Annette Curtis Klause
Annette Curtis Klause (1953 – vivente), scrittrice statunitense.
Il bacio d'argento
[modifica]La casa era vuota. Zoe lo capì appena varcata la soglia. Soltanto il ticchettio dell'orologio in cucina sfidava il silenzio.
La paura prese forma dentro di lei. 'La mamma' pensò, impaurita come una bambina. 'Di nuovo all'ospedale... o peggio?'. Lasciò cadere la cartella sul pavimento dell'ingresso e, senza chiudere la porta, si diresse lentamente in cucina, temendo il messaggio che forse l'attendeva. Sul frigorifero c'era un biglietto:
Siamo all'ospedale. Non preoccuparti.
Fatti qualcosa da cena. Torno appena posso.
Baci, papà.
P.S. Non stare alzata ad aspettarmi.
Citazioni
[modifica]- Pallida come il latte della morte, sottile e lancinante come il dolore. (Simon, riferito a Zoe)
- Aveva bisogno di essere notato, voleva che la gente lo vedesse. Era pericolosa, quella voglia. Irragionevole. Ma a volte lo assaliva il timore di non esistere. Se qualcuno però l'avesse riconosciuto per quello che era, non c'era dubbio: costui doveva morire. Altrimenti... Sì, era stupido non pensare a proteggersi. Non c'era nessuno che lo conoscesse, che potesse pronunciare il suo nome.
- «I miei genitori sono morti».
Lei si coprì la bocca con una mano, evidentemente dispiaciuta della domanda inopportuna.
«Non importa. È da tanto che sono solo». Simon le prese la mano e gliel'abbassò con gentilezza. 'Anche lei è sola' pensò. 'Per questo se la prende tanto'. La mano era morbida, delicata, gli comunicava un'emozione dolce e, quando gliela sottrasse, Simon capì che anche lei l'aveva provata.
Continuarono il cammino in silenzio. A un certo punto la ragazza sembrò sul punto di parlare, di dirgli qualcosa, ma poi cambiò idea. Gli dispiacque che non l'avesse fatto: gli piaceva sentirla parlare. Voleva conoscere la sua storia. 'Non mi riconosco più' pensò. 'Questa non è la bestia'. Gli sembrava che la bestia dentro di lui stesse dissolvendosi in un vento fresco e nuovo. - «Mai la morte, per quelli come me» mormorò. «E mai l'amore».
Come un'ombra, Simon poteva vivere soltanto ai margini delle vite altrui, senza mai toccare o essere toccato, a rischio di causare un brivido freddo come una nube davanti al sole, come un sudario su un cadavere. Solo i morti gli era consentito toccare; e la morte era l'unica prova della sua esistenza. - 'Sono così solo' pensò Simon amareggiato. 'Sarò sempre solo. Non c'è nessuno che voglia dividere con me il mio fardello, renderlo più leggero'. Pensò a Zoe, alla scintilla di vita che quella ragazza aveva riacceso in lui. Ma era tutto inutile. Ciò che desiderava non sarebbe mai stato possibile. La belva dentro di lui non l'avrebbe mai permesso.
- Mi avevi rivolto la parola e io mi ero sentito di nuovo una persona. Forse speravo d'intravederti attraverso la finestra. Forse speravo che tu uscissi di nuovo, che si potesse parlare ancora. Non so. Forse vicino a te mi ero sentito al sicuro, reale. Ti prego, Zoe, fammi entrare. Ho bisogno di te. (Simon)
- Ho succhiato il latte della morte, nessun altro alimento può sostentarmi. (Simon)
- Ha l'aspetto di un bambino, ma è vecchio come il peccato, disgustoso e corrotto. (Simon, parlando del fratello Christopher)
- Quando si ha l'aspetto di un bambino, si ha bisogno di un protettore, di qualcuno che reciti la parte del tutore davanti alla gente. (Christopher)
- La gola di lei pulsava di vita proprio accanto alla sua bocca e il suo tenero, caldo profumo gli diede una leggera vertigine. Una momentanea resistenza, ma fu inutile: era troppo vicina, troppo invitante. I canini spuntarono dalle loro guaine. «Puoi credere a questo» le sussurrò e la baciò dolcemente sul collo. «E a questo e a questo». Poi il bacio pungente, lucente, il bacio d'argento, rapido e netto, affilato come una lama.
