Andrea Lo Forte Randi

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Andrea Lo Forte Randi, pseudonimo di Francesco Enotrio Ladenarda (1845 – 1915), scrittore italiano.

Lettera aperta a Benedetto Croce[modifica]

  • Sul Giosuè Carducci, scrissi due libri per dire alle genti: L'uomo di cui avete fatto l'apoteosi fu un volgare tornacontista, ed eccone qua le prove:
    – Egli cantò la bianca croce di Savoia: ma a Versailles aveva già – con l'ajuto di Emanuele Kant – decapitato un re.
    – Egli, nell'Adige, celebrò il re Umberto: ma nell' Anniversario della Repubblica aveva già detto corna della monarchia.
    – Egli chiamò il Giuseppe Mazzini: «Ezechiele in Campidoglio»; ma aveva già chiamato il Mazzini: «il sultano della libertà che mandava sicari ad ammazzare i galantuomini.»
    – Aveva cantato il diavolo in un inno che fece andare in visibilio tutti i marinatori delle scuole d'Italia, onde era salito, di primo acchito, alla gloria di poeta di Satana; ma poscia quell'inno egli chiamò chitarronata, e ragazzacci sgrammaticanti chiamò coloro che, a causa di quell'inno, avevano strombazzato il suo nome alle quattro plaghe del mondo.
    – Aveva schiaffeggiato il Galileo di rosse chiome e decapitato Dio con l'ajuto del Robespierre; ma poscia inneggiò alla chiesa di Polenta, alla dolce figlia di Jesse, a Dio ottimo massimo.
  • – Sua unica passione sincera fu il vino: spesso s'ubbriacava sconciamente come il più abietto beone.
    – Correva dietro alle sgualdrine – testimonio il Sommaruga, che si faceva mantenere dalle cocottes e le prestava agli amici.
    – Conduceva le sgualdrine negli alberghi dai quali si faceva cacciar via. – (Chiedere informazioni ai camerieri dell'albergo dell'Ancora in Milano.)
  • [rivolgendosi a Benedetto Croce] Voi no; voi – lo ripeto – voi, che avete tentato di assassinare proditoriamente il Mario Rapisardi con armi invisibili, con veleni impalpabili, con giudizi sibillini e forma concia, voi non scrivete sconce diatribe. Certo è che vi hanno gentiluomini che parlano piano, misurano le parole e, intanto, barano al giuoco: ora quello che voi avete scritto dell'opera del Rapisardi è una vera e propria baratteria.
    Voi cangiate le carte in mano, ma non sempre così destramente che qualcuno non vi colga sul fatto.

Incipit de La Superfemina abruzzese[modifica]

I pettegoli della «critica» hanno lungamente discusso intorno alla data della venuta al mondo di Gabriele e intorno al luogo dal quale egli rallegrò il mondo col suo primo vagito, come se il nostro «superuomo» fosse morto. Oh! che sì preziose notizie non potevano, oh! che non possono, anzi, chiederle al «divo» stesso, anziché gittarsi e smarrirsi in così affannose ricerche?
E dire che esiste l'atto di nascita presso l'ufficio di stato civile di Pescara e che c'è anche l'atto di battesimo presso la parrocchia di San Cetteo, nel quale, a edificazione e consolazione nostra, fra altre cose, si legge che il portentoso bambino «nacque il 12 marzo del 1863 nella casa di abitazione della puerpera

Bibliografia[modifica]

  • Andrea Lo Forte Randi, Lettera aperta a Benedetto Croce, G. Pedone Lauriel, Palermo, 1915.
  • Enotrio Fr. Ladenarda, La Superfemina abruzzese, Palermo, G. Pedone Lauriel, 1914.

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