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Seabury Quinn

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Seabury Grandin Quinn (1889 – 1969), scrittore statunitense. Ha utilizzato spesso lo pseudonimo di Jerome Burke.

Incipit di alcune opere

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L'incenso del diavolo

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Il sergente Costello, detective della Squadra Omicidi, fissò i tre centimetri di cenere sulla cima del suo sigaro come se sospettasse che sotto di essa, nella brace rossa, si nascondesse l'indizio importante che continuava a sfuggirgli.
«Questa è la più dannata, stupida serie di suicidi su cui ho sbattuto mai la faccia», affermò, quasi che ne fosse fiero. «È cominciata con quel tipo, Eldridge, giovane, ricco e sfaticato, senza una schifezza di preoccupazione al mondo salvo quella di decidere come spassarsela da un sabato all'altro. E di punto in bianco si va a impiccare. Lo abbiamo trovato che penzolava nel suo guardaroba con una cravatta arrotolata al collo e un palmo di lingua blu di fuori. Suicidio? Certo. Cos'altro potrebbe essere, visto che era chiuso in casa dall'interno, con la chiave nella serratura?».

La casa della strega

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Si accendevano i lampioni e l'ultima luce svaniva ad occidente tra le prime stelle, quando finimmo di cena­re e ci spostammo nella veranda a bere il caffè e il bran­dy. Affondato pigramente in una poltrona di vimini, Jules de Grandin allungò i suoi piedi minuscoli e guar­dò con espressione soddisfatta le punte lucenti delle sue scarpe di vernice.
«Morbleu,» mormorò in tono sognante, bevendo l'ultimo sorso di caffè. Poi appoggiò il sigaro acceso e alzò il bicchierino di kaiserschmarnn, «dite quello che volete, Trowbridge, ma io sono convinto che non esi­ste un processo più piacevole della digestione combi­nata al lento avvelenamento da alcol e nicotina. Non c'è niente di più degno che desiderare di godere... ah, pour l'amour d'une souris verte, sta zitto!» si interrup­pe, mentre il trillo irritante del telefono si inseriva bru­scamente nei suoi filosofeggiamenti. «Parbleu, la ca­naglia che ti ha inventato era uno dei peggiori nemici del genere umano!»

La licantropa e il crociato

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La primavera stava ormai finendo in Galilea, e s'av­vicinava una torrida estate. La pianura del Giordano si mostrava già spoglia e secca, un deserto di sassi e polvere qua e là punteggiato da ciuffi d'erba che a stento avrebbe­ro attratto gli occhi di una capra. Le colline del Libano erano invece ricoperte da un manto di vegetazione fiorita, cedri e ginestre che si stendevano in un verde panorama fino alla costa. Nella grande città del Cairo il Sultano Baibas meditava la guerra, ma i cittadini di Acri non prende­vano molto sul serio gli avvertimenti dei pochi arabi amici della Cristianità e delle loro stesse spie.

La Moruadh

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Era seduto nella grande poltrona di paglia intrecciata, immobile come un ritratto, e il crepuscolo era più fitto intorno a lui. La luce della luna trapelava tra le nuvole e dava un'aria di irrealtà a tutta la scena. Somigliava al chiarore che precede l'alba, oppure alla luce fioca dell'imbrunire, ma non era né l'uno né l'altro.

La resurrazione della mummia

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Si avvicinò a noi con lentezza, oltrepassando le file dei sarcofaghi. Non era alta, ma era snella. Era inguainata in uno scollato abito da sera di velluto nero che faceva risaltare le spalle nivee. I capelli, neri e lucenti, erano tirati in uno chignon dietro la nuca, e formavano un contrasto particolare con gli occhi bleu pavone. Creavano un contrasto anche il naso sottile e leggermente aquilino e la bocca piena e sensuale che sbocciava umida e rossa sul pallore naturale del viso ovale. Una mano dalle dita affusolate giocava con un filo di perle. Ad ogni passo la caviglia sinistra, ricoperta di finissima seta, mandava bagliori d'oro. Velato ma visibile, lo smalto rosso ornava le unghie dei piedi e brillava attraverso le calze sottili, messe in mostra da un paio di sandali di satin.

Nel mondo degli spettri

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Avanti e indietro, avanti e indietro; Jules de Grandin si passò sotto il naso il bicchiere a cipol­la, gustando il bouquet della fine champagne con la riverenza del raffinato intenditore. Bevve un sorsetto di assaggio e la sua espressione com­piaciuta divenne addirittura estasiata.
«Parbleu», mormorò, «come usava dire il mio vecchio amico François Rabelais, 'il buon vino è lo spirito vivente della vita, ma il buon brandy è lo spirito vivente del vino', e...»

Vampiri e affini

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«Non voglio darvi l'impressione che questa faccenda abbia finito per distorcere il mio raziocinio,» sospirò con aria infelice il giovane dottor McCormick. «Ma non ho mai avuto una paziente simile, né conosco altri medici che abbiano fatto questa esperienza. Potreste venire a darle un'occhiata domani, dottore? Anzi, forse farei meglio ad affidare questo caso a voi.»

Bibliografia

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  • Seabury Quinn, L'incenso del diavolo, traduzione di Gianni Pilo, in "Storie di diavoli", Newton & Compton, 1997.
  • Seabury Quinn, La casa della strega, traduzione di Daniela Galdo e Gianni Pilo, ne "Il meglio di Weird Tales. La casa della strega", Fanucci, 1987.
  • Seabury Quinn, La licantropa e il crociato, traduzione di Gianluigi Zuddas, in "Sempre Weird Tales", Fanucci, 1985.
  • Seabury Quinn, La Moruadh, traduzione di Gianni Pilo, in "Storie di streghe", a cura di Gianni Pilo, Newton & Compton, 1996. ISBN 8881834480
  • Seabury Quinn, La resurrezione della mummia, traduzione di Daniela Galdo, Maria Teresa Tenore e Gianni Pilo, ne "Il meglio di Weird Tales. La resurrezione della mummia", Fanucci, 1987.
  • Seabury Quinn, Nel mondo degli spettri, traduzione di Nuccia Agazzi e Maria Basaglia, in "La soglia dell'invisibile. I classici del sovrannaturale", a cura di Kurt Singer, Longanesi, 1972.
  • Seabury Quinn, Vampiri e affini, in "Sempre Weird Tales", Fanucci, 1985.

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