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==''Il rap spiegato ai bianchi''==

*Chi ha il diritto di sentenziare su fonti di luce troppo lontane dall'umana portata? Be', chiunque. Lo spruzzo di luci nel cielo notturno è lassù, in lontananza: tutti possono vederle e invocarle. Il più splendido dei chiaroscuri, il firmamento, non riconosce le differenze di colore. Non altrettanto si può dire della cultura e della razza negli Stati Uniti al momento attuale. (1B, p.55)
*Chi ha il diritto di sentenziare su fonti di luce troppo lontane dall'umana portata? Be', chiunque. Lo spruzzo di luci nel cielo notturno è lassù, in lontananza: tutti possono vederle e invocarle. Il più splendido dei chiaroscuri, il firmamento, non riconosce le differenze di colore. Non altrettanto si può dire della cultura e della razza negli Stati Uniti al momento attuale. (1B, p.55)


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*Non solo il rap serio è vera poesia, ma, considerando la vastità del suo pubblico, la sua rilevanza all'interno del Grande Mercato Americano, il suo potere di stimolare e legittimare le iniziative artistiche di una giovane cultura urbana demotivata e poco scolarizzata che siamo stati tristemente incoraggiati a considerare inservibile, è molto probabilmente il fenomeno più importante nel panorama della poesia americana contemporanea. (3E, p.177)
*Non solo il rap serio è vera poesia, ma, considerando la vastità del suo pubblico, la sua rilevanza all'interno del Grande Mercato Americano, il suo potere di stimolare e legittimare le iniziative artistiche di una giovane cultura urbana demotivata e poco scolarizzata che siamo stati tristemente incoraggiati a considerare inservibile, è molto probabilmente il fenomeno più importante nel panorama della poesia americana contemporanea. (3E, p.177)


*La chiave era compiere azioni innocenti che per qualche motivo provocassero scontri e attentati altrimenti estranei alla quotidianità del regime di segregazione, ma impliciti nell'abiezione del sistema. «Per porre rimedio alla ingiustizie», diceva King,«occorre smascherarle di fronte alla luce della coscienza umana...» Occorre, in parole povere, provocare la brutalità per renderla drammatica. La drammaticità dà potere. (3F, p.185)
*La chiave era compiere azioni innocenti che per qualche motivo provocassero scontri e attentati altrimenti estranei alla quotidianità del regime di segregazione, ma impliciti nell'abiezione del sistema. «Per porre rimedio alla ingiustizie», diceva [[w:Martin Luther King Jr.|King]],«occorre smascherarle di fronte alla luce della coscienza umana...» Occorre, in parole povere, provocare la brutalità per renderla drammatica. La drammaticità dà potere. (3F, p.185)


*Perché i simboli forti devono partecipare della realtà. Chiedete a Tommaso d'Aquino: l'eucarestia non rappresenta Dio, è Dio. Com'è nella messa, così nei mass media. (3F, p.192)
*Perché i simboli forti devono partecipare della realtà. Chiedete a [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]]: l'eucarestia non rappresenta Dio, è Dio. Com'è nella messa, così nei mass media. (3F, p.192)


*Una vergogna doppia: la prima, per il desiderio in sé e per sé, la seconda per l'incapacità di soddisfarlo. (3F, p.197)
*Una vergogna doppia: la prima, per il desiderio in sé e per sé, la seconda per l'incapacità di soddisfarlo. (3F, p.197)


*Per il pubblico, in altre parole, il rapper deve essere letteralmente il fratello nero della porta accanto... solo che ora è un vicino di casa finito su un palco e diventato ricco e famoso, grazie al suo ''diritto'' di parlare a, di e per la comunità cui appartiene. (3G, p.200)
*Per il pubblico, in altre parole, il rapper deve essere letteralmente il fratello nero della porta accanto... solo che ora è un vicino di casa finito su un palco e diventato ricco e famoso, grazie al suo ''diritto'' di parlare a, di e per la comunità cui appartiene. (3G, p.200)

