Sangiovanni (cantante)
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Sangiovanni, conosciuto anche come Sangio, all'anagrafe Giovanni Pietro Damian (2003 – vivente), cantante italiano.
Intervista di Silvia Nucini, vanityfair.it, 19 gennaio 2022.
- Non abbiamo niente da perdere, ma abbiamo la voglia fortissima di cambiare il mondo – e lo faremo – ognuno cominciando dove può. A me è capitata la musica. Facciamo le cose per la prima volta: siamo più liberi, meno consapevoli. Ci stiamo prendendo, dove riusciamo, lo spazio che meriteremmo anche nella società, dove, invece, non esistiamo. Chi pensa a noi giovani?
- [Che effetto ti hanno fatto tutti questi cambiamenti?] Sono diventato più grande, più stronzo, più responsabile. Stronzo no, dai! Diciamo che sono cresciuto.
- [Se dico la parola «futuro» a te che cosa viene in mente?] Futuro mi fa pensare a un'altra parola, la parola speranza. E speranza a un'altra ancora: insieme. Per me le cose hanno valore solo se sono condivise e credo tantissimo nella forza che nasce quando le persone si uniscono e vanno nella stessa direzione. Quindi mettendo tutte e tre queste parole una dietro l'altra viene fuori quello che sogno: un futuro di condivisione.
- [Il futuro che immaginavi quando eri piccolo e il futuro di adesso si assomigliano?] Già allora sognavo di fare qualcosa di speciale che mi portasse ad avere una vita non inquadrata, non schematica, non totalmente regolare. Una vita diversa da quella che potevo immaginare di fare qui. Sono cresciuto, e vivo, a Grumolo delle Abbadesse, un paese di tremila abitanti nella campagna veneta: il posto è bellissimo, ma fino a qualche anno fa soffrivo per la mancanza di stimoli e per il fatto di sentirmi diverso dai miei coetanei. Adesso che quella vita che immaginavo la sto vivendo davvero, mi capita di sognare la normalità, la semplicità delle piccole cose. Ora mi capita di apprezzare anche la tranquillità del mio paesino.
- [È questa la vita che volevi da bambino?] Sognavo questo, sì. Non immaginavo certo la popolarità e le occasioni importanti. Sognavo una vita atipica, mi è successo di averla attraverso la musica, ma credo sarebbe potuto accadere anche in un altro ambito della creatività, per esempio la moda che mi piace molto. Comunque, non ho smesso di sognare, anzi. Ho moltissimi desideri da realizzare.
- [Dimmene uno.] Avere una casa tutta mia, con un grande giardino dove possa scodinzolare un cane che ancora non ho. E poi un altro, che riguarda tutti: un mondo in cui ci sia più amore, e meno ossessione per i valori legati al consumo e alla mercificazione.
- [Che cosa non ti ha fatto stare bene?] È stato magico quello che mi è successo, però quando sei così esposto, oltre all'amore ti arriva anche l'odio, e io ne ho ricevuto tantissimo. Insulti di ogni genere sui social per come mi vesto, per quello che scrivo. Mi hanno anche minacciato di morte e io mi sono fermato e mi sono chiesto: ma perché? È come se ci fosse un pezzo di mondo alla ricerca di qualcuno a cui dare le colpe di qualcosa. I cambiamenti che ho vissuto mi hanno dato moltissimo, però mi hanno anche fatto sentire più fragile. Ho dovuto cercare un nuovo equilibrio.
- [Ma a te, e a quelli della tua generazione, della politica frega qualcosa?] Esprimere un'idea è politica. E io penso di aver espresso a modo mio i valori a cui sono legato, come quello dell'inclusività e del rispetto per le diversità. So che, grazie al successo, posso mandare messaggi che arrivano a tanti, e so che questo è un modo per trasformare un gesto individuale in qualcosa di condiviso con altri. La mia generazione è libera dai preconcetti e dalle categorie. Sarebbe bello se i nostri messaggi fossero ascoltati di più anche dalle generazioni che sono venute prima della nostra.
«Una prof mi disse: non ce la farai. Canto per sfogarmi»
Intervista di Renato Franco, Corriere della Sera, 19 luglio 2022.
- La nostra è una generazione della determinazione, dell'accoglienza, della fluidità, siamo ragazzi che vogliono creare nuove cose, che vogliono entrare nel mondo degli adulti e poterci lavorare assieme. È bello vedere i giovani di oggi che capiscono la libertà di essere ciò che vogliono, stiamo sconfiggendo tabù che ci sono sempre stati e che probabilmente ci saranno ancora perché altrimenti non esisterebbe la trasgressione... Se non ci fossero delle regole nessuno proverebbe a cambiarle.
- Siamo una generazione virtuale, tecnologica: meno rapporti umani, più apparenza; meno interiorità, più guarda che bel fisico, guarda che bell'orologio. Se apri i social si perde la profondità delle persone, su 20 profili almeno 17 sono di persone che pensano ad apparire. Questa cosa mi spaventa.
- Io nei miei concerti non mi presento come l'artista davanti ai fan: siamo tutti ragazzi che sono lì per la stessa passione. Non me ne frega niente di tutta questa vibe da popstar, wow, ho fatto questo e quello, sono cazzate incredibili in cui la gente si perde.
- Ho iniziato a fare musica in un momento buio, ho pensato che la musica mi salvasse, e l'ha fatto. Ma poi a un certo punto mi sono sentito come prima, in un periodo non dei migliori, e la musica c'era. Significa che ci saranno sempre momenti in cui si cade, e non c'è da vergognarsi. Nei momenti no mi chiedevo: c'è chi non ha avuto la mia fortuna, perché perdo tempo a stare male? Ora tengo fissa una delle cose che mi ha insegnato il mio terapeuta: ogni sofferenza ha una sua dignità. cadere non è una cosa da temere, ma da gestire, da vivere, da lì puoi riuscire a volare, anche nuotando dentro alla tristezza e alla depressione.
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