo di vita che tenevano coloro che insieme con lui avevano avuto gli esercizi degli ordinandi, espose un suo pensiero di volersi cioè tutti unire a guisa di assemblea o di compagnia, il che è stato fatto con particolare soddisfazione di tutti gli altri. E lo scopo di detta assemblea è di attendere alla propria perfezione, di procurare che Dio non sia punto offeso, ma conosciuto e servito nelle loro famiglie e di cercare la sua gloria nelle persone di chiesa e fra i poveri; e tutto ciò sotto la direzione di una persona di qui dentro, dove essi devono adunarsi ogni otto giorni. E perché Dio ha benedetto i ritiri che parecchi curati della diocesi hanno fatto qui, questi signori desiderano far lo stesso ed hanno realmente cominciato. Abbiamo dunque motivo di sperare grandi beni da tutto questo, se piace a Nostro Signore benedire l'opera sua che raccomando particolarmente alle vostre preghiere. (A Francois Du Coudray, Roma, 13 giugno 1633, vol. I, p. 158)
  • O Signore, come siamo felici noi che onoriamo la parentela povera di Nostro Signore per mezzo della nostra, pur povera e misera! Con consolazione, dicevo appunto in questi giorni passati predicando in una comunità, che sono figlio di un povero lavoratore e di un'altra compagna, che ho guardato i porcellini. Lo credereste ch'io temo d'averne un po' di vanagloria, a causa della pena che la natura ne soffre? È vero che il diavolo è molto fine ed accorto, ma lo è più colui che si tiene onorato della povera condizione del Bambino di Betlemme e di quella dei suoi santi parenti. (Ad un prete della missione, 1633, vol. I, p. 160)
  • Monsignore, seppi che voi desideravate sapere tre cose da noi. Non avendo potuto, allora, aver l'onore di rispondervi, perché me n'andavo in campagna, lo facevo ora ed ecco che cosa vi dico. Prima di tutto: noi siamo interamente sotto l'obbedienza dei nostri signori prelati per andare in qualunque luogo delle loro diocesi, dove ad essi piacerà andare a predicare, catechizzare e ad indurre la povera gente a fare la confessione generale. Poi il nostro compito è di insegnare l'orazione mentale, la teologia pratica e necessaria e le cerimonie della Chiesa a coloro che devono ricevere l'ordine sacro, dieci o quindici giorni avanti l'ordinazione, e di ospitarli da noi dopo che sono diventati preti, affinché rinnovino i devoti affetti che il Signore aveva dato loro nelI'ammetterli agli ordini. In breve, noi siamo come i seni del centurione del Vangelo rispetto ai monsignori prelati in questo, che se essi ci dicono: andate, siamo obbligati ad andare; se essi ci dicono: venite, noi siamo obbligati a venire; fate la tal cosa, e noi siamo obbligati i farla. Di più siamo sottomessi aIle loro visite e correzioni, come i curati e i vicari di campagna, quantunque, per conservare l'uniformità degli spiriti, vi sia un superiore generale al quale i missionari devono obbedire quanto alla disciplina domestica. Ecco, Monsignore, come viviamo coi nostri signori prelati. (Al Vescovo di Beziers, ottobre 1635, vol. I, p. 235)

Conferenze

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Lo stato del missionario è una condizione di vita conforme alle massime evangeliche e consiste nel lasciare e abbandonare tutto come gli apostoli, per seguire Gesù Cristo e fare ciò che Egli stesso ha fatto.

