Guido Aristarco

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Guido Aristarco nel 1950

Guido Aristarco (1918 – 1996), critico cinematografico e sceneggiatore italiano.

Citazioni di Guido Aristarco[modifica]

Citazioni in ordine temporale.

  • [Carmela di Due soldi di speranza] è, con la Maddalena di Bellissima, il personaggio femminile più vivo e autentico del nostro cinema.[1]
  • Ci sembra [...] che il fenomeno Fellini riguardi più il costume, più la psicologia e la sociologia che non l'arte del film: esso va comunque ricollegato con tutto un modo di concepire e intendere l'arte, di assumere verso di essa e la vita un atteggiamento simile a quello della nostra letteratura d'anteguerra, e anche in parte e per molti versi, di quella contemporanea. In questo senso Fellini appare come un regista anacronistico, irretito com'è in problemi e dimensioni umane largamente superate. [...]. In La strada, troviamo in maggior misura altri motivi ambigui: il simbolismo, il lirismo, l'angelismo, il misticismo, l'autobiografia sentimentale. [...] Se una cultura esiste in Fellini, questa è più specificatamente cinematografica, trae origine dall'ammirazione per film e motivi chapliniani [...]. Ma [...] Chaplin non isola i suoi personaggi, li fa agire e muovere nella società, nel mondo. [...] Fellini continua a vagheggiare esperienze trascorse, contentandosi di vagheggiarle.[2]
  • Il seme della violenza è un film sorprendente: più del libro dal quale è tratto e, a guardar bene, con differenze sostanziali; esso commuove e pone problemi vivaci, strappa consensi, scuote la fantasia e fa appello alla nostra coscienza: proprio come accadeva un tempo, prima della guerra, anche con film minori che venissero di là, dall'America. Il merito primo di Richard Brooks, il quale tra i così detti registi ribelli è uno dei più sinceri e dotati (più sincero e dotato a esempio di un Aldrich, il fortunato collaboratore di Chaplin in Limelight), è quello di non aver avuto paura della paura, di aver aperto così un altro spiraglio nella crisi del coraggio e nelle tenebre maccartiste della produzione standard hollywoodiana.[3]
  • L'"affresco" de La dolce vita è grandioso e plasticamente esemplare: l'autore non si sofferma a descrivere la degradazione in cui versa l'aristocrazia e quella meno sintomatica dei tempi che emerge dalla "notte del falso miracolo", ma anche la degradazione su cui poggia il mito della donna-sesso e della "diva" e il mondo che li circonda (due fenomeni di isterismo collettivo, quelli del miracolo e della diva, che tanti punti hanno in comune).[4]

Il mito dell'attore[modifica]

Incipit[modifica]

È proprio vero che il divismo è morto, che è fenomeno d'altri tempi, scomparso? Ed è esatto affermare che Cinema Nuovo negli anni Cinquanta, e anche dopo, non se ne è occupato, non ha parlato, oltre che di «divi» e «divine» – come fatto di costume, strettamente connesso con la moda, la pubblicità, la psicologia del profondo – di attori, attrici, e delle questioni della recitazione?

Citazioni[modifica]

  • [Jean Harlow] Definita ironicamente pura al cento per cento, fu argento vivo, donna del giorno, tentazione bionda, proprietà riservata, come annunciavano i titoli dei suoi film. Angelo dell'inferno e amica dei nemici pubblici, sulla scia dei romanzacci e dei «comics». (p. 12)
  • Jean Harlow fu dunque considerata, ai suoi tempi, la «stella più sexy di Hollywood». Scomparsa Marilyn Monroe, questa prerogativa passò a Carroll Baker, impostasi di prepotenza, in tale ambito, sin dal suo esordio con Baby Doll, titolo che già la definiva: sintesi, direbbe la de Beauvoir, di «frutto acerbo» e «donna fatale». [...] La Baker ha percorso peraltro un itinerario inverso rispetto alla Monroe. Insoddisfatta di essere considerata una cosa, puro sesso, la Monroe aveva disperatamente cercato di uscire dal «cliché» in cui l'avevano chiusa, di diventare un'attrice autentica: si era messa a frequentare l'Actors' Studio. Partita da questo, la Baker non solo lo abbandona, ma lo censura: dichiara che è bello essere attrice, ma più esaltante fare spettacolo. (pp. 12-13)

Note[modifica]

  1. Citato in Laura, Luisa e Morando Morandini, il Morandini: dizionario dei film 2001, Zanichelli, Bologna, 2000, p. 415. ISBN 88-08-03105-5
  2. Da Cinema Nuovo, III, 46, 10 novembre 1954; citato in Fava, p. 74.
  3. 15 marzo 1957; citato in Il seme della violenza - Rassegna stampa, mymovies.it.
  4. Da Cinema Nuovo, IX, 143, gennaio-febbraio 1960; citato in Fava, p. 96.

Bibliografia[modifica]

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