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Alessandro Galante Garrone

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Alessandro Galante Garrone (1909 – 2003), storico, scrittore e magistrato italiano.

Calamandrei e l'"Elogio dei giudici": ieri e oggi

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  • Debbo confessare che la mia decisione di fare il giudice non fu presa per intima vocazione – che se mai mi avrebbe portato allo studio e all'insegnamento della storia – ma per la necessità in cui ero, dopo la laurea e il servizio militare, di mettermi subito a lavorare. Non ero iscritto al partito fascista; e l'unica carriera statale, per l'ammissione alla quale questo requisito non fosse obbligatoriamente richiesto (e fu l'ultimo anno) era per l'appunto la magistratura. (p. 15)
  • Era abituale, nell'uomo Calamandrei, questo nascondersi del fondo amaro e sconsolato dell'animo dietro la celia sorridente. Chi lo conobbe da vicino, ben lo sa. Ma sotto questa segreta piega dolente e questo irresistibile umorismo restava, come una salda roccia, la fede nella giustizia, il riconoscimento dell'altissima funzione della magistratura: anche se (e lo disse) era propenso ad ammirare più la nobiltà del giudicare che l'effettivo operare, più quel che il giudice dovrebbe essere che non quello che in effetti è. (p. 17)
  • [...] non dobbiamo mai dimenticare, in qualsiasi campo si agisca, che la magistratura italiana costituisce, per dettato costituzionale, un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Di fronte alle crisi e alle confusioni e alle contestate sovrapposizioni degli ultimi anni si è fatto sempre più grave e urgente il problema di consolidare questo potere, di difenderlo da ogni tendenza, usurpatrice o insidiatrice, di altri poteri o interpoteri. Ma perché i giudici possano essere realmente degni di assolvere questo loro compito essenziale (ed è questo il secondo punto) occorre che siano recisi tutti i legami, da quelli formali della iscrizione a quelli sostanziali della fattiva adesione o collaborazione, con i partiti e le associazioni di ogni genere, aventi specifici orientamenti politici, sociali, confessionali; che all'interno del corpo giudiziario non sia dato spazio a rigide e differenziate correnti, e siano vietati tutti gli incarichi estranei all'assolvimento delle funzioni giurisdizionali; che sia imposta una linea di assoluta e rigorosa riservatezza; che si sia inflessibilmente severi verso chi venga meno, anche con lievi infrazioni, ai propri gravi e alti doveri; che tutti i giudici, in una parola, appaiano, di fronte ai cittadini, imparziali, e guidati soltanto dal dovere di applicare le leggi esistenti, e in primo luogo la Costituzione. (p. 20)

Bibliografia

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