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Giuseppe Bartolini[modifica]

Giuseppe Bartolini (Viareggio, 6 giugno 1938) è un pittore italiano appartenente al movimento della Metacosa[1].

Hanno scritto di lui[modifica]

« [...] Una pittura libera da ipoteche ideologiche così come da agganci sentimentali, antiromantica: la pittura per la pittura. "la peinture n'est pas de la revasserie", ha detto qualcuno. "Il paesaggio non è uno stato d'animo, è uno stato d'occhi", questo lo ha detto Degas, e a chi guardi questi quadri di Bartolini, nessuna definizione sembrerà più aderente» (Emilio Tolaini)[2]

« [...] Per quanto possa sembrare paradossale, definirei il lavoro di Bartolini come una sorta di inesausta ricerca attorno alla "storia spirituale delle cose"; ricerca che muove da un abbandono totale e senza remissione della propria individualità, alle cose medesime. Quasi che la ragione del loro fascino risieda totalmente in esse, non in chi le sta dipingendo, il cui unico (terribile compito) è quello di riportare alla luce la loro intangibile essenza: il loro segreto metafisico, che informa di sé tutta la sensibilità del mondo” (Franco Marcoaldi)[2]

« [...] C'è l'onda di un lungo silenzio, di uno svuotamento d'ogni spazio e luogo, e ancora cieli, terre sparse di profumi plasticati nell'opera di Giuseppe Bartolini. Una sospensione d'aria, di venti, un'assenza di tutto ciò che non sia l'immagine. E da questa sospensione attorno, l'immagine esce rafforzata, come un sigillo, un emblema, le stimmate segnate di un territorio: un'emersione allo stato della coscienza, quanto la conoscenza, che è anche memoria, ha portato alla luce. (Marco Goldin)[2]

« [...] L'artista corre sul filo tra i miraggi dell'intimismo e del manierismo formale, con una lucidità vertiginosa, e riconduce in salvo il fragile bagaglio, preziosissimo, di una realtà divenuta integralmente immagine: cioè forma, specchio di una situazione umana.» (Franco Russoli)[2]

« [...] È statico, sigillato, incorruttibile. La sostanza della sua visione delle cose è nella immobilità che si trasferisce dalle pietre alle foglie. Ciò che si muoveva, dagli impressionisti a De Pisis, la stessa natura, gli edifici, anche gli ambienti degradati di una periferia industriale si bloccano in una fissità di vetro dove non passa l'aria. [...] Anche il cielo, il vuoto,il profilo della città dietro la massa degli alberi sono un'altra cosa da quel che appaiono, sono modi di comprensione dello spazio in un premeditato equilibrio degli elementi.» (Vittorio Sgarbi)[2]

« [...] Una vegetazione dove ogni foglia e festuca, e rametto brillano come accesi da un vitale brulichio. La meticolosità descrittiva si innerva di una così intensa forza di rievocazione da acquistare un trasfigurato carattere di sogno.» (Rossana Bossaglia)[2]

«[...] Nelle sue carcasse rugginose c'è un virtuosismo che rimanda ad altro, forse (ha ragione Moresco) alla preghiera. Se è vero quanto ha scritto il teologo Jean Danielou, «arte è percepire la profondià del reale», Giuseppe Bartolini siede fra i massimi.» (Camillo Langone)[3]

«[...] Da una certa distanza svettano solo tre oggetti più elevati, di forma enigmatica - la cupola rotonda del Battistero, la parte più alta del Duomo con la cupola ellittica, il fusto pendente della torre - che sollecitano l'attenzione senza svelare l'insieme. Oggi  l'immagine più suggestiva dipinta molte volte da Bartolini si presenta nell'Orto Botanico, dove quei fastigi si intravedono fra le cime degli alberi secolari», (Leonardo Benevolo)

«[...] Tutto quello che  Bartolini dipinge si inscrive nelle zone morte del pensiero.In quegli automatismi attraverso cui prendiamo involontariamente coscienza del reale. I suoi relitti, sospesi nel vuoto della luce, raccontano la trasformazione della cosa. (Antonio Gnoli)[4]

«[...] Giuseppe Bartolini ha formato la sua vita nel segno della pittura: un amore una passione esclusiva che lo ha preso da ragazzo - quando l'ho conosciuto - modellando per sempre la sua esistenza, imprimendo di sé il suo fare, il suo pensare, il suo scegliere le persone, le amicizie, il suo rivolgersi continuamente su se stesso, a interrogarsi scontento, nelle periodiche crisi, quando il lavoro non va più avanti nella direzione già sperimentata e ancora un nuovo sbocco non si presenta», (Emilio Tolaini)[2]

«[...] Beppe Bartolini è un gran pittore e un grande amico mio. Ha trascorso decenni a giocare a scacchi con il Duomo la Cattedrale e la Torre. Altri giocano a scacchi con il computer lui solo con la luce», (Stefano Tomassini)[5]

«[...] Bartolini non vede, prevede, prestabilisce la realtà che ha di fronte e ne restituisce quindi una essenza segreta. La sua è dunque non una fedeltà al vero ma a ciò che, del vero, non appare», (Vittorio Sgarbi)

«[...] Il cielo si alza monotono, immenso, fuso; non è un cielo naturale o romantico, ma un azzurro spazio del nulla, uno specchio della suprema indifferenza», (Roberto Tassi)

  1. Philippe Daverio, Il fenomeno Metacosa.
  2. a b c d e f g Arialdo Ceribelli (a cura di), Giuseppe Bartolini, Electa, ISBN 88-435-6693-8
  3. Camillo Langone, Eccellenti pittori. Gli artisti italiani di oggi da conoscere e collezionare, Marsilio, 2013, ISBN 978-88-317-3551-3.
  4. Antonio Gnoli (a cura di), Altri disincanti, Bartolini, Biagi, Ferroni, Mannocci, Luporini, Bagnacavallo, 2010
  5. Stefano Tomassini, Amor di Corsica. Viaggi di terra, di mare e di memoria, Milano, Feltrinelli Traveller, 2000, ISBN 88-7108-157-9