Amy Knight

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Amy W. Knight (1946 – vivente), storica statunitense.

Beria[modifica]

Incipit[modifica]

Chi si trovò al capezzale di Stalin ai primi di marzo del 1953 non poté non constatare come Lavrentij Pavlovič Beria, in piedi accanto al moribondo, a stento riuscisse a mascherare la sua gioia nel vedere il dittatore avvicinarsi agli ultimi attimi di vita. Da quando si erano incontrati, negli anni Venti, i due uomini avevano condiviso molte avventure. Beria, che per anni era stato uno degli uomini chiave del governo e dal quale dipendeva l'intero apparato della polizia sovietica, si era trovato al fianco di Stalin nei momenti cruciali della dittatura. Tuttavia, verso il 1950 il loro rapporto, sebbene in apparenza ancora solido, aveva iniziato a incrinarsi. Stalin aveva cominciato a diffidare di Beria e a maturare l'intenzione di disfarsi di lui; Beria ne era consapevole e aveva quindi le sue ragioni per rallegrarsi della morte del dittatore.

Citazioni[modifica]

  • Nel 1936 il culto della personalità di Beria era, dunque, ormai esploso in tutta la Transcaucasia e in particolare in Georgia; industrie, fattorie collettive, teatri, istituti scolastici, stadi, una delle più graziose piazze di Tiflis[1], e un intero distretto (rajon) portavano il suo nome. Dovunque si poteva vedere il suo ritratto, anche sui testi di scuola, accompagnato da esaltazioni della sua saggezza e del suo ingegno. La stampa riferiva instancabilmente notizie sulle sue attività e sui suoi innumerevoli incontri con lavoratori e gruppi organizzati. Nelle redazioni dei giornali affluivano lettere di operai e contadini cariche di ammirazione nei confronti di Beria; gli venivano perfino dedicate canzoni e poesie. (cap. III, p. 76)
  • Beria si accanì in modo particolare contro la famiglia di Lakoba[2]. Come Stalin, anche lui sapeva essere particolarmente crudele nei confronti di coloro che conosceva bene. Roj Medvedev racconta che la giovane moglie di Lakoba venne arrestata poco dopo la morte del marito; L'NKVD georgiano la prelevava dalla sua cella tutte le sere per sottoporla a interrogatorio, e ogni mattina vi veniva ricondotta priva di conoscenza e coperta di sangue. Gli interrogatori miravano a farle firmare un documento in cui si dichiarava che Lakoba aveva tradito l'Abcasia in favore della Turchia, ma la donna si rifiutò ostinatamente di farlo anche quando minacciarono di uccidere il figlio quattordicenne Rauf, che veniva bastonato in sua presenza. Dopo un'ennesima tortura, la moglie di Lakoba morì e il figlio venne mandato in uno speciale campo di lavoro per ragazzi. Qualche tempo dopo si dice che Rauf scrivesse a Beria chiedendogli che fosse permesso a lui e a due suoi compagni di continuare gli studi; ricevuta la lettera, Beria ordinò che i tre ragazzi venissero condotti a Tiflis dove furono fucilati. A quel tempo, ormai quasi tutti i familiari e amici di Lakoba erano[3] stati fucilati o imprigionati. (cap. IV, p. 96)
  • Un aneddoto, raccontato da un mingrelo[4], viceministro della cultura in Georgia, ci offre un quadro agghiacciante e rivelatore del tipo di relazioni interpersonali che intratteneva Beria: il funzionario era stato invitato in visita a Gagra[5] e Beria lo aveva condotto a fare un giro sul suo amatissimo motoscafo da competizione acquistato in Germania, che soleva lanciare fino a ottanta chilometri l'ora. Mentre si trovavano al largo incrociarono una giovane nuotatrice, membro della società sportiva Dinamo, che si stava allenando per una gara. Beria fermò la barca e insistette perché la ragazza salisse a bordo; quasi subito cominciò a farle delle avances nel tentativo di sedurla, malgrado fosse evidente il terrore della giovane. Dopodiché si rivolse al suo ospite e, dicendo che voleva restare solo con la donna, gli ordinò di buttarsi dalla barca e di tornare indietro a nuoto. Quando il mingrelo dichiarò di non saper nuotare. Beria lo spinse fuoribordo: se non fosse stato per le sue guardie del corpo, che osservarono la scena dalla spiaggia e mandarono subito una barca a salvarlo, il povero funzionario sarebbe annegato. Eppure non ebbe mai il coraggio di rinfacciare a Beria questo episodio e continuò a recarsi nella sua dacia. (cap. VIII, pp. 191-192)
  • Se si confronta il destino di Stalin con quello di Beria, è difficile affermare che nella storia la giustizia abbia trionfato. Anche se è possibile che Stalin non abbia ricevuto per tempo la necessaria assistenza medica, gli fu almeno concesso di morire di morte naturale e di essere sepolto con tutti gli onori degni di un leader. Beria, invece, fu incarcerato, processato e condannato a morte, divenendo il capro espiatorio di tutti i crimini dello stalinismo. Stalin ha continuato ad avere ammiratori e apologeti anche dopo le rivelazioni di Kruscev, mentre Beria è rimasto per tutti l'assoluta incarnazione del male. (cap. XI, p. 271)
  • [...] se Kruscev fu incapace di portare a termine riforme radicali fu perché era stato troppo profondamente plasmato dalla cultura stalinista. Benché il suo potere non si fondasse più sul terrore poliziesco, adottò ben presto lo stile di comando fortemente personalizzato, capriccioso e autocratico che aveva caratterizzato l'epoca staliniana e non si occupò mai veramente dei problemi istituzionali di fondo. In questi ultimi anni il successore di Stalin è stato «riabilitato», emergendo dal giudizio storico come un leader il cui operato fu sostanzialmente positivo. Ma per certi aspetti tale riabilitazione è immeritata. (cap. XI, p. 274)
  • Dopo Stalin, Beria era certamente quello che, tra tutti i suoi colleghi, aveva le mani più sporche di sangue. Ma era solo una questione di gradi: sostenere che Beria fosse peggiore di Molotov, Malenkov o dello stesso Kruscev significherebbe non riconoscere che tutti ebbero la loro parte di responsabilità nei crimini commessi nell'era staliniana. Il leader sovietico non governava nel vuoto assoluto: era circondato da servili luogotenenti in competizione tra loro per conquistarne i favori. (cap. XI, p. 275)

Note[modifica]

  1. Variante di Tbilisi, capitale e maggiore città della Georgia.
  2. Nestor Lakoba (1893 – 1936), leader del partito comunista dell'Abcasia.
  3. Nel testo era.
  4. Mingrelia, regione storica della Georgia; anche Beria era originario di quella regione.
  5. Città sulla costa del Mar Nero, celebre meta turistica ai tempi dell'Unione Sovietica.

Bibliografia[modifica]

  • Amy Knight, Beria. Ascesa e caduta del capo della polizia di Stalin, (Beria. Stalin's First Lieutenant), traduzione di Silvia Betocchi, Arnoldo Mondadori editore, Milano, 1997. ISBN 88-04-38299-6

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