Citazioni

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  • Trovandomi in una cittadina presso Lione, dove la Provvidenza mi aveva chiamato a fare il parroco, una domenica, mentre mi vestivo per celebrare la messa, vennero a dirmi che, in una casa isolata ad un quarto dl lega di distanza, tutti erano ammalati senza che rimanesse una sola persona per assistere gli altri, e tutti erano in una miseria da non dirsi. Ne fui grandemente commosso, e non mancai dl raccomandarli, nella predica, con tutto l'affetto, al mio popolo; e Dio, toccando il cuore di quelli che mi ascoltavano, fece si che tutti fossero presi da compassione per quei poveri sventurati. Nel pomeriggio tenemmo un'adunanza in casa dl una buona signorina della parrocchia per vedere quali soccorsi fosse possibile portar loro, e ognuno si disse disposto ad andare a consolarli e ad aiutarli secondo i propri mezzi. Dopo il vespro, presi con me un galantuomo della parrocchia e insieme ci mettemmo in cammino verso quella casa. Per la via incontrammo diverse donne che ci precedevano, e un po' più avanti, altre che tornavano. Poiché era estate e faceva molto caldo, alcune di quelle signore si erano fermate lungo la via per riposarsi e rinfrescarsi. Per dirla in breve ve n'erano tante che l'avreste detta una processione. Appena arrivato visitai gli ammalati e andai a prendere il Santissimo Sacramento per quelli che mi erano sembrati in uno stato più grave, quando Ii ebbi confessati e comunicati si trattò dl vedere che cosa fare per soccorrerli nelle loro necessità. Proposi a tutte le buone persone che la carità aveva spinto a recarsi colà, di impegnarsi, un giorno per una, a far da mangiare ad essi, e non solo ad essi ma a quanti in avvenire si fossero trovati in una simile necessità. È cosi che è nata la prima "Carità". In seguito fui chiamato a venire qui. Dopo qualche tempo, andando in missione a Villepreux, che i un villaggio a cinque o sei leghe da Parigi, avemmo l'occasione dl stabilirvi la Carità: fu la seconda. Quindi fu data la possibilità di istituirla anche a Parigi, e San Salvatore fu la prima parrocchia ad averla. Dopo vennero le altre principali parrocchie. (Alle Figlie della Carità, 13 febbraio 1646)
  • Non può avere lo spirito del Signore chi ha la smania di far vedere che è il superiore, il padrone. Non sono del parere di una persona che mi diceva, giorni fa, che per ben dirigere e conservare la propria autorità, è necessario mostrare di essere il superiore. Mio Dio! Gesù Cristo non parlò mal cosi; c'insegnò tutto il contrario, con le parole e con l'esempio; dicendoci che Egli stesso non era venuto per essere servito, ma per servire; e che deve farsi il servo di tutti chi vuol essere il primo. (Ad Antoine Durand, 1656, p. 277)
  • Voi andate a far conoscere a tutti, ai cattolici e agli eretici, la grande bontà di Dio. In modo che questi. quando vedranno che iI buon Dio ha tanta cura delle sue creature da istituire una Compagnia di persone che si dedicano pienamente al servizio dei poveri, cosa che non si trova affatto nella loro religione, saranno costretti a confessare che Dio è un padre buono. Ecco iI motivo per cui dovete andare in quel luogo, e anche per far conoscere la santità della religione cattolica agli eretici. Questa santità si mostra nel fatto che i suoi figli imitano la bontà di Dio Padre cercando di essere buoni con tutti come lui. (Alle Figlie della Carità, 26 agosto 1658)
  • Mi viene il dubbio se tutti i disordini che vediamo nel mondo non debbano attribuirsi ai preti. Ciò possa scandalizzare qualcuno, ma l'argomento chiede che lo dimostri, con la grandezza del male, l'inderogabilità del rimedio. Sono state tenute molte conferenze su tale questione; ma la conclusione è stata che la Chiesa non ha peggiori nemici dei preti. Da essi sono venute le eresie: ne sono esempi Lutero e Calvino che erano preti. E per colpa dei preti gli eretici prevalsero, il vizio ha regnato e l'ignoranza ha stabilito iI suo trono nel povero popolo; e ciò per la loro sregolatezza e per non essersi opposti con tutte le loro forze, secondo il loro Obbligo, a questi tre torrenti che hanno inondato Ia Terra. (Ai missionari, 6 dicembre 1658, pp. 416-17)
  • Prima di tutto ciascuno cercherà di fondarsi saldamente In questa verità, che la dottrina di Cristo non potrà mai ingannare, mentre la dottrina del mondo è sempre fallace dal momento che Cristo stesso afferma che quest'ultima e simile ad una casa edificata sulla sabbia, la sua invece si può paragonare ad una casa fondata sulla solida roccia. Per questa ragione la Congregazione farà professione di comportarsi sempre secondo le massime di Cristo e mai secondo quelle del mondo. (Ai missionari, 14 febbraio 1659, p. 437)
  • L'esercizio dl far sempre la volontà di Dio è il migliore di tutti perché comprende l'indifferenza e la purità d'intenzione e tutti gli altri modi praticati e consigliati; e se c'è qualche altro esercizio che conduca alla perfezione, si troverà eminentemente in questo. Chi è più indifferente di colui che fa la volontà di Dio in ogni cosa, che non ricerca mai se stesso in alcuna cosa e non vuole neppure quello che potrebbe volere, se non perché Dio lo vuole? C'è persona più libera e più disposta dl questa a compiere il beneplacito divino? (Ai missionari, 7 marzo 1659, p. 464)
  • Miei cari fratelli, l'art. 11 delle massime evangeliche dice: "In amore della vita comune Gesù Cristo volle menare per conformarsi agli altri". La sostanza di quest'articolo riguarda l'uniformità. L'uniformità è un vincolo che unisce fra loro i membri di una compagnia, formandone un solo corpo vivente, che ha le sue proprie operazioni. I missionari sono uniformi se si servono delle loro facoltà tutti nella stessa maniera. In quanto alle azioni morali bisogna trovare l'unanimità. Ma, Signore, com'è possibile? Siamo diversi l'un dall'altro nelle opinioni e nel modo di giudicare; chi vede le cose in un modo e chi in un altro. In quanto alle scienze dirò che la cosa è quasi impossibile, ma in quanto alla nostra vocazione dobbiamo aver tutti le stesse idee. Dobbiamo giudicare queste cose allo stesso modo ed essere uniformi nel praticarle. due esempi ci possono far capire meglio:
  1. il contrario dell'uniformità è il dividere: uno tira da una parte e l'altro dall'altra, ognuno fa come gli pare.
  2. l'altro contrario è di lasciarsi trascinare dalle false idee, dalle cattive abitudini che si osservano nel prossimo.
La nostra virtù è nel mezzo, essa ci fa avere uno stesso volere e non volere fra di noi, ed una santa tolleranza alle opinioni altrui. Un altro spunto viene da San Paolo ai Filippesi cap. 11: se taluno dice il suo parere, gli altri lo accolgano volentieri, approvandolo e credendolo migliore del proprio. Un altro esempio ci viene dalle api: formano una piccola comunità, hanno tutte la stessa forma, attendono allo stesso lavoro, cooperano allo stesso fine. Gesù nel farsi uomo volle abbracciare una vita comune nel conformarsi agli altri uomini, egli attinse dalle facoltà naturali dell'uomo: un intelletto, una volontà ed un giudizio simile alla nostra. L'uniformità genera l'unione della compagnia. È il cemento che ci unisce e ci spinge ad aiutarci l'un l'altro. OH, ME MISERABILE! Predico l'uniformità e sono io che vi manco! Ho una camera particolare ed un letto particolare; ho una piccola carrozza per andare di qua e di là. Dobbiamo dunque essere tutti uguali nel cibo, negli abiti, nelle stanze; ed inoltre essere uniformi nel modo di dirigere, di insegnare di predicare, di governare ed anche nelle pratiche spirituali. Ci guarderemo di volerci elevare al di sopra degli altri poiché ciò distrugge l'amicizia. Adattiamoci alla mediocrità. (Ai missionari, 23 maggio 1659, p. 533)