- Era un fallimento, persino per quella caricatura che era diventato. Per anni si era sforzato di convincersi che gli altri, gli esseri umani, erano creature stupide, insensate, inadatte a vivere, così da cibarsene più facilmente; e ora aveva permesso a una di loro di diventare reale. 'Che ne sarà di me, adesso' pensò. 'Non sarò più capace di cacciare!'. Si sarebbe raggrinzito, accartocciato, mummificato, ma non sarebbe mai morto... E sempre quell'orribile fame.
- Diventerai ancora più forte, ma i tuoi colori sbiadiranno col mutare del sangue. Il tuo cuore cesserà di battere, ma il sangue continuerà a strisciarti nelle vene. Respirerai solo per abitudine: l'aria ti servirà per parlare, non per vivere. E rifuggirai dall'ardore del sole, perché la luce del giorno è per i viventi e il sole respinge quelli come noi. Vivrai di notte. Ma quale potere avrai! Il potere di succhiare l'essenza della vita e piegare gli altri al tuo volere. Vivrai a lungo, molto a lungo... quanto basta per accumulare ricchezze enormi e concederti molti piaceri. (Christopher)
- L'acqua rigetta i morti. Un cadavere viene sempre a galla, anche se dopo molto tempo. La mia esistenza è contro natura e tutto il mondo naturale cospira per ricordarmelo. I raggi del sole mi bruciano e l'acqua viva (me ne accorgo quando l'attraverso) tenta di trascinarmi via dalla faccia della terra. (Simon)
- L'importante non è fare ciò che è giusto solo perché è giusto, anche senza ricompensa? Ma di che cosa sto parlando? Che ne so, io, del giusto e dell'ingiusto? Ho dovuto razionalizzare il male per tanto tempo che ormai non sono più certo di conoscere la differenza. Pare che sia l'istinto di conservazione la motivazione più forte di tutte... per tutti. (Simon)
- La trasmutazione può avere effetti terribili, Zoe. È innaturale. Guarda Christopher: io, almeno, ho avuto il tempo di crescere, ma lui è intrappolato per sempre in un corpo da bambino e le sue collere sono infantili. Il suo corpo gli sussurra segreti che lui non conoscerà mai perché non può neppure udirli. Credo sia per questo che uccide così crudelmente. Io non potrei mai mutare deliberatamente qualcuno in un essere simile. (Simon)
- Per quanto a lungo si sia vissuto, l'idea di non esistere più fa paura. Per quanto stanchi della vita, non si vorrebbe mai affrontare l'ignoto. (Simon)
- Nel cuore della notte | ho veduto il ragazzo solitario | attendere nel pallido chiarore della luna, | gli occhi cangianti | tra ghiaccio e nube. | Stelle | sopra i jeans scoloriti, | sui capelli d'argento, | e il cuoio nero lucente. | Selvaggio soltanto a metà, | ancora pazzo, forse, | smarrito nel tempo, | incatenato alla notte. | Mentre si aggira furtivo | sorpreso da un suono improvviso | potrebbe mutarsi in un raggio di luna | e dileguarsi per sempre. (Poesia scritta da Zoe per Simon)
- Non posso concepire di non essere niente. Mi mette i brividi. (Ann Sutcliff, madre di Zoe)
- Le cose non cambieranno solo perché tu non vuoi saperne, Zoe. Non esistono sortilegi contro la morte. (Ann Sutcliff)
- 'Le cose cambiano' continuò a riflettere [Zoe]. 'La gente cresce, si sposta, muore. A volte si chiude in se stessa, a volte torna a tendere la mano dopo anni di isolamento'. Le tornò in mente l'abbraccio spasmodico di Simon. 'Che succederebbe se nulla cambiasse? Tutto stagnerebbe: freddo e immobile, decadente, terrificante.' Ma perché doveva essere così doloroso, il cambiamento? Perché significava anche perdere le persone amate?
