Alan Bennett

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Alan Bennett nel 1973

Alan Bennett (1934 – vivente), scrittore e drammaturgo inglese.

Citazioni di Alan Bennett[modifica]

  • I classici – e in particolare i classici moderni – sono i libri che si pensa si dovrebbero leggere, si pensa che si siano letti.
Classics – and in particular modern classics – are the books one thinks one ought to read, thinks one has read. (da I On Kafka's Dick and The Insurance Man, introduzione ad Alan Bennett Plays 2, Faber & Faber, 2009)
  • L'unico figlio che ha mai detto la verità su suo padre è Gesù Cristo – e ci sono dubbi anche su di lui. (da Il testamento (o il cazzo) di Kafka, in Drammi e monologhi)
  • La modestia è sempre falsa, altrimenti non è tale. (da Il testamento (o il cazzo) di Kafka, in Drammi e monologhi)
  • La vita è [...] come aprire una scatoletta di sardine. Tutti noi siamo alla ricerca della chiave. (da Seduti!, in Drammi e monologhi)
  • Una delle poche lezioni che ho imparato nella vita è che qualcosa d'imprevisto riguarda le donne che indossano i calzini.
One of the few lessons I have learned in life is that there is invariably something odd about women who wear ankle socks. (da The Old Country, in Alan Bennett Plays 2)

La sovrana lettrice[modifica]

Incipit[modifica]

A Windsor quella sera c'era il banchetto ufficiale, e mentre il presidente francese si affiancava a Sua Maestà la famiglia reale si schierò alle loro spalle, e la processione si avviò lentamente verso la sala Waterloo.
«Adesso che possiamo parlarle a quattrocchi,» disse la regina sorridendo a destra e a sinistra mentre avanzavano fra gli ospiti sfolgoranti «vorremmo tanto chiederle la sua opinione sullo scrittore Jean Genet».
«Ah» disse il presidente. «Oui».
La Marsigliese e l'inno nazionale li costrinsero a interrompersi, ma una volta seduti Sua Maestà riprese da dove era rimasta.
«Omosessuale e avanzo di galera... ma era davvero come l'hanno dipinto? E il suo talento» e sollevò il cucchiaio da consommé «era davvero così straordinario?».
Non essendo stato ragguagliato sul glabro drammaturgo e romanziere, il presidente si guardò attorno stravolto in cerca del ministro della Cultura. Ma costei era immersa in conversari con l'arcivescovo di Canterbury.
«Jean Genet,» ripeté premurosa la regina «vous le connaissez?».
«Bien sûr» disse il presidente.
«Il nous intéresse» ribadì Sua Maestà.
«Vraiment?». Il presidente posò il cucchiaio. Lo attendeva una lunga serata.

Citazioni[modifica]

