Anna Maria Carpi
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Anna Maria Carpi (1939 – vivente), germanista, traduttrice, scrittrice e poetessa italiana.
Intervista di Anna Maria Curci e Gianni Montieri, Poetarum Silva, 2017; ripubblicato in poetarumsilva.com, 22 gennaio 2024.
- Nella globalizzazione il tempo è diventato un vero dramma. Tutti assillati, tutti sovraccarichi. Il proliferare della burocrazia in ogni nostra minima relazione pubblica, mezzi di comunicazione che consentono d'instaurare sempre nuovi fulminei legami virtuali. Io spero sempre in un'improvvisa reazione contro questa smania. Qui è lo spreco. Solo i momenti di solitudine sono fertili, solo questi poi condivisibili – ma sensatamente.
- [Cosa nasconde e cosa mostra il cuore dei milanesi?] Il cuore dei milanesi? Nella città degli affari? Come ben si sa, pochi a Milano sono nativi milanesi, e ora meno che mai. Ma questo è oggi il mondo, e da noi di nativi ora ci sono solo i digitali, uguali ovunque. E altra novità: anche fra sconosciuti non digitali ci si chiama tutti per nome. Il tu, il tu della paura di restare soli?
- [Veniamo alle poesie, alle tue «piccole arroganti», che cosa ti consentono di raccontare? Quanto conta la capacità di accelerare che consente il verso?] La poesia. Pretendere di dire in breve è certo un'arroganza. Ma se riesce, l'effetto supera ogni lungo dire in prosa. Solo che il materiale emotivo dev'essere imbrigliato dalla logica, ossia la logica deve controllare i nessi fra le fuoriuscite. I nessi vengono dal profondo, sono più seri dei momentanei arbitrii, e sono ciò che può poi far dire ai lettori: è quello che sento anch'io.
- [I tuoi testi sono da sempre molto musicali, non ti piace rinunciare alla metrica e non rinunci mai al ritmo, è questa l'unica strada possibile?] No, non rinuncio a una certa metrica: le rime hanno un effetto semplificatorio, se vuoi comico, e si può farne a meno. Ma non del ritmo. Da me si fonda su settenario, doppio settenario ed endecasillabo. Molto tradizionale. Certo che non è l'unica strada possibile, io uso anche il verso libero, però il ritmo svolge forse una delle più antiche funzioni della poesia, quella di farci sentire che siamo tutt'uno.
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