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Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943

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Pietro Badoglio

Citazioni sul proclama Badoglio dell'8 settembre 1943, annuncio dell'armistizio di Cassibile.

  • «Farsi ammazzare per chi? Per il re, o per il principe o per Badoglio? Dovunque stiano, meglio di noi poveri cristi stanno. E poi, nemmeno l'ordine hanno saputo darci. Di ordini ne è arrivato un fottio, ma uno diverso dall'altro, o contrario. Resistere ai tedeschi - non sparate sui tedeschi - non lasciarsi disarmare dai tedeschi - uccidete i tedeschi - autodisarmarsi - non cedere le armi. Tutti ci serravamo la testa tra i pugni, perché non ci scoppiasse. La truppa non ha tardato ad annusare il quarantotto completo, ha pensato alla pelle e a casa sua e ha mandato l'esercito a fare in c... Voltavi gli occhi e di cento ne ritrovavi settanta, poi cinquanta, gli ufficiali rimasti allargavano le braccia o piangevano come bambini, i soldati saltavano il muro come tanti ranocchi. Io l'ho vista sì la bellezza di resistere ai tedeschi, ma mi son detto: debbo crepare proprio io per le migliaia che già corrono verso casa? A casa, a casa! Se la sbrighino gli altri, finisca come vuole, e mi sono lanciato dalla finestra giusto mentre il carro armato tedesco svoltava nel viale della caserma. Io sto a Capua e non sogno altro che casa mia.» (Primavera di bellezza)
  • L'Italia, dopo l'8 settembre '43, sembra tornare a essere, certamente a essere considerata poco più di una espressione geografica[1]. Non è solo un paese vinto, è una potenza arresasi senza condizioni, interamente occupata da alleati-nemici in guerra. (Francesco Barbagallo)
  • Nella storia dell'Italia contemporanea l'8 settembre è stato, più volte, paragonato a Caporetto, sia per la dimensione della disfatta, militare e politica, che per l'aspro dibattito sulle responsabilità. Ma già nella prima ricostruzione delle vicende italiane tra i due dopoguerra novecenteschi, uno storico di grande respiro sottolineava anzitutto il significato di distacco tra regime e nazione segnalato dalla mancanza, per la prima volta dall'unificazione, dei volontari nella guerra del '40. E individuava una profonda diversità tra il 1917 e il 1943 proprio nella definitiva rottura consumata tra il fascismo e gli italiani, portati ormai a distinguere, nettamente quanto diffusamente, il regime dalla nazione e desiderosi soprattutto di chiudere comunque la disastrosa avventura di guerra[2]. (Francesco Barbagallo)
  • Verso le 19,30 [Badoglio] entrò nell'auditorio O [dell'EIAR][3], dove era stato convocato lo speaker Giovan Battista Arista. Furono messe in onda marce militari e canzonette mentre avveniva la registrazione. Con voce neutra Arista presentò il maresciallo, la cui voce abbastanza ferma lesse finalmente il testo concordato: «Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la schiacciante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi danni alla nazione, ha chiesto l'armistizio al generale Eisenhower... La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».
    Erano le 19,45. L'Italia s'illuse che la guerra fosse finita. (Indro Montanelli e Mario Cervi)

Note

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  1. Questo termine viene adoperato da G. Diena e V. Foa in una memoria del 17 settembre '43 sulla necessità di rispondere con l'iniziativa delle forze antifasciste alla dissoluzione dello Stato nazionale. «Solo a questa condizione l'Italia, oggi passivo campo di battaglia, cesserà di essere una semplice espressione geografica». (C. Pavone, Tre governi e due occupazioni, in «Italia contemporanea», 1985, n. 160, p. 70). [N.d.A]
  2. Cfr. F. Chabod, L'Italia contemporanea (1918-1948), Torino, 1961, pp. 103 e 113. [N.d.A]
  3. Ente italiano per le audizioni radiofoniche, dal 1954 Rai Radiotelevisione Italiana.

Voci correlate

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