Roger Caillois: differenze tra le versioni
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*[[René Quinton|Quinton]] considera la [[guerra]] come lo stato naturale dei maschi. Essa dà loro la bellezza morale che la maternità dà alle donne. L'istinto di conservazione non serve che a condurre vivo fino al luogo del combattimento «l'essere nato per lottare e morire». (p. 60) |
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⚫ | *Con i regimi totalitari, la [[guerra]] diventa realmente la fatalità delle nazioni. Questa volta, la massima secondo la quale la guerra non è fatta per servire la nazione, ma la nazione per servire la guerra, non appare più come una semplice tesi filosofica. Essa è la descrizione esatta della realtà. Lo [[Stato]] elimina la minima possibilità di critica e di opposizione, e perfino di passività o di ritirata. Esso controlla, coordina e gerarchizza l'insieme delle attività nazionali. (p. 69) |
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==Bibliografia== |
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Versione delle 23:28, 15 ott 2010
Roger Caillois (1913 – 1978), scrittore, sociologo, saggista, poeta e critico letterario francese.
La vertigine della guerra
Incipit
La guerra possiede in sommo grado il carattere essenziale del sacro: essa sembra proibire che la si consideri con obiettività. Paralizza il senso critico. È temibile e impressionante. La si maledice, la si esalta. La si studia poco. Le prime opere puramente critiche che le sono dedicate risalgono a poco tempo addietro, mentre le guerre hanno avuto inizio col principio stesso della storia. Una tale carenza ha qualcosa di sconcertante. Eppure non mancano condanne e diritambi. Gli elogi non sono molto convincenti: si direbbe che occorra avere una fede speciale per acconsentirvi. I meriti che essi attribuiscono alla guerra appaiono discutibili, o talmente metafisici da sfuggire chiaramente alla benché minima verifica. Tuttavia nessuna obiezione altera la convinzione di coloro che li proclamano.
Citazioni
- La forma assoluta della guerra non scoraggia i suoi profeti. Sembra, anzi, che esasperi la loro predicazione. (p. 59)
- Quinton considera la guerra come lo stato naturale dei maschi. Essa dà loro la bellezza morale che la maternità dà alle donne. L'istinto di conservazione non serve che a condurre vivo fino al luogo del combattimento «l'essere nato per lottare e morire». (p. 60)
- Jünger ritiene scontato che sia più degno partecipare con ebbrezza alla guerra che lasciarsi passivamente inghiottire da essa. (p. 63)
- Contrariamente a Quinton, Jünger non trascura, piuttosto esagera il lato tecnico della guerra, che sembra annientare il guerriero ancor meglio del proiettile che lo uccide. (p. 64)
- Delle speranze e dei sogni dei monarchi che costruirono le Piramidi, del loro orgoglio, delle sofferenze degli operai, non sopravvive nulla. Ma le masse di pietra rimangono. (p. 64)
- Con i regimi totalitari, la guerra diventa realmente la fatalità delle nazioni. Questa volta, la massima secondo la quale la guerra non è fatta per servire la nazione, ma la nazione per servire la guerra, non appare più come una semplice tesi filosofica. Essa è la descrizione esatta della realtà. Lo Stato elimina la minima possibilità di critica e di opposizione, e perfino di passività o di ritirata. Esso controlla, coordina e gerarchizza l'insieme delle attività nazionali. (p. 69)
Bibliografia
- Roger Caillois, La vertigine della guerra, Le vertige de la guerre, traduzione di Mauro Pennasilico, Edizioni Lavoro, Roma 1990. ISBN 88-7910-463-2
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