  • Oh, fino in fondo. Quando cominciamo un libro lo finiamo. Ci hanno educate così. Libri, purè, pane e burro: bisogna finire quello che c'è nel piatto. È la nostra filosofia da sempre.
  • «La regina ha un leggero raffreddore» fu la notizia ufficiale comunicata alla nazione. Non lo sapeva nemmeno Sua Maestà, ma quello fu il primo di una serie di compromessi, non sempre di poco conto, che la lettura avrebbe comportato.
  • La regina lesse il racconto della vita di Ackerley; provò una modica sorpresa nell'apprendere che, pur lavorando per la BBC, era omosessuale; le pareva che nell'insieme la sua vita doveva esser stata triste. Il suo cane la incuriosiva, anche se la sconcertavano le intimità quasi veterinarie che l'autore elargiva alla creatura. Si stupì anche che le guardie reali si concedessero così di buon grado come rivelava il libro, e a prezzi davvero ragionevoli.
  • «Certamente,» disse la regina «ma ragguagliare non è leggere. Anzi, è l'esatto contrario. Il ragguaglio è succinto, concreto e pertinente. La lettura è disordinata, dispersiva e sempre invitante. Il ragguaglio esaurisce la questione, la lettura la apre».
  • [...] ma il nome di chiunque per lei non aveva la minima importanza, come tutto il resto: l'abbigliamento, la voce, la classe sociale. La regina era un'autentica democratica, forse l'unica del paese.
  • L'attrattiva della letteratura, rifletté, consisteva nella sua indifferenza, nella sua totale mancanza di deferenza. I libri se ne infischiavano di chi li leggeva; se nessuno li apriva, loro stavano bene lo stesso. [...] I libri non sono per nulla ossequiosi. Tutti i lettori sono uguali, e questo le risvegliò un ricordo di quand'era bambina.
  • «Leggere vuol dire sottrarsi. Rendersi irreperibili. Sarebbe già diverso» disse Sir Kevin «se come passatempo fosse meno... egoistico».
    «Egoistico?».
    «Forse dovrei dire solipsistico».
    «E allora lo dica».
    Al che Sir Kevin si lanciò. «Se potessimo veicolare le sue letture per uno scopo più ampio: acculturare il paese, ad esempio, per promuovere la lettura fra i giovani».
    «Noi leggiamo per nostro piacere» disse la regina. «Non è un dovere pubblico».
  • Gli appunti erano venuti dopo; leggeva sempre con una matita a portata di mano, non per riassumere quello che leggeva ma solo per trascrivere i passaggi che l'avevano colpita. Fu solo dopo un anno di letture e di appunti che Sua Maestà si azzardò ad annotare un pensiero tutto suo. «La letteratura» scrisse «mi appare come un vasto paese dai confini remoti, verso i quali mi sono diretta ma che non mi sarà mai dato raggiungere. E ho cominciato troppo tardi. Non potrò mai recuperare».
  • Presto la regina decise che probabilmente era meglio incontrare gli autori dentro le pagine dei romanzi, creature dell'immaginazione del lettore come i personaggi. Non sembravano neppure grati a chi aveva letto i loro libri; erano loro ad averci fatto la cortesia di scriverli.
  • Come lettrice Sua Maestà era spedita e diretta; non voleva crogiolarsi in nulla.
    Adesso che era sola, però, intratteneva lunghe conversazioni con se stessa e trascriveva sempre più i suoi pensieri; i quaderni si moltiplicavano e il loro campo di indagine si allargava. «La chiave di volta della felicità è non sentirsi investiti di alcun diritto». Aggiunse un asterisco e annotò a fondo pagina: «Una lezione che non ho mai avuto l'opportunità di apprendere».
  • Dovendo rispondere alla domanda se la lettura le avesse arricchito la vita, avrebbe risposto di sì, salvo aggiungere con altrettanta certezza che l'aveva anche vuotata di qualsiasi scopo. In passato era stata una donna risoluta che conosceva i suoi doveri e intendeva compierli fin quando possibile. Adesso si sentiva troppo spesso scissa in due. Leggere non era agire, quello era il problema. Anche a ottant'anni, lei era una donna d'azione.
    Riaccese la luce, prese il taccuino e annotò: «Non si mette la vita nei libri. La si trova».
  • No, ministro. Del resto i libri, come certo saprà, è raro che inducano ad agire. In genere confermano solo quello che, magari inconsapevolmente, si è già deciso di fare. Si ricorre a un libro per avere conferma delle proprie convinzioni. In altri termini, per chiudere un capitolo.
  • A volte mi sono sentita come una candela mangiafumo mandata qua e là per profumare delle dittature: al giorno d'oggi la monarchia è solo un deodorante governativo.

Incipit di Nudi e crudi[modifica]

Casa Ransome era stata svaligiata. "Rapinata" disse Mrs Ransome. "Svaligiata" la corresse il marito. Le rapine si fanno in banca; una casa si svaligia. Mr Ransome era avvocato e riteneva che le parole avessero la loro importanza. Anche se in questo caso era difficile trovare un termine preciso. Di solito un ladro sceglie, fa una cernita, prende un oggetto e ne lascia altri. C'è un limite a ciò che riesce a far sparire: per esempio, è raro che porti via una poltrona, ancor più raro un divano. Questi ladri, però, l'avevano fatto. Avevano preso tutto.

Bibliografia[modifica]

  • Alan Bennett, La sovrana lettrice, traduzione di Monica Pavani, Adelphi, 2007.
  • Alan Bennett, Nudi e crudi, traduzione di Giulia Arborio Mella e Claudia Valeria Letizia, Adelphi, 2001.
  • Alan Bennett, Drammi e monologhi, a cura di R. Margaret, traduzione di A. D'Arcangelo et al., Gremese Editore, 1996.

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