È vero che dalla pianta dei piedi alla cima del capo sento che aumentano. Ma, ahimè, quale conto dovrò rendere al tribunale di Dio, davanti al quale devo presto comparire, se non ne faccio buon uso!

Lettere e conferenze spirituali

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  • Dio ama i poveri, e, per conseguenza, ama quelli che amano i poveri. In realtà quando si ama molto qualcuno, si porta affetto ai suoi amici e ai suoi servitori. Così abbiamo ragione di sperare che, per amore di essi, Dio amerà anche noi.
  • Il servizio dei poveri deve essere preferito a tutto. Non ci devono essere ritardi. Se nell'ora dell'orazione avete da portare una medicina o un soccorso a un povero, andatevi tranquillamente. Offrite a Dio la vostra azione, unendovi l'intenzione dell'orazione. Non dovete preoccuparvi e credere di aver mancato, se per il servizio dei poveri avete lasciato l'orazione. Non è lasciare Dio, quando si lascia Dio per Iddio, ossia un'opera di Dio per farne un'altra. Se lasciate l'orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa. È una grande signora: bisogna fare ciò che comanda.
  • Non dobbiamo regolare il nostro atteggiamento verso i poveri da ciò che appare esternamente in essi e neppure in base alle loro qualità interiori. Dobbiamo piuttosto considerarli al lume della fede.
  • Se lasciate l'orazione per assistere un povero, sappiate che far questo è servire Dio. La carità è superiore a tutte le regole, e tutto deve riferirsi ad essa.
  • Sforziamoci perciò di diventare sensibili alle sofferenze e alle miserie del prossimo.
  • Tutti quelli che ameranno i poveri in vita non avranno alcuna timore della morte.

[AAVV, Liturgia horarum iuxta ritum Romanum, Typis Polyglottis Vaticanis, ed. italiana, Roma, 1972]

Citazioni su Vincenzo de' Paoli

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  • San Vincenzo de' Paoli è molto realistico: ha l'aspetto del contadino guascone, molto coriaceo: viso terribilmente energico, occhi neri focosi e bocca grande e forte. (Thomas Merton)

Note

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  1. a b Citato in Anne Serge Golon, Angelica la marchesa degli angeli, traduzione di Roberto Ortolani, Garzanti, 1964.

Bibliografia

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  • Vincenzo de Paoli, Epistolario, in Opere di Vincenzo de Paoli, Centro Liturgico Vincenziano, Roma, 2001, 9 voll.
  • Vincenzo de Paoli, Conferenze, in Opere di Vincenzo de Paoli, Centro Liturgico Vincenziano, Roma, 2008, ISBN: 978-88-7367-080-3.

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