*Ma ora provate a immaginare che il buon vecchio affidabile [[w:Lionel Richie|Lionel]] canti in qualche modo di quanti soldi, quanta fica, quanto successo e prestigio spettino di diritto a lui e alle sue canzoni: una sorta di inno del tutto nuovo al ''giusto valore di mercato'' dell'inno stesso... be', scusatemi , ma questo sembrerebbe proprio al di là dei confini letterali di ciò che è arte, di ciò che ha qualche diritto di popolarità, e anche solo di ciò a cui valga la pena dedicare un po' del proprio tempo e del proprio udito, per non parlare del proprio denaro. O no? Probabilmente no, è questo il punto [...]. Sembra che nei bianchi ci sia da lungo tempo una certa reticenza caratteriale di stampo puritano che Ci mette a disagio di fronte all'aperta menzione degli stipendi e dei patrimoni, dei prezzi o del valore delle Nostre ''cose''. All'epoca dei miei genitori era semplicemente considerata una cosa volgare, una specie di grattata di palle verbale. È stato soltanto sotto la guida dei timonieri politici degli ultimi dieci anni che negli Stati Uniti le nuove generazioni bianche hanno cominciato a considerare la palese, famelica avidità come un atteggiamento di alla moda, a vedere il consumo come valore, e non solo come misura grezza del valore [...]. (3G, pp.203-204)

*La musica leggere, e forse qualunque forma d'arte popolare, non può più fungere da palliativo, dal momento che, alla fine, tutti i surrogati di «libertà» che tale arte inventa, sfrutta, plagia e logora assomigliano sempre più, oggi, alla COMPLETA LIBERTÀ di un carcerato di sbattere la testa finché vuole contro il muro della cella. (3G, p.208)

*La «libertà» diventa una non più un fatto qualitativo, ma quantitativo, quantificabile, una fredda funzione logica del luogo in cui ti trovi e di ciò su cui la puoi esercitare. (3G, p.208)

*In questo momento, negli Stati Uniti, per i cittadini non liberi la libertà si identifica col «potere». (3G, p.208)

*Ma se la vera libertà deve ancora essere intesa come qualcosa di più di questo, qualcosa di più della Ricerca della ''Yuppiness'', della felicità consumistica, allora questi sono tempi davvero patetici e intollerabili- specie per le comunità emarginate, cui l'iniqua mancanza di libertà ha imposto la convinzione che la libertà sia solo abbondanza. (3G, pp.208-209)

*Il rap, nel bene e nel male, non è che uno specchio. (3H, p.218)