- Quand'era con lui, quando gli leggeva in volto la sua solitudine, si sentiva diversa. Nonostante tutto ciò che poteva aver fatto, Simon appariva innocente, come un animale selvaggio. Ora che la sua vendetta era compiuta, non gli restava altro che il dolore. Era troppo sensibile per non soffrire del male che era obbligato a compiere per sopravvivere. Non avrebbe mai conosciuto la felicità. E anche con una compagna la sua esistenza non sarebbe stata più facile. Meglio la morte, che una vita simile. C'è un tempo per morire, qualche volta.
- 'Ucciderlo sarebbe un gesto caritatevole' pensò. Nessuno sapeva della sua esistenza. E forse quel compito toccava proprio a lei, per il suo stesso bene e per il bene di molti altri.
- Simon ebbe un breve, schietto riso di gioia. «Sei generosa, Zoe. Sei l'unica persona che sa della mia esistenza e se ne cura, io posso solo farti soffrire».
Zoe ritrasse le mani. «Negli ultimi tempi mi è sembrato che fossi tu l'unico a sapere della mia esistenza. Presto non mi rimarrà nessuno».
Simon sembrò sorpreso. «Ma tu hai te stessa: la tua bontà, la tua forza, il tuo coraggio. Sei stata tu a darmi la forza di agire».
Si alzò in piedi e rimise la valigia sulla panchina, poi l'aprì, rivelandone il contenuto: della terra grigia, polverosa. Ne prese una manciata e la gettò al vento. Zoe respirò profondamente: era la vita di Simon che si disperdeva. «Aiutami, Zoe. Non posso tornare indietro». - A volte, quando le cose non possono cambiare, dobbiamo essere noi a forzarle.
- «Ti prego, conserva il quadro per mio ricordo, Zoe».
Per tutta risposta, Zoe sfiorò con una carezza la cornice dorata, accettando il dono: una parte di lui, da conservare per sempre.
E finalmente si levò il sole.
Si separarono. Per un momento Simon sembrò sul punto di balzare in piedi e fuggire. Zoe accennò una carezza e lui arretrò come per impedirle di toccarlo, ma poi si voltò e la prese per mano.
Rimase inesorabilmente immobile.
Non osarono staccare lo sguardo l'uno dall'altra mentre il sole saliva nel cielo. Zoe tratteneva il respiro. Simon trasalì, poi, d'un tratto, sorrise. Il suo volto, per la prima volta dopo trecento anni, fu illuminato dalla luce del giorno e insieme da un'immensa gioia. Non bruciò.
Zoe avrebbe voluto ridere di felicità, ma non osò rompere l'incantesimo.
Fu allora che Simon iniziò a dissolversi. Zoe gli stringeva le mani, l'esaltazione iniziale mutata in sgomento. Le sue dita scivolarono attraverso quelle di lui, come fossero nebbia.
Ma l'espressione felice di Simon non svanì. «Sono libero» sussurrò. «Non dovevo far altro che liberarmi da me stesso, rinunciare volontariamente».
Ormai Zoe lo intravedeva appena. Non era più che uno sfavillìo, come l'aria che sale d'estate da una strada solitaria e assolata. Non poté più frenare le lacrime. Continuarono a scorrerle sulle guance anche quando di Simon non fu rimasto che il flebile ricordo di una voce.
«Ti amo, Zoe».
'Ora sta a me' pensò Zoe. Ma in qualche modo, non aveva più paura.
Bibliografia
[modifica]- Annette Curtis Klause, Il bacio d'argento, traduzione di Lorenza Venturi, Salani, 1992. ISBN 88-7782-256-2
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