Adolf Stahr

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Adolph Stahr nel 1871

Adolf Stahr (1805 – 1876), scrittore e storico tedesco.

Citato in Passeggiate romane ed altri scritti di Vittorio Imbriani[modifica]

  • [Su Tacito] Non v'ha esempio in tutta la storia d'un modo così astioso, sfigurante e perfido di rappresentare un vero sovrano, qual'è quello adoperato da Tacito nella rappresentazione e nella caratteristica di Tiberio. Questo per quattro buone ragioni.
    I. Tacito era aristocratico, e fautore del nobilume, in tutta la peggiore estensione del senso; e la severità di Tiberio aveva colpito quasi esclusivamente il nobilume romano.
    II. Tacito fu nudrito ed allevato nell'odio della sua casta verso il sovrano democratico, che teneva in freno le superbe famiglie patrizie ed impediva loro di spolpare le provincie.
    III. Prese i colori per il suo ritratto di Tiberio dalla tavolozza d'una capitale nimica di Tiberio e della casa Claudia, cioè dalle memorie di Agrippina II figlia della prima Agrippina.
    IV. È un retore. E lei mi insegna che il Retore «giudica o produce con ragioni subjettive vere cioè nella sola mente del produttore o del giudicante invece di produrre o giudicare con ragioni objettive, cioè storiche»[1][2]. (p. 174)
  • Tacito non è un malvagio carattere (né Tiberio un angelo); sibbene una mente angusta, ed un cuor gretto, un ingegno felice ma quasi esclusivamente rettorico; maestro di stile e coloritore impareggiabile, ma pieno di fiele e di mal talento; v'ha del pretino nel suo nepotismo. Il suo Tiberio è un mostro, un portento, una caricatura creata da lui, un impossibile.[2] (p. 174)
  • Ma come spiegare che il mondo abbia creduto a questo ritratto tacitesco per ben diciotto secoli? Mi basterà addurre alcune principali tra le moltissime ragioni:
    I. La immensa maggioranza degli uomini crede sempre più volentieri il male, la crudeltà, le cattiverie, che si appongono ad altri anziché il contrario. I pettegolezzi, la menzogna e le calunnie sono forze prepotenti nell'Umanità; né mai lussureggiano più che nel putrido pantano di Roma imperiale, e il dir male di uno è sempre più interessante del dirne bene.
    II. L'epoca e la letteratura romana cui Tacito appartiene, erano assolutamente retoriche e Tacito maestro della rappresentazione rettorica. Chi venne dopo inciampava in lui. Il peso del suo gran nome era quasi una bandiera che copriva l'intero carico della sua nave, piena di falsità storiche.
    III. I novantanove centesimi degli uomini sono ciechi adoratori di grandi autorità, e la vera critica storica dei grandi scrittori ed in particolar modo degli storiografi Romani è ancora giovanissima. Ed io mi ho proposto di consacrarle il rimanente della mia vita, e di riporre nei confini del vero la cieca ammirazione, la prona venerazione per Tacito storiografo (non parlo di Tacito artista).[2] (pp. 174-175)

Note[modifica]

  1. Lettera di Bernardo Celentano, V, I. Cfr. nota dell'autore a p. 174 di Vittorio Imbriani, Passeggiate romane e altri scritti.
  2. a b c Lettera di Adolf Stahr a Vittorio Imbriani del 22 gennaio 1865 da Berlino.

Bibliografia[modifica]

  • Vittorio Imbriani, Passeggiate romane ed altri scritti di arte e di varietà inediti o rari, a cura di Nunzio Coppola, Fausto Fiorentino Editore, Napoli, 1967.

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