Versione delle 20:59, 4 set 2019

Il rap spiegato ai bianchi

  • Chi ha il diritto di sentenziare su fonti di luce troppo lontane dall'umana portata? Be', chiunque. Lo spruzzo di luci nel cielo notturno è lassù, in lontananza: tutti possono vederle e invocarle. Il più splendido dei chiaroscuri, il firmamento, non riconosce le differenze di colore. Non altrettanto si può dire della cultura e della razza negli Stati Uniti al momento attuale. (1B, p.55)
  • I testi, quasi sempre autoreferenziali, tendono a essere variazioni su una mezza dozzina circa di temi fondamentali, temi che al primo ascolto, più che estranei e scioccanti, puramente noiosi. Es.: quanto sono tosti/fichi/mitici/cazzuti il rapper e i suoi testi, quanto i suoi rivali sono ugualmente privi di queste sue doti; quanto siano fastidiose, stupide e avide le donne; quanto sia splendido essere «pagati a dovere» per rappare invece di dover rubare o spacciare; come le gang siano famiglie a tutti gli effetti, e come la coca porti con sé sempre brutte notizie. E, in particolare, come il sesso, la violenza e i giocattoli da yuppie rappresentino perfettamente il cammino di vita del ragazzo nero metropolitano verso la gloria americana dei tardi anni Ottanta. (1B, p.62)
  • Il fascino che l'aspetto vagamente minaccioso del rap porta con sé. Il fatto che i pochi bianchi affacciati a quella finestra amino il rap non senza imbarazzo e ambivalenza nulla toglie all'autenticità dell'amore. È una forma di perversione? Una specie di masochismo extralusso da yuppie? Una sorta di «non c'è rosa senza spine»? O è un po' come fare la corte a una ragazza non malgrado ma per il fatto che lei non vuole avere niente a che fare con te -e in particolare con una certa parte di te? (1B, p.70)
  • I dati di fine millennio indicano chiaramente che, laddove l'amore, la devozione e la passione sembrano solo in grado di dividere, ora sono la paura e la stranezza che legano le folle, riempiono le sale, e in qualche modo uniscono Noi, il pubblico, sotto il grande tendone. (1B, pp.70-71)
  • E perfino Barnum, che sapeva bene che la paura vende, sapeva anche che i fenomeni da baraccone non sono spaventosi quando la mostruosità soppianta completamente l'umana somiglianza. 0% di affinità = 0% di empatia. E perché si provi paura c'è bisogno di empatia almeno tanto quanto di minaccia e pericolo [...] È qui che il rap si colloca a un livello superiore rispetto al puro spettacolo: nel rap hardcore l'ideologia nasce sempre da un episodio o da una condizione ben precisa, e la rabbia, dunque, da una causa, la minaccia da qualche forma di provocazione riconoscibile (almeno agli occhi di chi è interno alla Scena). E questo rende il rap non solo migliore del punk, ma anche molto più spaventoso. (1B, p.75)
  • «Harvard, prego», mi dice uno.
    Alzo lo sguardo dall'ombelico che mi sto contemplando. «Come dice, scusi?»
    «Dov'è Harvard», dice il tipo, mentre i turisti alle sue spalle annuiscono tutti con educata serietà.
    Ora, la Widener Library è la biblioteca centrale di Harvard, situata nel bel mezzo di Harvard Yard, che è a sua volta al centro geografico dell'università di Harvard. Perciò, inclino un po'la testa e gli dico:«Be', è tutto intorno a voi, tutto questo è Harvard, ci state camminando proprio in mezzo».
    Tengono un consulto. «Ma noi stiamo cercando Harvard», mi dice infine un altro membro del gruppo, con enfasi che implica: lei non ha capito! Resto sconcertato [...]. Ovviamente, dopo una serie di sforzi semiotici, viene fuori che stanno cercando un singolo -un qualunque- punto di Harvard univocamente identificabile come tale, una buona vecchia venerabile sineddoche, un qualche tipo di souvenir visivo di Harvard che possano fotografare e poi,una volta a casa, mettere sotto il naso agli amici e che non distinguerebbero Harvard da un fosso, dicendo:«Guarda, questa è Harvard». (1B, pp.79-80)
  • Per la gente che non ne fa parte, una comunità è una cosa, non un luogo. (1B, pp.80)
  • D:«Qual è la differenza fra un telescopio e uno stereotipo?»
    R:«Dipende da che parte del telescopio stai guardando». (1B, pp.80)
  • Sembra che lo stereotipo e la sineddoche funzionino più o meno secondo la stessa procedura di editing a distanza, gonfiando una Parte unitaria fino a elevarla a rappresentante di un Tutto complesso; l'unica vera e definitiva differenza sta nella quantità di aria usata per gonfiare la Parte. (1B, pp.81)
  • Anche l'arte più potente può muovere solo ciò che è mobile. (1B, p.91)
  • La gente ci urtava senza ostilità e senza chiedere scusa. [...] Non raggiungevamo neppure la dignità di intrusi: la nostra presenza era così vistosa che diventavamo invisibili. E provavamo una strana delusione. Avevamo scaricato le ragazze, ci eravamo vestiti da duri, ci eravamo preparati ad andare incontro a Seri Guai in nome dell'Arte. Eravamo abituati a esistere, che cazzo. Sì, siamo riusciti a farci squarciare le gomme della macchina in nome dell'Arte, ma ciò significa soltanto che avevano notato la nostra Ford Pinto bianca. O forse neanche quello: i vandali hanno colpito tutto il parcheggio. (2A, pp.100-101)
  • Il gruppo rap quintessenziale è del tutto anti-quintessenziale e camaleontico. O questo accade per qualche strano progetto, o è un sintomo e un simbolo di quella impersonalità che va attualmente tanto di moda... o, più verosimilmente, è solo una buona vecchia venerabile sineddoche della musica rap come genere: un genere che si sta evolvendo così velocemente che non riesce neppure a stabilire davvero la propria identità. (2E, p.146)
  • Non solo il rap serio è vera poesia, ma, considerando la vastità del suo pubblico, la sua rilevanza all'interno del Grande Mercato Americano, il suo potere di stimolare e legittimare le iniziative artistiche di una giovane cultura urbana demotivata e poco scolarizzata che siamo stati tristemente incoraggiati a considerare inservibile, è molto probabilmente il fenomeno più importante nel panorama della poesia americana contemporanea. (3E, p.177)
  • La chiave era compiere azioni innocenti che per qualche motivo provocassero scontri e attentati altrimenti estranei alla quotidianità del regime di segregazione, ma impliciti nell'abiezione del sistema. «Per porre rimedio alla ingiustizie», diceva King,«occorre smascherarle di fronte alla luce della coscienza umana...» Occorre, in parole povere, provocare la brutalità per renderla drammatica. La drammaticità dà potere. (3F, p.185)
  • Perché i simboli forti devono partecipare della realtà. Chiedete a Tommaso d'Aquino: l'eucarestia non rappresenta Dio, è Dio. Com'è nella messa, così nei mass media. (3F, p.192)
  • Una vergogna doppia: la prima, per il desiderio in sé e per sé, la seconda per l'incapacità di soddisfarlo. (3F, p.197)
  • Per il pubblico, in altre parole, il rapper deve essere letteralmente il fratello nero della porta accanto... solo che ora è un vicino di casa finito su un palco e diventato ricco e famoso, grazie al suo diritto di parlare a, di e per la comunità cui appartiene. (3G, p.200)
  • Ma ora provate a immaginare che il buon vecchio affidabile Lionel canti in qualche modo di quanti soldi, quanta fica, quanto successo e prestigio spettino di diritto a lui e alle sue canzoni: una sorta di inno del tutto nuovo al giusto valore di mercato dell'inno stesso... be', scusatemi , ma questo sembrerebbe proprio al di là dei confini letterali di ciò che è arte, di ciò che ha qualche diritto di popolarità, e anche solo di ciò a cui valga la pena dedicare un po' del proprio tempo e del proprio udito, per non parlare del proprio denaro. O no? Probabilmente no, è questo il punto [...]. Sembra che nei bianchi ci sia da lungo tempo una certa reticenza caratteriale di stampo puritano che Ci mette a disagio di fronte all'aperta menzione degli stipendi e dei patrimoni, dei prezzi o del valore delle Nostre cose. All'epoca dei miei genitori era semplicemente considerata una cosa volgare, una specie di grattata di palle verbale. È stato soltanto sotto la guida dei timonieri politici degli ultimi dieci anni che negli Stati Uniti le nuove generazioni bianche hanno cominciato a considerare la palese, famelica avidità come un atteggiamento di alla moda, a vedere il consumo come valore, e non solo come misura grezza del valore [...]. (3G, pp.203-204)
  • La musica leggere, e forse qualunque forma d'arte popolare, non può più fungere da palliativo, dal momento che, alla fine, tutti i surrogati di «libertà» che tale arte inventa, sfrutta, plagia e logora assomigliano sempre più, oggi, alla COMPLETA LIBERTÀ di un carcerato di sbattere la testa finché vuole contro il muro della cella. (3G, p.208)
  • La «libertà» diventa una non più un fatto qualitativo, ma quantitativo, quantificabile, una fredda funzione logica del luogo in cui ti trovi e di ciò su cui la puoi esercitare. (3G, p.208)
  • In questo momento, negli Stati Uniti, per i cittadini non liberi la libertà si identifica col «potere». (3G, p.208)
  • Ma se la vera libertà deve ancora essere intesa come qualcosa di più di questo, qualcosa di più della Ricerca della Yuppiness, della felicità consumistica, allora questi sono tempi davvero patetici e intollerabili- specie per le comunità emarginate, cui l'iniqua mancanza di libertà ha imposto la convinzione che la libertà sia solo abbondanza. (3G, pp.208-209)
  • Il rap, nel bene e nel male, non è che uno specchio. (3H, p.218)